Family Sharing, le famiglie in condizioni di fragilità si aiutano a vicenda
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Torino - Pensate a famiglie che si trovano in condizioni di fragilità e che sono state segnalate ai servizi sociali: famiglie che si trovano a dover assistere anziani o disabili gravi, con figli minori inseriti in circuiti di sostegno alla genitorialità, oppure che si trovano in emergenza abitativa. Pensate a donne vittime di violenza, sole o con figli. Proprio dai loro bisogni nasce Family Sharing, il primo progetto di mutuo-affido tra famiglie che si trovano in condizioni di fragilità e che stanno attraversando un periodo di difficoltà ma che possono darsi una mano reciprocamente a superarle.
Siamo a Torino, dove la cooperativa sociale Il Margine ha dato vita al progetto “Family Sharing” per coinvolgere in via sperimentale i distretti sud-est e nord-est, con particolar riferimento alle zone periferiche della città. Ma l’aspetto innovativo è che il progetto può essere scalabile e replicabile in qualsiasi contesto, portando benefici, nel tempo, non solo alle singole famiglie, bensì all’intera comunità.
Family Sharing, realizzato nell’ambito di “Torino Social Factory” e cofinanziato dall’Unione Europea per il Programma Operativo Nazionale “Città Metropolitane 2014-2020”, nasce all’interno delle buone pratiche avviate nel 2003 con il progetto “Dare una famiglia a un’altra famiglia”: la sfida è ora quella di costruire un affidamento “tra famiglie” e non più “da famiglia a famiglia”, stimolando la capacità dei nuclei di arrivare a soddisfare i propri bisogni a partire da una riattivazione delle proprie risorse personali.
Ma come funziona esattamente? Il progetto prevede in una fase iniziale la selezione da parte dei servizi sociali e il successivo abbinamento delle famiglie interessate, che vengono scelte e accoppiate tra loro, dopo un’attenta valutazione delle risorse e dei bisogni reciproci che verrà condotta delle psicologhe della cooperativa Il Margine. Segue poi un percorso di affiancamento e di tutoraggio da parte di un operatore dedicato, ovvero di un “family coach” che avrà la funzione di facilitatore del matching tra le diverse famiglie incluse nel programma.
Nel corso della sperimentazione, l’intervento del family coach andrà gradualmente a ridursi, fino a essere completamente assorbito grazie a un virtuoso processo rigenerativo attivato dall’interazione tra le due famiglie (che verranno comunque seguite per un periodo di follow-up). In questo modo, le famiglie coinvolte saranno sia “affidatarie” sia “affidate” l’una all’altra, per prendersi cura vicendevolmente. L’idea è infatti quella di agire in un’ottica di sostegno reciproco e condivisione delle risorse, attivando percorsi che si allontanano dalla tradizionale assistenza professionale, a favore di forme di aiuto informale tra pari.
Un tema forte di Family Sharing è proprio quello della reciprocità: il progetto vuole dimostrare che, nonostante si trovino in situazioni di difficoltà, due famiglie possono aiutarsi reciprocamente e in maniera concreta e condividere le proprie risorse con un altro nucleo. Così si crea un passaggio diretto “dall’avere bisogno di aiuto” all’”essere di aiuto”, stimolando percorsi virtuosi in cui vincono tutti.
Questo è solo uno dei tanti progetti virtuosi che la cooperativa Il Margine ha avviato sul territorio in questi anni, a partire dal superamento della psichiatria manicomiale attraverso progetti di autonomia abitativa nei confronti degli ex pazienti del Manicomio di Collegno o delle successive iniziative rivolte alla gestione dei servizi per le persone con disabilità o disagio psichico, come nel caso della prima infanzia, delle persone anziane, dei centri di incontro e aggregazione, dei servizi per il lavoro e della formazione, dei progetti di agricoltura sociale.
“Family Sharing” nasce con l’intento di promuovere la logica della co-progettazione sociale attraverso lo strumento della “sussidiarietà orizzontale”: il servizio non viene quindi “erogato”, ma co-progettato insieme alle famiglie beneficiarie che in questo modo potranno uscire dalla situazione di fragilità e dalla condizione in cui “ricevono passivamente” l’aiuto da altri. Inoltre permette alle stesse famiglie di attivare quel protagonismo capace di innescare un processo virtuoso di cambiamento. In questo modo i nuclei familiari potranno ricevere un aiuto concreto rispetto alle loro difficoltà e, allo stesso tempo, potranno vivere l’esperienza di “farsi risorsa” per un’altra famiglia.
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