14 Lug 2021

Arriva il rigeneratore urbano: ecco l’identikit della figura che cambierà le nostre città

Scritto da: Paolo Cignini

Un dettagliato lavoro di ricerca denominato WHO RU, di cui Italia Che Cambia è stata media partner, ha delineato la figura del rigeneratore urbano, un profilo professionale destinato a disegnare il futuro delle città italiane. Vediamo quali sono le caratteristiche emerse in questa intervista a quattro studentesse appartenenti al gruppo di lavoro.

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A partire da novembre 2020, Italia che Cambia è stata uno dei media partner di un lavoro di ricerca di un gruppo di diciannove studentesse e uno studente, tutte e tutti sotto i trentacinque anni, del Master U-RISE in Rigenerazione Urbana e Innovazione Sociale dello IUAV di Venezia. La ricerca si chiama  “WHO RU – Rigeneratore Urbano Cercasi” e lo scopo è quello di coinvolgere i singoli operatori che si occupano o si sono occupati di rigenerazione urbana, per analizzarne “processi formativi, profili professionali, territori e ambiti di intervento”.

Una volta giunto a conclusione, il lavoro è stato protagonista del tredicesimo appuntamento del nostro format “A tu per tu”. Insieme a quattro studentesse del Master – Giulia Crotti, Gaia Biccheri, Giulia Garbarini e Giorgia Di Cintio – abbiamo parlato dei risultati portati alla luce dalla ricerca e dei punti più importanti che ne sono emersi.

Quali sono gli esiti della ricerca e qual è a oggi il rapporto tra rigenerazione urbana innovazione sociale e città nel contesto italiano?

La ricerca ha visto la partecipazione al questionario di circa 500 rispondenti. Una popolazione costituita prevalentemente da donne (61%) e di età compresa tra i 25 e i 34 anni di età (50%). Per il nostro campione non è possibile parlare di rigenerazione urbana non tenendo in considerazione il rapporto simbiotico tra spazio fisico e persone. Di fatto sono proprio la dimensione sociale e il perseguimento dell’interesse collettivo che guidano e danno forza alle pratiche attivate nei diversi contesti. I termini evocativi sono “attivare”, “favorire”, “riabitare”, tutti concetti che rimettono al centro la comunità e le relazioni che vengono instaurate con i luoghi a prescindere dalla loro localizzazione o dalla scala d’intervento. È possibile rintracciare processi di rigenerazione urbana nelle pratiche di “Riuso e recupero degli spazi”, nella gestione condivisa dei “Beni Comuni” o nella produzione di dispositivi di comprensione critica che utilizzano “Cultura e Arte” come veicolo accessibile di identità e innovazione. Un ventaglio variegato che coniuga settori e ambiti molto diversi, ma al tempo stesso interconnessi e compresenti. 

Gli impatti generati vanno ricercati nel livello locale, dove i processi si innescano e concretizzano. Il “Quartiere” viene inteso come l’unità minima in cui ancora esiste una dimensione simbolica dello spazio nella quale attività quotidiane si intrecciano con processi di mutuo riconoscimento o esclusione sociale. RU (Il Rigeneratore Urbano) perciò lavora e abita nello spazio della prossimità, in un sistema di relazioni contestuali e contemporaneamente multiscalari, capace di ridare senso a luoghi spersonalizzati in ottica collaborativa e sostenibile. La rigenerazione urbana via innovazione sociale offre oggi, alla nostra generazione e a quelle future, un’ottima opportunità per ripensare modelli abitativi capaci di intercettare bisogni in continua trasformazione a favore di uno sviluppo sostenibile delle nostre città.

Qual è la provenienza geografica del rigeneratore urbano in Italia? Quali sono i contesti di esperienza dai quali provengono le figure che avete incontrato?

In linea con la grande varietà di provenienze che caratterizza la classe URise 2020, i dati emersi dall’indagine hanno rivelato come il luogo di nascita e quello dell’attuale domicilio dei rispondenti siano eterogenei e diffusi su tutto il territorio italiano. Tuttavia, l’attuale maggior localizzazione di figure di rigeneratore urbano è nel Nord Italia. I trasferimenti all’interno dei confini nazionali si effettuano quasi sempre in senso ascensionale, un dato che si riscontra in molti settori professionali del nostro Paese. Due sono le tendenze principali: oltre il 50% dei rispondenti nati nel Nord Italia non hanno effettuato trasferimenti; al contrario, nell’altra metà del campione si rileva un tendenziale spostamento dal Sud o dal Centro verso il Nord, sia per ragioni di studio che per ragioni lavorative e professionali. Per quanto ci siano esempi in controtendenza, ossia esperienze di trasferimento da Nord a Sud che rimangono relegati a una nicchia e possono essere definiti sporadici o legati a particolari circostanze di vita. 

Rispetto ai contesti dove principalmente opera RU si nota come, ad ampia scala, le regioni del settentrione siano pervase da un alto tasso di attività di Rigenerazione Urbana, che spesso supera anche considerevolmente la percentuale di popolazione residente nelle medesime regioni. Lo stesso purtroppo non accade nel resto della Nazione, dove la tendenza è opposta se non per pochi casi isolati. 

Analizzando il rapporto tra il lavoro di rigeneratore urbano e la scala locale, abbiamo definito un campione di rispondenti in base all’ambito o agli ambiti territoriali in cui operano: città metropolitana, città medio-piccola, borgo e quartiere. Ne è risultato che nella dimensione locale il rigeneratore urbano è una figura professionale determinante. Risulta maggiormente attiv* in città di media dimensione e nei quartieri, contesti locali in cui emerge la necessità di innovare politiche e pratiche non più adeguate alle dinamiche in atto oggi, con il fine di migliorare la qualità della vita, mitigare le diseguaglianze e rendere lo spazio pubblico più sostenibile a livello ambientale e inclusivo in ambito sociale. In particolare, Architett* e Urbanist* sono profili professionali di riferimento nei borghi, mentre Project Manager compaiono in maggior misura in quartieri, città metropolitane e città medio-piccole.

La prospettiva territoriale della nostra ricerca ha permesso di sottolineare quanto sia centrale e quanto richieda di essere profondamente indagato il tema delle disuguaglianze territoriali. Infatti, come enuncia l’articolo tre della nostra Costituzione, il luogo di nascita e la classe sociale di appartenenza non devono rappresentare un ostacolo alla partecipazione da parte di tutti i cittadini allo sviluppo sociale e civile del nostro Paese. Pertanto, è necessario contestualizzare le persone e i bisogni nei luoghi, tenendo in considerazione le diversità territoriali.

rigeneratore urbano

Quali sono le competenze necessarie per diventare rigeneratore urbano? È davvero un profilo multidisciplinare e variegato? 

Dalle risposte date nel questionario, emerge un profilo di rigeneratore urbano ibrido, caratterizzato da competenze trasversali e interdisciplinari. Un dato che ci fa subito riflettere è il rapporto tra le abilità e gli strumenti adottati dal rigeneratore urbano e la sua formazione. Egli infatti, oltre a essere un soggetto altamente qualificato, proviene in gran parte dall’ambito scientifico. Nonostante ciò, l’analisi delle motivazioni che l’hanno avvicinato alla rigenerazione urbana rivela parole chiave come passione, impegno civico e socialità, non legate ad aspetti tecnici di miglioramento fisico.

Questa connotazione immateriale si riflette pienamente nelle competenze messe in campo. Il questionario prevedeva la possibilità di indicare sia hard skills, ossia abilità tecniche, specifiche della professione, che soft skills, al contrario non specifiche, generalmente intangibili e difficilmente misurabili. Le competenze associate a maggiori valori di abilità, piacevolezza nel loro esercizio e impatto positivo generato nei territori e per/con le comunità, sono ascrivibili principalmente alla famiglia delle soft skills. Tra esse compaiono “lavorare in maniera collaborativa” e “coinvolgere e abilitare le persone e le loro potenzialità”. Al contrario le competenze con valori più bassi, in particolare rispetto all’impatto, sono riconducibili alle hard skills.

Se da un lato questi dati non ci hanno sorpreso, data la stretta connessione che c’è tra la rigenerazione urbana e l’innovazione sociale – motivando il ricorso ad abilità legate alla relazione con gli altri –, dall’altro sono stati inaspettati i valori negativi associati a competenze come “progettare gli spazi fisici”, vista la formazione del rigeneratore urbano. Anche l’analisi degli strumenti rispecchia quanto detto fino ad ora. Risulta infatti una piccola preferenza su “interviste”, “facilitazione” ed “empatia”, a conferma che questa figura è un profilo eclettico, capace di ricorrere a competenze e strumenti soft, a favore del territorio e delle comunità con cui opera.

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Esiste una correlazione tra valore delle competenze e valore economico della professione del rigeneratore urbano? In quali organismi questa figura viene maggiormente ricercata e vi è un riconoscimento effettivo di questa professione?

L’intera ricerca mostra come il lavoro di rigeneratore urbano venga definito a partire dalla sua dimensione sociale e prenda le forme dal dono e dalla cura. Se l’attività lavorativa in questo campo viene paragonata quindi al dono dell’uno verso l’altro, è necessario che riceva come contropartita un contro-dono. Ponendo l’attenzione sull’analisi della relazione che intercorre tra l’impatto sociale positivo e la percezione del valore economico rispetto alle abilità prese in esame, si può osservare un panorama di professionisti il cui fine del loro lavoro non è ascrivibile alle logiche del profitto tout-court. 

Seppur la capacità di generare impatto positivo sui territori e per le comunità si caratterizzi come cifra distintiva del loro operato e generativa di valore, le abilità e competenze messe in campo risultano difficilmente ascrivibili a settori specifici. Alla luce del numero di profili professionali ricoperti (emersi dal questionario) e dalla committenza (enti locali e no profit), una prima ipotesi fa emergere come questo profilo professionale sia poco sostenibile in un’economia di mercato, che ha metriche differenti per definire il valore. Emerge, comunque, con chiarezza che le prestazioni di lavoro retribuito messe in campo dal rigeneratore urbano sono state svolte con maggiore frequenza , presso e per conto di associazioni/no profit, Università e enti locali.

Secondo voi può davvero parlare di Rigeneratore/trice Urbano/A come professione a sé stante? Esistono i presupposti oppure rimane una figura ancora scarsamente identificabile? 

Sì, esistono i presupposti per parlarne non solo in senso lato come figura professionale, ma anche come figura prevalentemente femminile e plurale, che fa coincidere motivazioni, vocazioni, lavoro e che fa empowerment di comunità. Se pensiamo ai risultati della nostra indagine e alla predominanza femminile del campione, possiamo anche arrivare a dichiarare che la rigenerazione urbana è donna e che questa pratica ha delle interconnessioni con i movimenti femminili, i dibattiti e le lotte che negli ultimi anni sono più vivi che mai. 

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La rigeneratrice urbana si occupa degli spazi di prossimità, progettando in modo condiviso processi e azioni che possano migliorare la qualità della vita, cercando di mitigare le disuguaglianze insite in uno stesso ambito locale. Una figura dal profilo ibrido, polimorfica, capace di operare in “spazi fuori dal comune” e di comunicare in modo trasversale attraverso una pluralità di linguaggi.

Volgendo lo sguardo  al futuro sembra emergere quindi il bisogno di un cambio di paradigma. Sembra necessario “ibridarsi” adottando competenze trasversali, collaborando con altri soggetti contaminando i differenti operati. La rigeneratrice urbana agisce sulla base di una passione, di impegno civico ed etico, ma bisogna stare attenti a non confondere il confine tra attività volontaria ed attività professionale. Il suo lavoro si può dunque definire multiscalare in quanto innesca un confronto attivo con gli enti pubblici, facendosi portavoce delle istanze della cittadinanza, in un’ottica di mutua innovazione e apprendimento in grado di generare un reale impatto sociale positivo, un cambiamento delle politiche e delle pratiche.

Crediamo quindi che l’esito della ricerca “WhoRU?”, quale report in uscita a breve, possa aggiungere valore alla costruzione di un pensiero ecologico, politico e femminile in grado di dare un nuovo orizzonte condiviso sul futuro delle nostre città. Orizzonte basato sulla sostenibilità ambientale di processi in grado di governare la complessità in chiave collettiva e di mitigazione delle disuguaglianze socio-territoriali.

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