26 Lug 2021

Canapa industriale: perché in Italia siamo così indietro?

Scritto da: Redazione

Le parole di Vito Cannillo – imprenditore del settore canapa e socio di Canapa Sativa Italia – sottolineano come l'arretratezza culturale, giuridica e politica dell'Italia stia provocando gravi ritardi nella diffusione di un materiale tanto antico quanto innovativo, versatile ed ecologico, che sarebbe in grado di dare un contributo importante al superamento della crisi che stiamo vivendo.

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L’oro verde – la canapa industriale – può essere utilizzata per un’infinità di usi, tra cui l’alimentare, il cosmetico, l’officinale e il florovivaistico. Guardando alle economie più mature del settore, anche in altri paesi del Mercato Unico Europeo – senza volare fino agli States – sono già oggi questi gli usi con premialità e margini più alti.

In Italia – a differenza di quanto avviene ad esempio in Germania, Francia, Repubblica Ceca, Portogallo dove vigono regolamenti industriali diversi che promuovono il settore estrattivo per food, integratori e cosmesi – i nostri imprenditori dedicati all’estrazione dei principi attivi di Cannabis Sativa L. devono detenere una licenza farmaceutica i cui costi, soprattutto per i regolamenti AIFA relativi al drug master file sono proibitivi per una piccola e media azienda e rendono il prodotto fuori mercato.

Cosa significa tutto questo? Le aziende italiane che producono creme, integratori alimentari e lozioni o shampoo con principi attivi derivati dalla canapa (ormai inserita nel Cos.Ing, il registro delle materie prime autorizzate per l’industria cosmetica), andranno necessariamente ad acquistare la materia prima all’estero penalizzando anche il nostro settore agricolo e non solo quello trasformativo.

canapa industriale 2

Canapa Sativa Italia (CSI), eletta a partecipare al Tavolo Tecnico Triennale sulla Filiera Canapa Industriale in seno al MIPAAF suggerisce che occorre con urgenza pensare a un nuovo sistema di licenze che consenta la prima trasformazione della pianta intera di canapa industriale e l’estrazione del CBD o degli “estratti o tinture o resine di cannabis” ai fini cosmetici o alimentari (novel food) ovvero presso aziende chimiche (materie prime cosmetiche) o alimentari (materie prime alimentari ed estratti vegetali) che possano essere autorizzate ai sensi della 309/90 alla detenzione entro limiti stabiliti di sostanza stupefacente THC ai fini di prima trasformazione e successiva purificazione degli estratti in modo da immettere sul mercato della cosmesi e del novel food ingredienti sicuri con valori entro i limiti previsti dalle normative di settore. CSI e altre associazioni di settore chiedono con forza un cambio di passo.

Le numerose sentenze che si sono susseguite nel 2020 e che affiancano la pronuncia delle Nazioni Unite che derubrica la Cannabis Sativa L. dalla Tabella IV (sostanze droganti dannose) alla Tabella I (sostanze adatte all’uso umano senza effetti psicotropi), stabiliscono anche che il CBD di sintesi è equiparato a quello estratto naturalmente dalla pianta, uno degli elementi più trascurati dagli inquirenti (che continuano invece a condannare imprenditori in giudizio!) e dai decisori politici italiani: questo principio attivo rappresenta invece il vero volano per le start up più innovative del nostro paese, costrette invece a chiudere e licenziare addetti dotati di eccellenti competenze scientifiche e tecniche.

Il settore estrattivo della canapa industriale è ancora borderline perché vittima di pregiudizi, non solo per ignoranza delle leggi vigenti in materia. Spesso i tribunali, oltre che colpevolmente non aggiornati sulla normativa, sono anche lenti nel dare una risposta, determinando la grave incertezza imprenditoriale che causa il decadimento del settore economico di cui CSI si occupa.

Grazie alla testimonianza di imprenditori e soci di Canapa Sativa Italia, scopriamo quali importanti risvolti economici potrebbe avere questo ramo del composito mondo della canapa industriale italiana. Oggi incontriamo Vito Cannillo, imprenditore under 40 che lavora a Corato (BA) e che ci parla della sua esperienza con Forza Vitale, azienda fondata da suo padre, e delle sue nuove start-up fondate in Giamaica per partecipare all’espansione del mercato nord-americano.

Vito, lei si occupa primariamente di fare impresa nel settore officinale e degli integratori alimentari. Nonostante la sua azienda utilizzi ed elabori oltre 150 ingredienti naturali e piante, ha più volte dichiarato nelle sue interviste che l’oro verde di questo millennio è la canapa: cosa prova da imprenditore e da cittadino attento ai concetti di sostenibilità, a operare tra carenze normative e soprattutto incultura (spesso anche veicolata dai media) che confonde canapa industriale, cannabis terapeutica e marijuana?

Innanzitutto grazie per la domanda e per la premessa. Non sono io a definire la canapa come il nuovo “oro verde”, ma fior fior di esperti internazionali: economisti e uomini di finanza che sottolineano l’enorme impatto del comparto canapa su un nuovo boom imprenditoriale e occupazionale, sostenibile e duraturo. Da imprenditore e da cittadino non riesco a capacitarmi di come non si tenga conto di questa opportunità in nome di pregiudizi, ignoranza e – chissà? – consolidati interessi poco chiari da tutelare. L’interrogativo sorge spontaneo. Viviamo una fase di depressione economica senza precedenti e ci permettiamo il lusso di non cambiare idea, di non aprirci a un nuovo modo di pensare. Aggiungiamoci poi i problemi legati allo stallo della giustizia, a cui contribuiscono anche certe logiche proibizioniste. Aggiungiamo ancora – e lo dico in modo retorico – i benefici sul fronte del benessere propri di questo comparto e lo sgomento, ahimè, aumenta.

Cosa l’ha portata a diventare socio di CSI e cosa spera che il Tavolo di Filiera insediato al MIPAAF, di cui CSI fa parte, faccia per primo per sostenere il settore canapicolo industriale italiano?

Aderire al CSI è ciò che dovrebbe fare chiunque crede nel comparto canapa e ha voglia di sfruttarne tutte le opportunità non tanto come singolo imprenditore, quanto come parte di una regia più ampia a cui facevo riferimento poc’anzi. Il ruolo di CSI è fondamentale per parlare con una voce sola e fare lobby nell’accezione usata negli Stati Uniti, paese in cui sono nato e che si sta dimostrando molto avanti su questo fronte! Bisogna dunque essere capaci di fare lobby in maniera trasparente e autorevole per innescare quella che potrebbe essere una vera rivoluzione verde.

Se potesse utilizzare un alfabeto antico per definire le virtù del fiore di canapa, cosa le verrebbe in mente?

Alla canapa sono legati tanti riferimenti simbolici da secoli in tante lingue e alfabeti e in moltissime religioni nel mondo, quasi tutti e quasi sempre positivi. I primi riferimenti che mi vengono in mente sono al senso di relax, leggerezza, benessere, fecondità. Ma quello più importante che vorrei sottolineare è legato al recupero del valore della spiritualità, della tolleranza e dell’apertura, idee da sempre vicine proprio alle religioni e alle filosofie legate in vario modo a questa pianta. Ecco, forse c’è un significato recondito che dovremmo cogliere in questa epoca di grandi egoismi e intolleranze. Dico che solo chi è in mala fede associa questa pianta esclusivamente a termini o concetti negativi.

canapa industriale 1
Vito Cannillo di Forza Vitale

L’esperienza e la posizione nel mercato spagyrico ed estrattivo di Forza Vitale le ha permesso di avviare e sostenere molti progetti, tra cui Citiva, che porta il vostro know-how oltreoceano, in Giamaica, dove insieme a università, agricoltori e tossicologi locali e ad altri partner di comunità, avete dato avvio ad un progetto di produzione e lavorazione estrattiva di infiorescenze di cannabis a tenore di THC o CBD. I mercati più profittevoli, USA e Canada, sono alle porte e in questa ottica la Giamaica è ovviamente insostituibile o quasi. Ma la passione ci porta a chiederci: e se fosse stata una regione del Sud Italia – oltre alla Puglia, dove Forza Vitale ha messo radici – i cui microclimi consentono le stesse qualità di coltivazione outdoor e dove ricercatori e scienziati abbondano?

Non vorrei passare per campanilista perché proprio non lo sono, ma mi sento di poter candidare la Puglia come luogo ideale per avviare seriamente la genesi di questo comparto. Dico non a caso avviare, perché viviamo grazie a Dio nell’epoca della globalizzazione e tutti siamo interconnessi. Ancora una volta a tale proposito mi chiedo come faccia il nostro Paese a essere sordo rispetto a quanto stanno facendo nel resto del mondo sul versante delle liberalizzazioni che – si badi bene, lo ribadirò fino alla noia – non vogliono dire semplicisticamente “sballo libero”, ma molto altro: impresa, ricerca, lavoro, benessere, sostenibilità ambientale, economia.

La vostra joint venture giamaicana Citiva copre tutti i prodotti che vengono consumati (legalmente) in un mercato maturo come quello nord-americano utilizzando la tecnica di estrazione a quattro camere, che è una delle frontiere più nuove dell’uso della cannabis, garantendo bassi sprechi di materia e risultati più puri. Cosa manca all’Italia per coprire almeno questo settore non solo in ambito THC, ma soprattutto con CBD, visto che in Giamaica producete una linea di oli e creme a base di CBD?

L’ho anticipato nelle risposte precedenti: siamo privi di visione e, aggiungerei, di “visione laica e strategica”, che è poi propedeutica alla ratio legislativa. Qui siamo ancora fermi a categorie vecchie che tengono di fatto il Paese ingessato. Eppure vorrei essere ottimista perché non ci manca nulla: centri di ricerca, menti eccellenti, capacità imprenditoriale nel nostro DNA! In Italia non ci manca neppure una vasta e significativa esperienza nel comparto erboristico fatta di valenti professionisti. Potremmo benissimo sfruttare questo know-how e il quadro normativo che lo accompagna per non perdere altro tempo e disciplinare velocemente alcuni usi consentiti per la canapa snellendo in partenza procedure e meccanismi.

Citiva da questo punto di vista, con l’esperienza tecnico-pratica d’oltreoceano, è un grande serbatoio di risorse di cui far tesoro. Che futuro vede per la cosmesi alla canapa?

Le prospettive sono interessanti anche se, parlando dell’Italia, come sempre arriviamo per ultimi. Le star di Hollywood, per tornare alla mia amata America, usano da anni prodotti cosmetici a base di CBD e credo che lo facciano perché ben consigliati da gente che ne capisce (medici, farmacisti, cosmetologi). I benefici sono comprovati su tanti piani (contrasto all’ossidazione della cute, proprietà antinfiammatorie, lenitive). Ora bisogna solo essere bravi a comunicare bene e a convincere chi siede nella stanza dei bottoni che questo è un altro settore colmo di opportunità. Alcuni segnali positivi, sempre per non perdere mai la via dell’ottimismo, ci sono già. Penso alla recente possibilità di utilizzare nella formulazione dei cosmetici il cannabidiolo estratto da infiorescenza e non solo quello ottenuto da procedure di sintesi.

canapa sativa 3

Quali altri progetti di ricerca le sue aziende sostengono sia sul nutraceutico che sull’estrattivo e sul fitodepurativo?La Canapa Industriale ha poteri disinquinanti ad ampio spettro, includendo i metalli pesanti che ad esempio sono presenti all’Ex-Ilva di Taranto.

Negli ultimi mesi in azienda abbiamo lavorato molto sulla ricerca legata alle nanotecnologie in ambito nutraceutico. Al nostro interno possiamo vantare un laboratorio indipendente ben equipaggiato che gode dell’apporto quotidiano di tanti studenti universitari validissimi, che scendono in Puglia per la tesi in farmacia, biologia o tecniche erboristiche. Nell’ulteriore sviluppo delle nanotecnologie vediamo un vettore insostituibile per l’industria del domani, vincente, competitiva, sostenibile. Se poi mi parla dell’Ex-Ilva e della possibile riconversione dell’area sul fronte canapa, beh, m’invita a nozze! In primis per il motivo che ha citato legato al potere disinquinante di questa pianta e poi per una nuova filiera economica che si potrebbe creare. A volte da giovane imprenditore non ancora quarantenne mi chiedo, lo ridico, come sia possibile che non venga nemmeno avviata una discussione seria e ragionata su queste possibilità. Io non smetto di crederci.

Con Kana Consulting invece aiutate le imprese a produrre legalmente e con i più alti standard scientifici la canapa industriale, che viene usata da oltre 3000 anni come rimedio curativo, fibra tessile e alimento (e sempre di più come sostanza ricreativa legale) e che è stata depennata dalla lista delle Sostanze Nocive secondo la Tabella degli Stupefacenti delle Nazioni Unite. Quali sono i vostri clienti-tipo?

Esatto. La mia azienda partecipa insieme a me e a buona parte del mio staff tecnico ai progetti di consulenza di Kana Science che è già all’avanguardia in più di un ambito: la divisione Kana Regulatory offre assistenza in campo normativo, la divisione Kana Labs accompagna le aziende nello sviluppo e nella progettazione degli impianti fino al prodotto (vedi il caso di Citiva), la divisione Kana Strategy si occupa di consulenze in ambito marketing e comunicazione. Il mio auspicio è che presto queste competenze possano trovare terreno fertile in Italia e dare opportunità di sviluppo e di benessere, nel senso ampio della parola, a tutti, nuovi e vecchi imprenditori, nuovi e vecchi consumatori.

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