9 Lug 2021

E se il modo in cui comunichiamo ci aiutasse a essere più felici?

Scritto da: Lorena Di Maria

Ci sono tanti tipi di comunicazione e sceglierne uno piuttosto che un altro può realmente cambiare il modo in cui ci relazioniamo con le persone intorno a noi. Ne abbiamo parlato con Marie Noelle Urech, fondatrice del Metodo CCMS - Connessioni Corpo Mente Spirito, che ci ha raccontato in che modo la giusta comunicazione può farci sentire più sicuri e felici nella nostra quotidianità.

Salva nei preferiti

“Avrah Ka Dabra”, tu crei quello che dici. Il modo in cui comunichiamo racconta molto della persona che siamo, ma soprattutto racconta il modo in cui viviamo. Questo antico detto aramaico, che a molti di noi nella nostra vita è capitato di sentire, ci insegna un concetto tanto semplice quanto potente: le parole che escono dalla nostra bocca possono creare, trasformare e modificare la realtà. Lo sapeva bene lo scienziato giapponese Masaru Emoto, i cui studi sulla memoria dell’acqua mi affascinano ogni volta e che ha saputo dimostrare come i cristalli ottenuti dall’acqua condensata assumano una forma armonicamente simmetrica o, al contrario, disordinata, come conseguenza delle vibrazioni delle parole a cui vengono esposti, dando vita a splendide e variegate forme.

Comunicazione CCMS2
Foto di Bewakoof.com Official tratta da Unsplash

Ma cosa significa comunicare e che potere hanno le nostre parole su di noi e sulle relazioni con gli altri? Ne abbiamo parlato con Marie Noelle Urech, dottoressa, counselor e docente della formazione, nonché fondatrice del metodo CCMS – “Connessioni Corpo Mente Spirito. «Comunicare significa condividere, essere in comunione, mettere in comune. È alla base di ogni relazione. Essere in relazione significa arricchirsi, trasformarsi, crescere, guarire. Ciò che capita è che spesso la nostra maniera abituale di comunicare è incentrata sulla critica e il giudizio (yang) oppure può essere passiva e ambigua (yin), creando ombre, incomprensioni, distorsioni della realtà».  

Imparare a comunicare nel modo corretto può aiutare le persone a guarire le loro relazioni, a stare bene: “buttare fuori” infatti ci dona un senso di libertà, mentre “trattenere” sortisce l’effetto opposto. Ma quali sono i metodi di comunicazione che possono realmente aiutarci a rendere la nostra vita più felice, facendoci sentire meno insicuri e inducendoci ad abbandonare i sensi di colpa e gli auto-giudizi?

Impariamo a relazionarci con gli altri con la comunicazione empatica

Pensiamo a quante volte, in una discussione, non lasciamo all’altra persona neanche il tempo di esprimersi che già stiamo pensando come controbattere! Questa di certo non è comunicazione empatica, è piuttosto uno scendere sul campo di guerra con la convinzione di doverci difendere dai “nemici” che abbiamo davanti. Così un confronto potenzialmente costruttivo finisce per trasformarsi in un “io contro voi”, dove “io” sono la persona incompresa e “voi” quelli che sbagliate.

La comunicazione empatica ha lo scopo di mantenere un collegamento con la persona, di condividere i suoi vissuti e sentimenti, di esprimere i propri bisogni, ma di cogliere anche i bisogni dell’altro per trovare insieme una soluzione a un problema o a un conflitto. L’ascolto empatico si basa dunque sull’ascolto interiore dei propri sentimenti e bisogni, oltre che sulla presenza e la consapevolezza di sé. E se sembra troppo difficile, facciamo un tentativo per vedere quanto stiamo bene dopo!

Comunicazione CCMS1
Foto di Daria Shetsova tratta da Unsplash

Comunicazione assertiva: sentirci sicuri senza imporre la nostra volontà agli altri

In altri momenti si rende necessario comunicare in maniera più decisa e ferma, ma pur sempre empatica, per richiamare l’altra persona al rispetto di alcune promesse, patti, diritti, ma anche per imparare a dire di no, per proporre di cambiare alcuni comportamenti. Come ci spiega Marie Noelle Urech, la modalità assertiva non è aggressività né dimostrazione di forza: «Possiamo dire che la persona assertiva si esprime in modo autentico ed efficace, sa ascoltare e chiedere chiarimenti. Si assume la responsabilità di quanto dice o fa. È in grado di comunicare i propri pensieri, sentimenti, opinioni, desideri e diritti in modo onesto e diretto e sa ascoltare. La comunicazione assertiva è cooperativa e costruttiva, esprime il potere interiore della persona, non usa tanti giri di parole, è efficace, diretta, chiara, precisa, concisa.  Procura la sensazione di essere stati chiari, onesti di avere il controllo delle proprie decisioni».

Le parole di Marie Noelle Urech mi fanno riflettere su quanto spesso, nella nostra vita, con i nostri familiari, i nostri amici, i nostri colleghi, finiamo col comunicare in modo poco assertivo perché abbiamo paura di sbagliare, perché crediamo poco in noi stessi o talvolta perché ci sentiamo in colpa e non osiamo fare una richiesta: quante volte, ad esempio, ci troviamo con persone sconosciute o sul lavoro e finiamo per pensare “non parlo perché potrei dire cose stupide”.

«Entrambe queste forme di comunicazione, ovvero la comunicazione empatica (ying) e la comunicazione assertiva (yang) sono importanti e si basano su un rapporto alla pari e armonioso con il nostro interlocutore». Nel corso proposto da Marie per diventare facilitatori del Metodo CCSM – Connessioni Corpo Mente Spirito (che partirà il weekend del 18-19 settembre a Roma e le cui iscrizioni sono aperte), i partecipanti acquisiranno le competenze per apprendere i metodi di comunicazione che possono aiutarci a migliorare la nostra vita e quella degli altri.

Comunicazione CCMS5
Foto di Javier Allegue Barros

Comunicare con noi stessi: vietato dire “avrei dovuto”!

Nella formazione CCMS si parla poi di “ristrutturazione verbale con parole di potere” per indicare un altro pilastro fondamentale delle tecniche di comunicazione. Come ci spiega Marie Noelle Urech, «ci sono verbi, aggettivi e sostantivi potenzianti che possono ribaltare completamente la prospettiva di una persona e ricondurla verso ciò che desidera profondamente. Le parole veicolano energia e sentimenti, immagini. Possono creare o distruggere un universo». Se ci pensiamo bene, non a caso fu proprio il verbo, ovvero il “logos, il verbum” a costruire tutto ciò che esiste. 

La parola che dici è il tuo maestro, la parola che trattieni il tuo schiavo”, recita un detto cinese. L’energia infatti segue sempre la direzione dell’oggetto della nostra attenzione e quando essa è focalizzata continuamente su ciò che non vogliamo e che ci è contrario, il mal-essere, la rabbia, la frustrazione ne sono la conseguenza. Pensiamo a quante volte, ripercorrendo un fatto presente o passato, finiamo per utilizzare parole come “devo” o “avrei dovuto”. Alcuni esempi? “Devo dire di sì per compiacere gli altri”, “devo mettere davanti le esigenze altrui perché le aspettative su di me sono alte” oppure “avrei dovuto dire una cosa diversa”, “avrei dovuto far valere le mie ragioni”. Spesso nella nostra vita finiamo dunque con l’utilizzare locuzioni negative e tendiamo a esprimere ciò che non vogliamo piuttosto che ciò che desideriamo. Eppure finché rimarremo bloccati in questo tunnel senza via di uscita non potremo mai costruire per noi stessi una realtà più felice.

Comunicazione CCMS3
Foto di Kate Kalvach tratta da Unsplash

La comunicazione non verbale

Tra tutti i tipi di comunicazione quella che mi ha sempre incuriosita di più è quella non verbale, un vero e proprio specchio di ciò che viviamo e sentiamo. La comunicazione non verbale è ciò che esprimiamo attraverso il nostro corpo e che traduce i movimenti interni dell’inconscio. Come ci racconta Marie Noelle Urech, «avete mai visto una persona che vi dice di sì con la parola, mentre il suo corpo sta urlando silenziosamente un “no”? Alcune volte può essere molto divertente osservare i gruppi di persone che si parlano a eventi mondani. Conversano amabilmente, scambiano convenevoli, ma il loro corpo tradisce la noia, la voglia di scappare, l’irritazione, l’impazienza, la critica oppure l’interesse, la seduzione, il richiamo sessuale. Se la mente e le parole possono essere ingannevoli, il corpo comunica sempre la verità in quanto è direttamente collegato all’inconscio».

Così la nostra mente inconscia è molto brava a captare i segnali del corpo dietro alle parole. Per questo motivo la facilitazione CCMS ci insegna come imparare a leggere questi segnali “non-verbali” che si nascondono nei gesti, nella distanza corporea di una persona, nel suo respiro, nelle mimiche del volto, nel tono di voce, nello sguardo, nella posizione dei piedi e in tante altre manifestazioni corporee.  Ci permette di capire dove sono le resistenze, i blocchi, le emozioni trattenute o invece quando l’energia fluisce liberamente, portando benessere a noi stessi e agli altri.

Per informazioni e iscrizioni al corso di Facilitatori con il metodo CCMS – Corpo mente spirito è possibile contattare l’email centroviriditas@gmail.com o visitare l’apposita sezione sul sito di Viriditas.

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
Siamo consapevoli dell’importanza del respiro?
Siamo consapevoli dell’importanza del respiro?

Costellazioni familiari: Giuseppe Mercone ci racconta il suo viaggio attraverso vino e spiritualità
Costellazioni familiari: Giuseppe Mercone ci racconta il suo viaggio attraverso vino e spiritualità

Energie sottili, cosa sono e come imparare a usarle a nostro favore
Energie sottili, cosa sono e come imparare a usarle a nostro favore

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Cosa dice il nuovo codice della strada e che ricadute avrà sulla mobilità sostenibile – #1024

|

La biblioteca su due ruote KORABike regala storie in giro per le strade

|

Educare al biologico: serve più consapevolezza verso salute e ambiente

|

Promemoria Auschwitz, perché davvero non accada mai più

|

Cammini e sentieri: ecco come custodire e valorizzare un tesoro lungo 150mila chilometri

|

La Robbia, il laboratorio sardo di tintura naturale che cuce tradizione e sostenibilità, dalla terra al tessuto

|

Nuove case: come devono essere per stare al passo con un mondo che cambia?

|

CereAMO: per mangiar bene dobbiamo “tornare indietro” di 80 anni

string(9) "nazionale"