9 Lug 2021

Climate Space: artisti, scienziati e attivisti disegnano insieme un futuro sostenibile

Scritto da: Benedetta Torsello

Si è conclusa domenica a Melpignano (LE) la prima edizione del Climate Space Film&Music Festival, un progetto nato da un’idea del pianista e compositore Ludovico Einaudi. L’evento, curato da Francesco Cara, è stato realizzato da Ponderosa Music&Art, grazie al contributo della Regione Puglia e del Comune di Melpignano. Su Italia Che Cambia, media partner dell'iniziativa, vi raccontiamo quanto emerso in questi cinque giorni intensi e stimolanti.

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Lecce, Puglia - Climate Space è innanzitutto uno spazio sonoro plasmato dalle note di “Elegy for the Arctic”, brano composto e suonato da Ludovico Einaudi nel 2016, su una piattaforma tra i ghiacciai polari, in occasione della campagna di Greenpeace “Voice for the Arctic”. Il video dell’esibizione, proiettato nella mostra allestita al piano terra del Palazzo Marchesale di Melpignano, ha accompagnato i visitatori nel varcare la soglia di questo spazio immersivo. Una serie di fotografie scattate dallo stesso Einaudi raccontano questo viaggio ai confini del mondo, come in un diario di bordo. Le immagini, esclusivamente in bianco e nero, restituiscono il silenzio di quei luoghi e l’intima connessione tra l’uomo e la natura, maestosa e fragile al contempo. L’immenso ghiacciaio Wahlenbergbreen si staglia sullo sfondo e si sgretola sotto in nostri occhi, mentre Einaudi continua a suonare la sua elegia. Le sue note sembrano una carezza, forse delle scuse, a nome di tutti.

Per cinque giorni il borgo di Melpignano (LE) ha ospitato conferenze, tavole rotonde, proiezioni di cortometraggi e laboratori di educazione ambientale per bambini organizzati dagli studenti dell’Università del Salento. Il confronto tra accademici, imprenditori, artigiani, attivisti e la comunità intera che ha partecipato con entusiasmo crescente alle iniziative, ha permesso di ritrovarsi tutti insieme di fronte a delle sfide comuni sul futuro della nostra vita su questo pianeta. Come più volte sottolineato da Francesco Cara, designer e curatore di Climate Space, l’obiettivo del festival era infatti «dar vita a uno spazio condiviso, in cui scambiare idee, conoscenze, esperienze e provare a dare delle risposte». Da qui l’importanza di riflettere sulle tematiche ambientali riscoprendo dei riti collettivi, come il cinema e la musica, grandi protagonisti del festival.

Ogni giornata è stata dedicata a un tema diverso. Si è parlato di ecosistemi da tutelare, come quello del bosco e quello marino, di energia e fonti rinnovabili. Si è parlato di materia, rifiuti e di terra, nella sua duplice accezione. Un ricco programma di corto e lungometraggi del panorama cinematografico italiano e internazionale ha offerto interessanti spunti di riflessione e importanti esempi di cambiamento in Italia e nel resto del mondo.

Dov’è il bosco?

Non sembra casuale la scelta di aprire il festival parlando di boschi, proprio in Puglia. La campagna salentina si è trasformata negli ultimi anni in un paesaggio lunare: un cimitero di alberi d’ulivo, un tempo rigogliosi, ed ettari di terra bruciata. «Il Salento è nudo», denuncia Ada Martella del movimento Manu Manu Riforesta, ospite della prima tavola rotonda. Di fronte all’evidenza fingiamo di non vedere, abituandoci drammaticamente alla catastrofe intorno a noi.

Italian Wood
carrello

L’appassionato intervento di apertura è di Ferdinando Cotugno, giornalista e autore di “Italian Wood”. Cotugno ha iniziato a occuparsi di boschi dopo un viaggio alle Isole Svalbard, a una latitudine dove non c’è traccia di verde e «i cambiamenti climatici stravolgono letteralmente le fondamenta della società», a causa dell’inesorabile scioglimento del permafrost. Contrariamente a quanto siamo soliti pensare, la superficie coperta da boschi in Italia è raddoppiata negli ultimi ottant’anni. La graduale scomparsa della civiltà rurale ha permesso agli alberi di guadagnare spazio. Tuttavia il patrimonio forestale che oggi abbiamo ereditato deve essere gestito secondo delle linee guida nazionali purtroppo inesistenti. I boschi non sono eterni. Si trasformano molto lentamente e soprattutto, secondo Cotugno, per continuare a prestare i loro preziosi servizi ecosistemici devono essere gestiti dall’uomo, anche incrementando un’economia forestale attualmente poco sviluppata, visto che la maggior parte del legno trasformato in Italia è di importazione.

Dove sia il bosco nelle nostre vite è ciò su cui ci si è interrogati. In realtà non ci accorgiamo quasi mai di esso, se non di fronte a una catastrofe quale è stata la tempesta di Vaia del 2018 nel Triveneto. A raccontare la rinascita dopo questo disastro ambientale è intervenuto Federico Stefani, uno dei tre cofondatori della startup Vaia, nata per ridare una seconda vita ai tronchi abbattuti dalla furia del vento. Nonostante tutto la natura è sempre in grado di rigenerarsi, anche laddove sembra non esserci traccia di vita. Come nel caso degli ulivi colpiti dalla xylella, nel Salento: «Attorno agli alberi morti la vita continua e la macchia si riprende nuovo spazio», spiega Francesco Minonne, biologo e responsabile scientifico del Parco naturale Costa Otranto-Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase.

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Il vero costo dell’energia che usiamo tutti i giorni

Se la nostra percezione di un ecosistema come il bosco è intermittente, se non addirittura assente, altrettanto ridotta è la consapevolezza del costo dell’energia che abitualmente impieghiamo per fare qualunque cosa. Nathan Grossman, in un suo cortometraggio del 2016, prova a dimostrarlo, coinvolgendo l’atleta olimpico Robert Förstemann, più volte medaglia d’oro di track cycling. La sfida è tostare una fetta di pane solo con la forza dei pedali. Dopo minuti estenuanti, Förstemann non ce la fa più e si arrende, prima che il toast sia pronto.

Le fonti energetiche sono state al centro del secondo talk tenuto da Gianluca Ruggieri, ingegnere ambientale e ricercatore all’Università dell’Insubria. È socio fondatore e vicepresidente di ènostra, il fornitore elettrico cooperativo a finalità non lucrativa, che vende ai propri soci solo elettricità proveniente da fonti rinnovabili con garanzia d’origine. Questa impresa di comunità, nata nel 2014, mira a favorire una transizione energetica dal basso. Come sostiene Ruggieri, il processo di decarbonizzazione che ci attende vede coinvolti diversi attori, tutti interconnessi tra loro: la politica, la comunità, le nuove tecnologie e le imprese. Il ruolo dei cittadini non deve più essere quello di passivi consumatori, ma di «prosumer» (dalla fusione di “producer” e “consumer”), che intervengono in prima linea nei processi di produzione dell’energia, rompendo definitivamente il circolo vizioso alimentato dalle fonti di energia fossile.

A Plastic Ocean

Di mare, inquinamento e pesca sostenibile si è parlato nel corso della terza giornata. È una scoperta sconcertante quella del giornalista Craig Leeson, nel suo viaggio alla ricerca della rara balena blu, raccontato in “A Plastic Ocean”, lungometraggio del 2016. Plastica ovunque: sulle coste, nelle viscere delle specie marine, ancorata ai fondali a decine di metri di profondità.

Alla tavola rotonda si è parlato di erosione costiera e di attività di acquicoltura sostenibile, finalizzata a preservare il delicato equilibrio tra economie locali e tutela dell’ecosistema. Il professore Alberto Basset, ordinario di Ecologia all’Università del Salento ed esperto di ecosistemi acquatici, è più volte tornato sul problema dell’incomunicabilità tra scienza e politica. Il mondo della ricerca deve aprirsi alla società e dialogare con le istituzioni. Ecco perché l’auspicata transizione ecologica deve essere una rivoluzione non soltanto scientifica, ma prima di tutto culturale.

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E se non riuscissimo a cambiare?

In occasione della quarta giornata del festival, a partire da un saggio di Franzen, “E se smettessimo di fingere”, Antonio Castagna torna a parlare di alcuni temi toccati dai ragazzi di Fridays for Future – anche loro ospiti della manifestazione – come l’ecoansia e il senso di sopraffazione che ci impedisce di agire di fronte all’urgenza di una crisi ambientale in atto. Formatore manageriale ed esperto di economia circolare, Castagna si è accorto che da quando il suo approccio alle tematiche ambientali è diventato più pessimista, vive meglio. Non perché abbia iniziato a disinteressarsene. Semplicemente ritiene – a ragione – che l’unica cosa da fare sia prefissarsi «obiettivi più piccoli, misurabili e più facilmente realizzabili», riprendendo le parole di Franzen. Scrollarsi in qualche modo il peso del mondo dalle spalle e non commettere l’errore di farlo gravare tutto su quelle delle future generazioni.

Dalla definizione di economia circolare proposta dalla Ellen McArthur Foundation, Castagna fa emergere punti di forza e coni d’ombra. Il processo forsennato di sostituzione e riciclo alimentato dalle multinazionali causa un inesorabile produzione di nuovi rifiuti e lo spreco di energia e risorse. Bisognerebbe invece diffondere la pratica del riuso e della riparabilità dei beni di consumo, dalla tecnologia all’abbigliamento. Da qui la riflessione sul valore degli oggetti che durano nel tempo e la riscoperta dell’artigianato, che «innerva il territorio, raggiungendo le periferie, i borghi, le campagne, al contrario dell’industria, responsabile di un sistema che gravita totalmente attorno alle città».

Ad animare la tavola rotonda, brillanti esempi di imprenditoria giovanile nati dalla scommessa di usare materie prime derivate e dare continuità alla materia stessa. Ad esempio Martina Geroni e Giacomo Losio, fondatori del Taller delle Terre, stanno sperimentando un impasto ceramico sostenibile, prodotto a partire dall’argilla e dagli scarti di lavorazione della pietra; mentre i designers Ilaria Spagnuolo e Pietro Pietrillo di Keep life realizzano oggetti a partire dai gusci della frutta secca. Antonello Fusé, invece, racconta l’avventura di Makers Hub: uno spazio di coworking a Milano per artigiani 2.0. Un vero e proprio “ecosistema” in cui scambiare competenze, materiali, condividere lo spazio e i macchinari, riducendo di conseguenza i costi di gestione.

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“Ci avete seppellito, ma non sapevate che eravamo semi”

Si chiude con l’eco di queste parole, la proiezione matinée di “Omelia contadina” (2020) di JR e Alice Rohrwacher. Concepito come “un’azione cinematografica”, il cortometraggio ha come protagonista l’intera comunità dell’altopiano dell’Alfina. Un lungo corteo funebre rivolge l’ultimo saluto all’agricoltura contadina, rappresentata nei ritratti di 15×4 metri degli stessi contadini, che con le proprie mani seppelliscono, assieme alla loro immagine, la loro storia. Un estremo e sofferto atto d’accusa all’incoscienza collettiva e una preghiera ai contadini che continuano a lottare e nutrire la terra, preservando la biodiversità.

Alla terra infatti, quella lavorata con fatica e dedizione e quella che abitiamo, è dedicata l’ultima giornata di Climate Space. Importanti momenti di riflessione collettiva sulle nostre prospettive di vita sul pianeta si sono susseguiti anche in occasione dell’ultimo appuntamento del festival. Molte le realtà locali di microfiliera, agricoltura biologica e sostenibile ospitate a Melpignano. Sotto un apparente silenzio, infatti, il mondo contadino sopravvive e continua a lottare. Spesso informali e autogestite, queste iniziative dal basso stanno contribuendo a valorizzare e tutelare il territorio, sottraendo molti terreni incolti alla minaccia dello sfruttamento e dell’agricoltura intensiva. Le istituzioni devono agevolare questo cambiamento, come nel caso dell’iniziativa portata avanti dalla sindaca di Melpignano, Valentina Avvantaggiato: una mensa scolastica totalmente a km 0, per supportare l’economia del territorio e diffondere una maggiore consapevolezza dell’importanza delle scelte alimentari per la nostra salute e quella di tutto il pianeta.

Si chiude con una rammaricata riflessione sull’ILVA, il dibattito che per giorni ha animato il giardino del Palazzo Marchesale. Non una semplice provocazione, ma un appello accorato di una comunità che sopravvive ogni giorno a un disastro ambientale, inchiodata da un costosissimo ricatto economico. A Taranto la politica non può nascondere il proprio fallimento. Trovare delle soluzioni valide richiede tempi lunghi, è vero: e se non ce ne fosse più abbastanza?

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The Vegetable Orchestra in piazza San Giorgio a Melpignano (Le)

Non sempre è possibile trovare delle risposte risolutive, ma non si può rinunciare a cercarle, anche partendo da linguaggi e prospettive diverse. La musica, infatti, è stata una grande protagonista del Climate Space. Nel corso delle serate, sullo sfondo di piazza San Giorgio, si sono esibiti Lucio Corsi, Vasco Brondi, Claver Gold & Murubutu, Ballaké Sissoko feat. Redi Hasa, Justin Adams e Mauro Durante, Frida Bollani Magoni. A chiudere questo viaggio tra mondi e generi diversi, la Vegetable Orchestra, un ensemble di performers, designers e musicisti che da oltre vent’anni sperimenta tutti i generi musicali sfruttando le sonorità di frutta e verdura. Flauti di carota, percussioni di melanzana, cavoli cappuccio suonati come chitarre elettriche: alla fine del concerto gli strumenti giacciono inermi sul palco, come una natura morta scomposta. Ma se il pubblico ha ancora fame – ironizzano i musicisti – c’è tempo per un altro brano.

Con Climate Space a Melpignano è nato un nuovo spazio di confronto, un vero e proprio laboratorio di idee. Un progetto che speriamo possa crescere e darsi appuntamento il prossimo anno e quelli a venire. Forse di questi giorni così intensi, tra le tante cose, rimarrà in assoluto la gratitudine di essersi finalmente ritrovati tutti insieme, nello stesso luogo e nello stesso momento, a parlare delle sorti del nostro pianeta, di ciò che accade oggi e di quello che ci attende domani.

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