21 Lug 2021

Le abitudini che salvano la vita, anche (soprattutto) su un letto d’ospedale

Scritto da: Brunella Bonetti

Piccoli gesti quotidiani che spesso diamo per scontati ma che, durante una lunga degenza e una salvezza insperata, assumono un grande valore, prendono il sapore di piccole confortanti, certezze. Ce lo insegna BB raccontandoci la sua esperienza diretta in questa sesta puntata della sua incredibile storia.

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“Il sole sta sorgendo, infuocato. Lo vedo esplodere di sfumature purpuree e arancio dal letto dell’ospedale affacciato sui colli alberati e gli edifici ripuliti di Roma nord. Mentre aspetto il tè del buongiorno mi sforzo di andare in bagno e prendermi cura di me: lavarmi, cambiarmi d’abito, incremare viso e corpo, quasi avessi davanti a me una lunga e piena giornata di lavoro e attività abituali. Il letto me lo rifaccio da sola senza aspettare le donne delle pulizie.

Anche la colazione, ora che posso muovermi, scendo a farla al bar, così da sgranchirmi anche un po’ le gambe, su e giù per sei piani di scale. Il dolce aroma del primo caffè della giornata è sempre, ovunque, lo stesso e su di me ha sempre, ovunque, lo stesso effetto: d’ispirazione. Mi aspetta una lunga giornata di lavoro, scrittura, lettura, studio, progettazione, computer, cre-Azioni.

La mia postazione nella camera del reparto ospedaliero è già pronta: in piedi, computer, libri e taccuini sistemati sul carrello-comodino vicino al letto e volto rivolto alla finestra sempre aperta sul mondo che pulsa di vita, nonostante tutto. Sforzarmi di avere una routine tollerabile e creativa anche qui in ospedale è il segreto della mia rinascita. Una piacevole routine. E poi c’è la rete. Sono i primi ‘buongiorno’ del mattino a rendere il tè dell’ospedale ancora più dolce. Routine, rete e scrittura. Io con il mio taccuino sempre a portata di mano e penna pronta per non lasciar sfuggire alcun pensiero o emozione.”

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Lo sai, BB, quanto sia importante vivere la vita come in un rituale consacrando i momenti sacri, lucidando i posti iniziatici e celebrando cerimonie quasi religiose. Lo sai quanto sia importante viverla con attenzione e rigore costellando le giornate di atti simbolici e di persone aventi ruoli precisi e funzioni significative. In questo modo, BB, hai re-imparato a vivere, per non sprecare altre occasioni.

In fondo siamo o non siamo tutti degli animali abitudinari? Con un cervello procedurale, certo, ma pur sempre esseri viventi bisognosi di punti di riferimento, di ambienti e di azioni note. Altrimenti ci sentiremmo persi nel mare profondo dell’ignoto dove, non per tutti, è dolce il naufragare. E tu, BB, lo sai, quanto sei animale abitudinario. In ogni circostanza e situazione, perfino in ospedale. Allora adesso esci da qui e vivi la tua vita come su di una mappa. Costruisci il tuo atlante e metti in tasca una bussola. Vedrai che, passo dopo passo, troverai il tuo nord.

Ecco qui: routine, rete, scrittura e pensieri positivi. Il poker d’assi di BB e della sua rinascita. Certo, il tutto intervallato da analisi, visite mediche, belle e brutte notizie, attese interminabili e analisi logoranti. Ma l’artista ispirato, lo è sempre, ovunque e comunque. E BB fa di tutto per esserlo fin dal primo mattino, anche nel reparto di un ospedale. “A volte anche un tè o un caffè qui dentro può assumere un sapore così dolce da assomigliare perfino alla felicità. A zuccherarlo può essere la gentilezza di un’infermiera, gli occhi luminosi di un altro paziente strizzati dietro la mascherina, il colore del sole riflesso nel vetro o dei messaggi che rendono davvero buono un nuovo giorno”.

C’è tua madre che ti scrive: “Buongiorno amore mio. Stanotte pensavo a quanto sei caparbia, ma fragile e risoluta. Una insicura determinata, ma dubbiosa….e ho capito che sei magnifica”. A lei le fa eco un’altra voce amica: “Buon giorno BB. Non sapevo del tuo incidente; sono rimasta basita da così tanto amore, forza, leggerezza, ironia, testardaggine e coraggio. Noi che siamo passati per lo yoga restiamo legati da una pratica magica e sostenitrice che ci tiene unite. Nella mia quotidiana meditazione riserberò pensieri, energia, di guarigione e forza anche per te! Sarebbe bello un giorno fare una passeggiata insieme, nel frattempo ti abbraccio forte e ti ringrazio per la tua scrittura così potente e rivelatrice!”.

ospedale

A lei rispondi: “Namaste anima cara… Ti scrivo dal letto dell’ospedale dove passo i miei giorni a scrivere, scrivere il continuo della storia di BB e a ringraziare l’assoluto che ci siano persone come te che mi danno la forza di non mollare mai. Mi piacerebbe moltissimo passeggiare insieme e condividere i nostri ricordi. Appena uscirò da qui sarebbe bellissimo immergersi nella natura…”.

Può la vita vissuta in un ospedale essere tollerabile, perfino piacevole? Sì e BB ne è la prova vivente. È tollerabile quando ti vengono somministrate tutte le cure necessarie a farti migliorare giorno dopo giorno. Ed è piacevole quando ti trovi a dire “ti voglio bene” ad alcuni degli infermieri che ogni mattina, per settimane, ti hanno portato il tè dolcissimo o ti fanno una gentilezza personale come fosse la prima volta. Oppure, quando ti ritrovi a raccontarti a una compagna di stanza, compagna anche nella sofferenza, e parlate di antropologia, musica, di natura e delle vostre storie.

Di quando, BB, un anno fa hai appoggiato per la prima volta i piedi in terra e per settimane ti sei esercitata per reimparare a camminare, aiutata dai fisioterapisti ; o della pastarella al cioccolato divorata impiastricciandoti tutta, dopo mesi di nutrizione artificiale tramite flebo. Ne conservi ancora la foto: magrissima, dritta in piedi, come Jeeg Robot d’acciaio, come ti chiamavano i tuoi cari, per via dell’enorme cicatrice in testa come una cresta di pelle alta e spessa. In quella foto nella mano afferra la pastarella che per metà esce dalla tua bocca tutta sporca di cioccolato. E sotto, un meravigliato sorriso. Il sorriso della vita che, per te, ha un sapore particolarmente unico e prezioso, perché sa di rinascita. Ecco: una pastarella al gusto di rinascita. Di questo BB ti sei nutrita ogni giorno nelle lunghe settimane in ospedale, quando hai re-imparato la vita come una bambina, ma con la mente e le esperienze di un’adulta.

Come può allora la vita in ospedale non essere tollerabile, perfino piacevole? Una quotidianità costellata di prime volte uniche, di piccoli miracoli e cortesie, come il gruppo di preghiera che si riuniva per pregare per te ogni venerdì, o l’operatore reiki che ti manda il reiki ogni giorno ; o ancora l’ inserviente che, di nascosto, ti porta in stanza una tazzina di caffè dopo mesi di astinenza. Miracoli e affetti, certo, ma anche prove di forza incredibili. Alzarsi da sola la mattina dopo l’intervento di ottobre per la rimozione dell’opercolo cranico, e vestita, camminare da sola lungo il corridoio, diretta verso il chirurgo che parlava con tuo padre confidandogli “signore, sua figlia è piccoletta, ma ha una forza incredibile. Dopo tutto quello che ha passato, è una vera forza della natura!”.

Trovare la grinta di fare ginnastica ogni mattina e dieci piani di scale su e giù per raggiungere il reparto a ogni visita di amici e parenti. “Il fatto che sono stata operata molte volte – dicevi – non significa che devo abbattermi, deprimermi e vegetare nel letto in attesa di qualcosa. Al contrario, voglio allenare i muscoli intorpiditi da troppo tempo, muovere le mascelle disabituate a masticare e insistere nel fare ogni gesto, ogni movimento. Non sono atti eccessivi, ma necessari. Non sono sforzi inutili, ma fondamentali per rinascere”.

carta e penna

Così pensavi e agivi a ogni nuovo ricovero. E ti faceva eco un mantra noto: “La cosa importante non è ciò che stai facendo, ma come stai eseguendo ciò che fai”. È stato il tuo mantra per mesi, soprattutto in quelle lunghe settimane in ospedale durante il primo ricovero, trascorse a calibrare con attenzione e consapevolezza ogni gesto, ogni respiro, fino a riacquisire la padronanza di tutti i movimenti, dai più semplici – come impugnare una forchetta dritta fino alla bocca, far scorrere una penna sul foglio o essere in grado di fare pipì da sola – a quelli più complessi per te, come fare le scale, anche in salita, camminare anche all’indietro, esercitarti alla sbarra e testare ancora e ancora la tua testarda perseveranza. La tua sopportazione infinita.

La forza e la pazienza non ti hanno mai abbandonato, BB, ma più volte hanno dovuto lottare contro un’altra emozione altrettanto intensa: la paura. “Ho paura. Lo so, razionalmente so che questa ennesima operazione non è niente in confronto a tutto quello che ho passato. Ma ho paura lo stesso”. E meno male, BB, vuol dire che sei umana anche tu!

Hai perso il conto di tutte le prime volte di quest’anno di rinascita, iniziato in un ospedale con decine di grandi e piccoli miracoli e proseguito nei luoghi dove hai le radici. Un anno difficile, costellato di operazioni chirurgiche, medicine, dolori e paure profonde, ma anche di traguardi prima impensabili, conquiste, affetti vecchi e nuovi, radici e reti. E tante prime nuove volte. Le “ri-volte di BB” come le chiami tu, vissute con la mente di un’adulta e il corpo di una bambina…

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