7 Lug 2021

Canapa Sativa: aggiornare la legge per rilanciare il settore

Scritto da: Redazione

La canapa è una coltivazione antica, ecologica e versatile, che in questo momento di crisi potrebbe contribuire a risollevare le sorti di diversi comparti. Per raggiungere questo obiettivo, i rappresentanti di tre associazioni del settore sono intervenuti in Commissione per spiegare quali sono le potenzialità di questa coltura e quali le azioni da compiere sul piano normativo per liberarne il potenziale.

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Si è svolta a fine maggio in video conferenza l’audizione al Senato di associazioni ed esperti di settore presso la IX Commissione Agricoltura e Produzione Agroalimentare convocati a esprimere – per la prima volta in questa legislatura – correttivi e integrazioni su tre proposte di riforma di legge alla L. 242/16 che ha dato di nuovo inizio alla filiera della Canapa Industriale in Italia, negletta da decenni di abbandono e che oggi più che mai – dopo innumerevoli crisi sistemiche, non ultima quella pandemica – potrebbe rappresentare un ottimo bacino occupazionale anche in Italia, così come avviene in altri paesi Europei ed extra Europei.

Per Canapa Sativa Italia (CSI)associazione non profit che raggruppa produttori, ricercatori, trasformatori dal seme al prodotto finito distribuiti in tutte le regioni italiane – è stato ascoltato il segretario generale Mattia Cusani, che siede anche al Tavolo Tecnico insediatosi questo febbraio al MIPAAF per conto della non profit, dal 2014 bussola del mondo canapa in Italia. Beppe Croce è stato audito per Federcanapa e Raffaele Desiante per #lacanapaciunisce: le modifiche da loro proposte sono comuni anche alle altre associazioni di filiera.

canapa sativa 1

Beppe Croce si è pronunciato magistralmente spiegando l’impatto della sentenza 19.11.20 (Corte di Giustizia UE) nell’interpretazione di una buona legge, la L. 242/16, che risente di un’impostazione antiquata della filiera, concepita solo come canapa da fibra senza valorizzare semi e fiore e che va perfezionata (soprattutto nell’articolo 2, autorizzando senza incertezza l’uso dell’intera pianta, concetto già espresso dalla Commissione Agricoltura della Camera nel 2019). Ed esponendoci al paradosso quale quello che prodotti non autorizzati da noi vengano venduti da altri paesi europei.

«Negli ultimi sessant’anni, dalla Convenzione di New York sulle sostanze psicotrope in avanti – ha aggiunto –, molte sono state le evoluzioni del settore, ma è il processo tecnico e scientifico con l’analisi di oltre 150 diversi cannabinoidi e 140 flavonoidi e lipidi (principi attivi di estremo interesse per la salute e l’alimentazione, che si trovano nelle infiorescenze) ad aver impresso un enorme sviluppo industriale che copre molti settori di business».

È stata poi la volta di Raffaele Desiante: «La modifica più importante è senza dubbio l’inserimento del comma 7 bis all’articolo 4, che libera finalmente gli operatori del settore dal rischio di procedimenti penali come previsto dal Testo Unico degli Stupefacenti. A tutela dell’utente finale è anche l’aggiunta all’articolo 9 del comma 1 bis, che obbliga le varie parti della filiera a effettuare tutte le analisi necessarie a garantire la qualità dei prodotti immessi nel mercato e a creare la giusta tracciabilità per poter risalire a eventuali lotti non conformi in tempi celeri».

Mattia Cusani (Canapa Sativa Italia CSI) ha aggiunto: «Abbiamo avuto a disposizione 15 minuti in video-conferenza per portare le nostre proposte correttive del comparto, che sono state prima condivise con tutti i nostri soci e con le altre associazioni di settore. La legge 2 dicembre 2016, n. 242 (di cui sono in discussione tre proposte di legge di modifica:
540,1321 e 1324, si poneva lo scopo di rilanciare la filiera della canapa industriale compromessa da decenni di anacronistiche politiche proibizionistiche. A seguito dell’approvazione della legge, nonostante la vendita delle infiorescenze e dei loro derivati non fosse espressamente prevista, in Italia hanno aperto più di 3.000 Partite IVA che includono anche i “canapa shop”, negozi che vendono la cosiddetta “cannabis light”, ovvero fiori di canapa industriale con percentuale di tetraidrocannabinolo (THC) molto bassa, inferiore allo 0,6%, e quindi del tutto priva di effetto psicoattivo».

mattia cusani canapa sativa
Mattia Cusani di Canapa Sativa Italia

«La nostra associazione – ha proseguito Cusani – si sta impegnando fin dalla sua costituzione per far sì che questo settore riesca a svilupparsi nel rispetto delle regole. Abbiamo bisogno di una normativa che ci consenta di lavorare. Abbiamo chiesto in questa sede – e continueremo con altre interlocuzioni nei rispettivi Ministeri interessati (tra cui Agricoltura e Salute) – alla politica, con estrema urgenza, di intervenire e di fare in modo che l’Italia diventi un paese trainante in questo particolare settore, cogliendo l’occasione di creare concretamente tante possibilità di lavoro, soprattutto nelle zone più disagiate del nostro Paese. Come del resto accade all’estero già da molti anni».

Durante la pandemia, molti ed importanti nodi legislativi sono stati sciolti: le Nazioni Unite hanno riconosciuto ufficialmente le proprietà medicinali della cannabis in un voto espresso a Vienna dagli Stati Membri nel corso della Commissione Droghe delle Nazioni Unite (CND), l’organo esecutivo per la politica sulle droghe. La cannabis è stata quindi tolta dalla Tabella 4, quelle delle sostanze ritenute più pericolose in virtù dei suoi impieghi terapeutici e inserita nella Tabella 1 (sostanze non dannose).

«Sul versante novel food – ha aggiunto Cusani – abbiamo fatto presente agli Onorevoli membri della Commissione (in quota Lega, PD, M5S, Forza Italia) che in data 31/12/2020 la Commissione europea ha ammesso che il CBD non è uno stupefacente. Una decisione inevitabile dopo che la Corte di Giustizia UE ha statuito l’illegittimità di qualsivoglia divieto a commercializzare il cannabidiolo come previsto della sentenza 9 novembre 2020, nella causa 663/18 della Corte di Giustizia Europea». L’eventuale rifiuto da parte di una giurisdizione nazionale di tener conto di una sentenza della Corte di Giustizia può implicare l’apertura di una procedura di infrazione e la presentazione da parte della Commissione del ricorso di inadempimento di cui all’art. 258 TFUE.

L’EFSA (European Food Safety Authority) può dunque riprendere a valutare le richieste di autorizzazione del CBD come novel food. La notizia viene affidata a una lettera inviata dalla Commissione UE a EHIA (European Hemp Industry Association), di cui è stato letto un estratto ai membri permanenti di legislatura della Commissione. La decisione toglie inoltre gli ostacoli del controllo internazionale, imposti dal 1961 dalla Convenzione Unica sulle sostanze narcotiche, alla produzione della cannabis per fini medico-scientifici.

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I rappresentanti delle associazioni hanno inoltre sottolineato come il cannabidiolo (CBD) – derivato da estratto o tintura o resina di cannabis – e, di recente, anche il cannabigerolo, sono le nuove voci introdotte nel registro CosIng. Il CBD naturale e il CBG vengono così definitivamente ammessi quale ingredienti dei cosmetici prodotti o comunque immessi nel mercato unico europeo. La banca dati CosIng non ha un valore legale formale. Essa tuttavia rappresenta un atto di indirizzo dell’Esecutivo europeo, in vista della piena armonizzazione del mercato interno nel settore della cosmetica. Gli Stati membri non possono comunque adottare misure restrittive sul CBD, alla luce della sentenza datata 19/11/2020 della Corte di Giustizia la cui interpretazione ufficiale ha invece valore vincolante.

Sulla coltivazione di piante di canapa da sementi certificate per destinazione farmaceutica, come fatto anche dall’associazione #lacanapaciunisce, si è voluto sottolineare che proprio il 24 maggio sul sito del Ministero della Salute è stato pubblicato l’iter autorizzativo per la produzione di canapa ai fini del conferimento a officina farmaceutica, che coinvolge per adesso soltanto due o tre operatori del settore. «Vorremmo che venisse chiarito in maniera univoca come tale autorizzazione non sia condizione necessaria alla produzione di canapa di per sé, per evitare inequivocabilmente il rischio di confondere la necessità di autorizzazione per questa specifica destinazione d’uso con la libera coltivazione prevista dalla legge 242/2016, generando ulteriori incertezze che vanno ad aggiungersi a quelle evidenziate dall’esperienza di questi ultimi cinque anni», spiega Cusani.

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«La corretta impostazione di una filiera della canapa per l’Italia costituisce già un modello di economia circolare», conclude il rappresentante di Canapa Sativa Italia. «Grazie alla varietà dei metodi di produzione e alla poliedricità propria del prodotto canapa anche nell’utilizzo dei suoi scarti, dando seguito alle sperimentazioni in corso, al lavoro del tavolo tecnico di filiera e sciogliendo i nodi normativi ancora presenti, si potrebbe finalmente attuare un processo di sviluppo completo. Dobbiamo dare la possibilità alle migliaia di lavoratori del settore di esprimere appieno le proprie potenzialità attivando un processo che porterebbe benefici per tutte le tipologie di capitale – umano, materiale e finanziario – di cui un sistema economico necessità per funzionare. Le imprese in Italia oggi, in un momento di crisi senza precedenti, hanno bisogno di una ripresa che può essere trainata dalle nuove prospettive di questo mercato, che genera tanta nuova ricchezza».

Canapa Sativa Italia ha poi sottoscritto una serie di proposte correttive ai progetti di modifica della L. 242/16 in discussione in Commissione (due a firma M5S, Lello Ciampolillo e Matteo Mantero e una a firma Antonio Iannone, FDI). In particolare e insieme alle altre associazioni presenti, si è spinto sull’inserimento chiaro e letterale delle infiorescenze tra le parti della pianta di canapa utilizzabili e sull’equiparazione di coltivazione a pieno campo con quella in ambiente protetto (serra).

Le associazioni hanno anche sottolineato l’importanza di uniformare i controlli da parte delle forze di Polizia per evitare duplicazioni e vessazioni, sollecitando il MIPAAF ad approvare entro sei mesi un decreto Ministeriale che li armonizzi e che contenga anche chiare e specifiche metodiche di campionamento del prodotto in caso di controlli, oggi ancora assenti.

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