Sea-ty e le reti fantasma: “Liberiamo i fondali dalle attrezzature da pesca abbandonate”
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Imperia - Secondo l’Unione Europea, ogni anno vengono disperse 11.000 tonnellate di attrezzature da pesca e rilasciate in mare 640.000 reti, che si trasformano nelle cosiddette “reti fantasma”, una delle più consistenti minacce all’ecosistema marino e una delle fonti principali di inquinamento da plastica. Una volta disperse sul fondale, queste reti continuano a “pescare” passivamente intrappolando, ferendo e uccidendo migliaia di pesci, tartarughe e cetacei.
In Liguria, grazie al progetto Sea-ty, si sta ridefinendo il legame tra il mare e la città, puntando l’attenzione sulla Secca di Santo Stefano al Mare, un’area completamente sommersa dall’utilizzo indiscriminato di queste reti.
In particolare, ne sono state recuperate due, lunghe circa 200 metri: una di queste, sul fondale da oltre un anno, era completamente concrezionata da organismi, mentre la seconda rete, sott’acqua da meno tempo, ha inciso pesantemente sulla prateria di posidonia, estirpando diversi rizomi e foglie.
Reti fantasma è l’operazione dedicata al recupero delle reti da pesca abbandonate sui fondali marini che ha permesso finora di rimuovere oltre 7 tonnellate di reti su scala nazionale. La sensibilizzazione su questo tema, poco conosciuto, è l’obiettivo principale dell’operazione, che rientra nel progetto PlasticFreeGC della Guardia Costiera.
LA SECCA DI SANTO STEFANO: NON SOLO RETI
Tra i vari settori di intervento di Sea-ty c’è anche la diffusione della conoscenza sull’area di Santo Stefano. «Purtroppo la Secca di Santo Stefano è poco conosciuta, non solo dai turisti ma anche dai cittadini e dalle stesse amministrazioni locali – spiega la biologa marina Monica Previati –, ma è uno dei siti più interessanti nell’intero scenario ligure, soprattutto per l’elevata biodiversità. Questo si traduce nella presenza di ambienti estremamente delicati, caratterizzati da un’altissima vulnerabilità e che richiedono interventi di tutela e una corretta gestione: l’impatto umano sulla Secca è molto rilevante. Ci sono danni a carico di tanti organismi marini, dovuti sia all’impatto di attrezzi da pesca (palamiti, lenze abbandonate e reti), sia da inquinamento, spesso proveniente dai fiumi».
Bottigliette, sacchetti in plastica, sostanze inquinanti, reti e ancoraggi non controllati possono soffocare e uccidere gorgonacei e spugne: «Si tratta di organismi a crescita lenta, che impiegano centinaia di anni per raggiungere le dimensioni che di media si osservano lungo le secche. Se la densità della popolazione di queste specie scende al di sotto di una certa soglia, si riduce drasticamente la possibilità di riportare la popolazione allo stadio iniziale. I danni antropici stanno portando a mutamenti importanti nella struttura della vita sui fondali, con conseguenze importanti sull’intero sistema ecologico».
LA SENSIBILIZZAZIONE
Lo staff scientifico del progetto – oltre a realizzare foto, video e materiale divulgativo sulla Secca destinato a vari pubblici, dai diving center della zona fino alle scuole – porta avanti anche una serie di operazioni legate alla raccolta di dati sulla biodiversità dell’area sottomarina e sull’impatto antropico che subisce.
«La raccolta delle reti è un importante momento di sensibilizzazione condiviso con gli operatori del settore e con il grande pubblico», sottolinea Franco Borgogno, di European Research Institute. I fotografi subacquei che hanno partecipato al recupero hanno scattato immagini che contribuiranno alla narrazione del pericolo sommerso e poco conosciuto delle reti, che mettono in pericolo un luogo ricco di biodiversità come la Secca di Santo Stefano.
Il recupero delle reti si inserisce inoltre nel programma “Reti nella rete” di Reef Check Italia Onlus, associazione scientifica che si occupa della protezione e del recupero delle scogliere del Mediterraneo e delle aree coralline: un protocollo di segnalazione e studio di reti abbandonate che permette di dettagliare le zone maggiormente soggette all’impatto delle reti fantasma.
LE AZIONI PER L’ESTATE
Sea-ty è da pochissimo entrato nel team della app AWorld delle Nazioni Unite. Per tutta l’estate, fino al 30 settembre, si potrà costruire una comunità locale che si attiverà per recuperare una nuova rete fantasma. AWorld, l’App ufficiale delle Nazioni Unite a supporto della campagna contro il cambiamento climatico ActNow, ha lanciato una sfida concreta per il progetto Sea-ty.
Oltre ai contenuti educativi, relativi all’impatto del cambiamento climatico sul mare e alla sua importanza in termini di biodiversità, AWorld, European Research Institute e Fondazione Compagnia di San Paolo chiedono alle rispettive community di impegnarsi a risparmiare 50 tonnellate di Co2 nei prossimi due mesi. Solo a obiettivo raggiunto, verrà recuperata un’altra rete fantasma!
In collaborazione con l’amministrazione comunale, in questi mesi Sea-ty supporterà anche l’installazione di una serie di pannelli informativi dedicati al ciclo della Posidonia, pianta presente in abbondanza nei pressi della Secca di Santo e alla quale sono dedicate azioni divulgative specifiche.
Per diventare un membro del team Sea-ty e partecipare alla challenge, bisogna iscriversi: https://aworld.org/join/team/seaty
Progetto a cura di European Research Institute, realizzato con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, nell’ambito della Missione Proteggere l’ambiente dell’Obiettivo Pianeta, in collaborazione con il Comune di Santo Stefano al Mare, l’associazione Reef Check Italia e l’associazione Informare.
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