Quartiere Stazione a Padova: ecco come ripensarlo dal basso per restituirlo ai cittadini
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Padova, Veneto - Non si può parlare di rigenerazione urbana fornendo delle soluzioni semplicistiche, così come è pressoché impossibile fornire una soluzione unica che valga per tanti contesti diversi. L’esempio che vi raccontiamo oggi è quello del quartiere Stazione di Padova: proprio qui, a due passi dal centro, quello più affollato e turistico che tutti conosciamo, sorge Piazza Gasparotto. Possiamo considerarla uno spazio ibrido a metà tra un passato di promesse mai realizzate e un futuro ancora da disegnare. Quello che possiamo dirvi con certezza, però, è che rappresenta il cuore pulsante di molte realtà padovane che non si sono arrese e vogliono ripensare questo luogo come accogliente e inclusivo per tutti.
In questi mesi vi abbiamo raccontato su Italia che Cambia i bellissimi progetti che animano Piazza Gasparotto e sabato 3 luglio abbiamo avuto l’occasione di conoscerli dal vivo durante la conclusione di FS – Una rete per il cambiamento (finanziato dal bando “La città delle idee” del Comune di Padova e che ha visto come capofila l’associazione Tech Station in partnership con Italia che Cambia). Si tratta di un entusiasmante percorso che ci ha portato alla scoperta delle organizzazioni, delle persone e delle comunità che abitano, vivono, attraversano e progettano nel quartiere Stazione di Padova e che hanno lavorato fianco a fianco per ripensare nuove soluzioni e riattivarne il tessuto sociale ed economico.
Durante il pomeriggio, in occasione dello Yucca Fest, la piazza era più viva che mai: in questo luogo urbano dipinto molto spesso come “degradato” e “pericoloso”, le persone si sono ritrovate per confrontarsi e tornare a progettare insieme dopo tutti questi mesi di forzato distanziamento. Tutto intorno a noi musica, colori, gli orti urbani curati dalle associazioni locali a fare da sfondo, gli edifici disabitati e i negozi sfitti che incorniciano la piazza visti non più come vuoti urbani, ma come possibili luoghi di trasformazione: per molti questo è un quartiere dalle tante contraddizioni, ma noi preferiamo vederlo come zona dalle infinite possibilità.
Così piazza Gasparotto ha ospitato quattordici partecipanti, tra operatori sociali, attivisti e volontari impegnati quotidianamente nel complesso contesto urbano dell’area Stazione. Il progetto di Ricerca-Azione che vi abbiamo raccontato in questi mesi ha avuto l’intento di supportare il potenziamento e il consolidamento di una rete già esistente sul territorio, fornendo ai diversi partecipanti alcuni strumenti, come la narrazione-intervista che si è tradotta negli articoli usciti settimanalmente su Italia che Cambia, importante per poter raccontarsi come realtà attive ma anche per poter parlare di un luogo complesso, che necessita inevitabilmente di una narrazione complessa, attraverso gli occhi di chi lo vive direttamente.
La piazza si è trasformata per un intero pomeriggio in una fucina di idee dove immaginare, progettare e creare un quartiere su misura di tutti. I partecipanti, attraverso un lavoro facilitato, hanno condiviso le loro proposte per vedere questo luogo riaccendersi: un luogo dove nuove attività culturali, concerti e mercatini vengono organizzati dagli abitanti, dove i negozi abbandonati da tempo si ripopolano, dove i senzatetto finalmente non hanno più bisogno di cercare riparo perché vivono in condizioni migliori e dove i cittadini che da sempre hanno guardato con sospetto questo quartiere multietnico sono i benvenuti.
Certo, la giornata conclusiva di un progetto porta sempre con sé una serie di sensazioni contrastanti: l’ansia da restituzione e la preoccupazione che le persone coinvolte si trovino a proprio agio e che si sentano libere di esprimere opinioni, punti di vista e modi di essere senza sentirsi giudicate o valutate nelle reciproche diversità. Allo stesso tempo, un senso di sollievo e malinconia fanno da sottofondo, perché sì, le diverse fasi di lavoro sono giunte al termine, ma sarebbe stato bello poter proseguire, scendere in profondità, scandagliare le possibilità che durante il percorso si sono aperte. Questo accade quando si ha la fortuna di partecipare alla realizzazione di un progetto nel quale si crede condividendo dubbi, energie e idee con compagni di viaggio animati dalla stessa intenzione.
Attraverso le loro voci e grazie al preziosissimo lavoro di questi mesi di Maria, Veronica e Nicola, che hanno reso possibile tutto ciò, abbiamo conosciuto una narrazione del quartiere Stazione nuova e diversa da quella dominante, che oscilla tra le definizioni di non-luogo e contesto degradato. Grazie alle testimonianze dirette di chi prova a prendersi invece cura di questa porzione di città dal basso, partendo da cose semplici come un orto urbano o l’assistenza alle persone che si trovano in stato di marginalità, è apparso evidente come sarebbe più onesto parlare di forti diseguaglianze sociali invece che di degrado e di come la situazione attuale sia il risultato di una stratificata combinazione di cambiamenti socioeconomici che hanno contribuito negli anni allo sfilacciamento di un tessuto sociale che oggi fatica sia a riconoscere se stesso sia a riconoscere l’altro che ha di fronte.
Questo progetto è stato sicuramente un’occasione per cercare di attuare questo riconoscimento reciproco, necessario per mettere a punto una visione comune e condividere pratiche per un cambiamento concreto. Per farlo è stato utilizzato lo strumento della facilitazione, fondamentale per riuscire nell’ambiziosa sfida della co-progettazione.
Quello che ha mosso i coordinatori di “Stazione FS – Una rete per il cambiamento” è stata per prima cosa la consapevolezza dei limiti del progetto stesso, sia da un punto di vista temporale (le diverse fasi sono partite a fine gennaio 2021 e si sono concluse agli inizi di giugno 2021), sia da un punto di vista delle risorse a disposizione. Per questo, quello che si è cercato di fare è stato lavorare concentrandosi sulle relazioni, fare rete partendo proprio da quello che da fine progetto in poi si sarebbe potuto realizzare, seminare per poter veder germogliare relazioni, idee, progettualità nuove e condivise traducibili in azioni pratiche trasversali. Creare ponti con altri quartieri, scambiare esperienze con realtà che magari si conoscevano solo per sentito dire o con le quali si aveva lavorato coordinandosi senza mai incontrarsi.
L’incontro è infatti l’altro grande tema toccato dal progetto: incontro tra realtà simili ma anche – a un livello più basico e necessario – incontro tra le persone, tutte quelle soggettività che nel quartiere Stazione vivono, lavorano o come in alcuni casi accade, lo “scelgono” per affezione anche, anzi, soprattutto per le sue complessità. Incontro come possibilità di cambiamento quindi, ma anche di costruzione collettiva, per disegnare un quartiere diverso basato sull’inclusione e sulla commistione di culture e percorsi differenti. Non c’è dubbio: la sfida è ambiziosa e tutta in salita, ma a volte è possibile permettersi il lusso di provare a immaginare una città del possibile che dipende principalmente da noi.
Ringraziamo tutte le realtà che hanno partecipato al progetto, delle quali potete leggere gli articoli nell’elenco qui riportato: Tech Station, Associazione Mimosa, Circolo Nadir, Arte Migrante Padova, Avvocato di Strada ODV, CO+, Co.Ge.S. don Lorenzo Milani, MiLEGGI. Diritti ad alta voce, GasparOrto, Officina Informatica, Progetto Giovani Padova.
Come nelle belle favole ci auguriamo di raccontarvi presto di una piazza Gasparotto, un tempo abbandonata e su cui pochi avrebbero scommesso, ora trasformata in una piazza vivace piena di colori e di persone che si prendono cura, insieme, di un bene comune. Buon lavoro a tutti e tutte!
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