Giufà come Godot: gli attori scendono dal palco e diventano attivisti
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Trapani - Giufà rivive per farci vedere le contraddizioni e le assurdità della nostra società. È accaduto sul palco delle Orestiadi di Gibellina (TP) dove Alfio Scuderi, direttore artistico del festival teatrale che quest’anno compie quarant’anni, ha voluto rendere omaggio a questa figura fortemente legata a Gibellina.
«Giufà lega la cultura popolare siciliana con quella di tutto il Mediterraneo, in particolare con la cultura araba», spiega Alfio Scuderi. «Nel 1991 fu messa in scena una bellissima edizione dello spettacolo “Giufà, il saggio, lo sciocco e il furbo”, con la regia di Enrico Stassi e la partecipazione di Mimmo Cuticchio e Melino Imparato».
«Quest’anno, nel racconto dei quarant’anni delle Orestiadi, ci è piaciuto far rivivere questo personaggio e metterne anche altri due a confronto: Claudia Puglisi, una regista contemporanea siciliana che ha riscritto “Aspettando Godot” trasformandolo in “Aspettando Giufà”, e Ascanio Celestini, che con una narrazione di storie ripercorre invece la tradizione orale siciliana con cui le storie di Giufà sono state tramandate e arrivano fino a noi. Celestini ripercorre la raccolta di racconti rieditati da Sellerio di Francesca Maria Corrao dal titolo sempre quello: “Giufà, il saggio, lo sciocco e il furbo”».
Lo spettacolo di Claudia Puglisi nasce da uno studio su Giufà condotto dalla regista teatrale e basato su alcune riflessioni fatte sulla realtà post-pandemica (o pandemica) che ci ritroviamo a vivere oggi, sul ruolo dell’arte e degli attori. Claudia Puglisi fa parte di un collettivo di attori e musicisti nato durante il primo lockdown, quando a Palermo un gruppo di volontari di Sos Ballarò ha indetto una raccolta fondi e poi ha distribuito la spesa a centinaia di famiglie in difficoltà. Il collettivo artistico prese il nome di “Arte è martello” e durante la pandemia portò arte a domicilio insieme alla spesa.
«Giufà appare nelle varie epoche storiche quando c’è qualche dominazione che soggioga il popolo – racconta la regista –, è l’eroe, ma anche l’antieroe, che combatte il potere e lo fa sul piano linguistico. Il linguaggio è pensiero: tanto più è variegato è il primo, quanto più profondo è il pensiero di un popolo. Giufà libera il pensiero e lo fa, ad esempio, prendendo alla lettera il linguaggio. Così facendo si avvicina tantissimo al teatro dell’assurdo. “Aspettando Godot” invece rappresenta il teatro dell’assurdo per eccellenza e nasce nei primi del ‘900 in un periodo di crescita economica in cui l’esistenzialismo era la filosofia dell’epoca».
Il Giufà di Claudia Puglisi in “Aspettando Giufà” arriva subito dopo un periodo terribile per l’umanità intera e per il mondo del teatro ancor di più. La pandemia ci ha costretti all’isolamento, i teatri sono chiusi da molto più di un anno. «Ci continuano a ripetere di resistere, ma non è più tempo di resistere: è tempo di agire. Il Giufà che metto in scena esorta il pubblico a combattere e a uscire fuori dagli schemi convenzionali. Rompe la realtà e la quarta parete e chiede al pubblico di interagire con gli attori. Infatti ho immaginato due finali diversi, uno in cui il pubblico, chiamato a fare, interagisce, e uno in cui il pubblico non si alza dalla sedia».
«Io penso che noi artisti dovremmo prendere posizione, non siamo più solo attori dovremmo essere attivisti, avere un ruolo sociale», continua Claudia Puglisi. «Dovremmo interpretare la realtà e dare chiavi di lettura al pubblico su questo periodo storico e invece vedo intorno troppo silenzio… non abbiamo più nulla da dire? Io non credo. Credo invece che, come Giufà esce fuori dalla storia nei momenti più difficili per il popolo, anche noi attori e registi teatrali e musicisti dovremmo fare sentire adesso più forte la nostra voce, far riflettere».
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