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Emilia-Romagna - I clochard potranno avere un proprio medico di base. Disco verde della Commissione Sanità al progetto di legge del consigliere Antonio Mumolo: una “piccola rivoluzione”, visto che le persone senza fissa dimora non hanno un medico di famiglia di riferimento, non possono curarsi e, anche in caso di malattie infettive come il Covid, possono usufruire solo dei servizi del Pronto Soccorso.
Questo comporta non solo l’impossibilità per le persone di curarsi tempestivamente e di fare prevenzione, ma anche un costo molto alto per la sanità regionale. La proposta di Mumolo invece, prevede che gli homeless, a seguito di segnalazione dei servizi sociali, possano iscriversi alle liste Ausl e avere un medico di base di propria fiducia, prenotare esami e visite specialistiche.
«Questa è la prima legge regionale in questo senso», spiega Mumolo. «Se qualcosa il Coronavirus ci ha insegnato è l’importanza della salute intesa come diritto collettivo e non solo individuale perché se non si curano tutte le persone ne soffriamo tutti e non solo chi non riesce a ottenere le cure. L’obiettivo di questa legge è quella di ampliare la platea di coloro che possono esercitare il diritto alla salute e anche quella di razionalizzare l’uso delle risorse pubbliche visto che i costi per il sistema sanitario sono esponenzialmente molto più alti se gli homeless devono rivolgersi al Pronto Soccorso piuttosto che a un medico di base».
Per il consigliere regionale, «la pandemia in corso ci ha poi insegnato che il diritto alla salute è un diritto collettivo oltre che individuale; dare un medico anche alle persone senza dimora garantirà la loro salute e quella di tutti noi». Per quanto riguarda i risparmi rispetto alla situazione attuale i numeri parlano chiaro: oggi ogni singolo accesso al Pronto Soccorso comporta per ogni singolo utente una spesa per l’erario da 150 a 400 euro, mentre il medico di base “costa” meno di 100 euro all’anno a persona.
Antonio Mumolo, autore della proposta, è anche presidente della onlus Avvocato di Strada, iniziativa nata a Bologna nel 2001 – diventata ufficialmente un’organizzazione di volontariato nel febbraio del 2007 – con l’obiettivo di garantire una tutela legale gratuita e qualificata alle persone senza dimora e alle vittime di tratta. In piena pandemia lo avevamo intervistato per chiedergli di raccontarci il progetto della onlus “Io vorrei restare a casa” e, in generale, di aggiornarci sulla situazione delle persone senza fissa dimora in periodo di lockdown.
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