Nelle Terre di Perrè, dove si miete il grano a mano e si piantano solo semi antichi
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Catanzaro - Ancora una volta il viaggio nella Calabria che cambia mi porta a macinare chilometri su strade circondate da alberi e montagne arse dalla stagione estiva. Sto salendo in direzione delle Serre calabresi e quando arrivo a Torre di Ruggiero, in provincia di Catanzaro, l’aria è decisamente più fresca. Sono qui per conoscere le Terre di Perrè – Custodi di saperi e sapori , un progetto di autoproduzione di cibo naturale radicato nel territorio e ispirato ai principi della permacultura.
Questa realtà inizia a prendere forma nel 2010 con l’idea di riscoprire un nuovo modo di vivere e produrre, lavorando la terra in modo completamente naturale, piantando solo semi antichi e ispirandosi ai principi della permacultura. «A partire dal 2010 il progetto si consolida attraverso esperienze e mutazioni – racconta l’ideatore Giuseppe De Luca – iniziando dalla coltivazione del grano e passando per la realizzazione dei giardini-orto, fino ad arrivare a diverse autoproduzioni (dal cibo alla biocostruzione), seguendo le necessità del singolo, della famiglia e della piccola-grande comunità vicina alle Terre di Perrè».
Quando dà vita al progetto, Giuseppe è appena tornato in Calabria dopo tredici anni vissuti a Bologna lavorando come geometra. Lo ha fatto «per avere una vita diversa da quella di città» e provare a fare qualcosa nella sua terra. Inizia quindi a inserirsi nel territorio con l’associazione “I sognatori” fino ad arrivare alla scelta di tornare alla terra nel suo senso più letterale.
Il suo, però, è anche un recupero delle radici familiari: suo nonno era un contadino e possedeva le terre su cui ci troviamo, mentre i genitori hanno sempre fatto autoproduzione, anche se con metodi moderni e non sempre naturali. Il ritorno di Giuseppe scompagina le carte in tavola, tanto che adesso anche la sua famiglia è tornata a fare autoproduzione come una volta e fa parte delle Terre di Perrè.
«Volevo autoprodurre il cibo partendo dal grano così ho iniziato a coltivare come una volta, senza sfruttamento della terra e recuperando semi antichi come quello del grano Segria». Nel frattempo Giuseppe crea dei piccoli orti naturali e sinergici nei suoi terrazzamenti che fanno parte del Fondo Perrè, il terreno di famiglia. Lo fa sempre ispirandosi ai principi della permacultura, che altro non sono che «un insieme di tecniche tradizionali e moderne che funzionano».
Negli anni intanto, Le Terre di Perrè cresce. Giuseppe entra dentro una rete di mutuo aiuto sul territorio collegata alla permacultura e nello stesso tempo comincia a ricreare rapporti all’interno della comunità in cui vive. Attorno alle Terre di Perrè, che è anche la sua casa in bioedilizia, ruotano tanti momenti di aggregazione: dai laboratori di panificazione ai laboratori di biodanza, dagli incontri sul parto naturale agli scambi fra gli abitanti su problematiche del paese, come i rifiuti.
Non si tratta di momenti di incontro unicamente fra persone affini, ma anche fra abitanti del territorio che partecipano condividendo i loro saperi, frutto di un’esperienza decennale. Giuseppe mi racconta infatti di “gare di panificazione” in cui si confrontavano giovani con bilancia e farina e signore che misuravano gli ingredienti coi loro pugni.
È all’interno di questo vortice creativo che nel 2014 le Terre di Perrè lancia per la prima volta la mietitura del grano a mano: ci si alza la mattina presto, si fa colazione tutti insieme e poi si va a raccogliere il grano a mano, prima di farlo trebbiare. L’evento nasce come momento condiviso fra gli appartenenti alla rete di permacultura, ma a partire dagli anni successivi “Grano Nostro” diventa un’occasione di incontro a cui partecipano anche abitanti della comunità di Torre di Ruggiero e di Chiaravalle, che spesso mettono a disposizione anche la strumentazione, ma anche un appuntamento che diverse realtà di buone pratiche calabresi aspettano ogni anno, da Reggio a Cosenza, per mietere insieme e tenere vivi i legami tra le persone. E questo dà forza alla contaminazione delle comunità circostanti di Torre Ruggiero, Chiaravalle e Cardinale.
Il grano raccolto e trebbiato, il “Segria”, viene poi fatto essiccare al sole, prima di essere macinato in un mulino a pietra. Questo è un momento fondamentale delle Terre di Perrè, che cresce ancora come un luogo aperto, di scambio e «condivisione di saperi e sapori», come ripete Giuseppe.
L’obiettivo è continuare a rendere questo posto sempre aperto, continua a spiegarmi Giuseppe, e riuscire a creare un’economia che renda sostenibile il progetto al di là delle autoproduzioni. Intanto si progetta di rifare l’evento “Grano Nostro” (fermo quest’anno a causa del covid), tornando a una pratica diversa per stare insieme e unirsi.
Il mio ultimo giro è proprio nel campo di grano, un appezzamento di terra di circa 3mila metri quadri dove le spighe del Segria mi svettano davanti. Chiudo gli occhi e apro i sensi, mentre ormai il sole sta calando. Poi vedo Giuseppe con un chicco di grano nel palmo della mano: è tempo di raccolta.
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