Orto Condiviso Vesuviano, dove si crea comunità e si recuperano antiche colture
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Campania - Grazie alle sorelle cercolesi Anna Maria e Bianca Maria Borrelli, che hanno offerto alla comunità locale un’area di terreno di 2000 metri quadrati, è stato possibile far nascere proprio sotto il Vesuvio quello che conosciamo come il primo Orto Condiviso Vesuviano targato Slow Food per salvaguardare e assieme rilanciare la biodiversità mancata negli ultimi anni.
Il progetto nasce nel corso del mandato di Mariarosaria Donnarumma, assessora all’ambiente, alle attività produttive e alle pari opportunità: da circa sette anni, grazie al suo impegno e alla partecipazione di una una decina di sostenitori di questa iniziativa, è stato possibile trasformare questa distesa di terra da campo incolto a orto, inteso come spazio non solo agricolo ma anche di cultura.
Si tratta di un ambiente di apprendimento condiviso che avvicina le persone al suolo, dando loro – attraverso le eccellenze della nostra terra – la possibilità di aggregazione sociale per giovani, anziani, ragazzi diversamente abili e scolari, soprattutto degli istituti alberghieri. Gli alunni che hanno visitato l’orto hanno potuto toccare con mano la vita delle piante e hanno avuto l’occasione di seguire le fasi di semina, crescita e raccolta dei prodotti coltivati.
Come ci ha spiegato la dottoressa Donnarumma in occasione dell’intervista che le abbiamo rivolto per farci raccontare il progetto, «quest’orto ospita anche verdure a rischio d’estinzione come ad esempio il “pisello cento giorni”. È possibile quindi scoprire varietà ormai perse o mai viste nei mercati a causa di produzioni che spesso non favoriscono la storia e la tradizione dei territori».
La Comunità Slow Food dell’Orto Condiviso Vesuviano: biodiversità e tradizione in futuro spera di ampliarsi e migliorarsi. «C’è già in cantiere l’allestimento di un terreno di 5000 metri quadri di proprietà dell’Ente Parco Nazionale del Vesuvio che è stato trasformato da terreno incolto in un ulteriore progetto dal nome “Giardino Vesuviano”», spiega Donnarumma.
Si tratta di un laboratorio di benessere ambientale, sociale e culturale, un grande contenitore di biodiversità vesuviana in cui è stata coltivata anche una varietà di fava a rischio di estinzione – la “fava lunga di Somma Vesuviana” – e sono stati piantati già 35 alberi da frutta che comprendono varietà antiche e anch’esse a rischio di estinzione.
Nell’ambito della comunità Slow Food si opera anche per riportare in vita tradizioni perdute. In particolare nel corso di quest’anno si è lavorato per il recupero dei forni antichi di Caravita e di Cercola, che sono utilizzati per la produzione del pane fatto in casa con lievito naturale. Queste strutture sono state candidate come luoghi del cuore per il FAI e attualmente è in corso un censimento di tutti i forni antichi presenti sul territorio vesuviano allo scopo di rendere questi posti delle attrattive turistiche, così come lo sono il Gran Cono, i pomodorini del “piennolo” e il vino Lacryma Christi del Vesuvio.
Se anche a voi fosse venuta voglia di “sporcarvi le mani”, sappiate che nell’Orto Condiviso Vesuviano c’è sempre bisogno di una mano: potreste provare anche voi a collaborare, sareste sempre accolti a braccia aperte!
Questo contributo è stato realizzato dagli studenti e dalla studentesse delle scuole secondarie di secondo a conclusione dell’attività “Un giornalista in classe”, percorso di giornalismo ambientale condotto dalle giornaliste e giornalisti di Italia che Cambia all’interno del progetto SOStenibilmente. #SOStenibilmente è un progetto nazionale di educazione ambientale promosso da CIFA ONLUS e co-finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, volto a costruire una cultura basata sul rispetto dell’ambiente e sui principi dello sviluppo sostenibile, promuovendo il protagonismo giovanile e l’integrazione da parte di cittadini e rappresentanti delle istituzioni di una prospettiva rispettosa dell’ambiente nelle proprie scelte quotidiane.
Articolo scritto da Vincenzo Incarnato, Rostom Cherif, Simone Iacovelli e Walter Contacolli dell’ITT Marie Curie di Napoli.
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