14 Giu 2021

Il Pane di Dante: in Appennino sta succedendo qualcosa!

Scritto da: Francesco Bevilacqua

Seguendo la strada indicata dal Sommo Poeta, un gruppo di giovani si rifà alle antiche tradizioni per riscoprire, valorizzare e promuovere le aree, spesso considerate marginali, dell'Appennino. Saperi d'un tempo reinterpretati in chiave attuale, contest, festival, lavoro di rete e tanto altro: vi presentiamo Happennino.

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Piccolo è bello. Montano è bello. Marginale è bello, potremmo osare dire per andare controcorrente rispetto a una narrazione – spesso, ahinoi, suffragata dalla realtà dei fatti – che parla di spopolamento, morte dei piccoli borghi, isolamento sociale ed economico della montagna italiana.

C’è però un gruppo di giovani che, invece di stare a guardare o addirittura fare le valigie e seguire le sirene metropolitane, si è rimboccato le maniche e ha saputo attualizzare il retaggio storico, culturale e artigianale delle “aree marginali” per creare una nuova attrattiva, andando addirittura a ripescare le radici della lingua italiana.

Vittoria, Francesco e Andrea hanno fondato tre anni fa Happennino, un’associazione che ha proprio l’obiettivo di “fare succedere qualcosa in Appennino” (to happen significa “accadere” in inglese). Fra le iniziative più interessanti c’è proprio Il Pane di Dante. Scopriamo insieme a loro di cosa si tratta.

Il Pane di Dante 2

In che modo Dante è legato all’arte della panificazione?

Più che all’arte della panificazione, Dante è legato profondamente al pane, il “suo” pane, un pane “sciocco”, senza sale, tipico della zona di Firenze. A quel pane Dante continuerà sempre a guardare quando, dopo essere stato esiliato da Firenze per non farvi mai più ritorno, si ritroverà a conoscere e masticare lo pane altrui, come lo ammonisce Cacciaguida nella Divina Commedia (“Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui”, XVII Canto del Paradiso).

Ma proprio nel pane, nei bisogni più elementari, “volgari”, Dante sente la spinta e la necessità di immaginare una Nazione unita sulla base di un’unica lingua da parlare e masticare (“… il nuovo italiano, che farà nuovi gli Italiani, togliendo le sofisticazioni del latino e delle altrui parlate, farà tutti – e tutti dico – parlare; farà come quel pane orzato che, moltiplicato nei Vangeli, satollerà le migliaia e n’avanzeranno le sporte piene. …Pane di scienza, pane di materia e pane d’anima…”, Convivio). Ecco quindi che per Dante il pane diventa metafora di unità nazionale, la stessa che vogliamo celebrare con la nostra iniziativa.

Pensate che la rinascita dell’Appennino e delle zone montane, spesso spopolate e dimenticate, possa passare anche attraverso il recupero delle antiche tradizioni artigianali?

Le tradizioni sono certamente l’anima storica delle zone montane e dell’Appennino, luoghi in cui c’è una profonda sapienza artigianale e umana. Ma le tradizioni devono sapersi contaminare con la contemporaneità di nuovi linguaggi, prodotti, format, contenuti. Devono soprattutto saper parlare alle nuove generazioni, che altrimenti difficilmente le troveranno appetibili. Un esempio è quello dei barber shop: un mestiere tradizionale, come quello del barbiere, si è evoluto profondamente – anche grazie al contributo di alcune (ben fatte) campagne di comunicazione – e oggi fare il barbiere è cool. Troppo spesso l’Appennino è oggetto di una narrazione nostalgica, rivolta all’indietro, quando ci sono invece spinte ed energie creative molto forti, che hanno però bisogno di canalizzarsi in proposte e modelli di racconto e fruizione più contemporanei, più digitali e anche più internazionali, per non continuare a guardare solo al proprio ombelico.

il pane di dante 34

Che ruolo ha in questo processo la sostenibilità ambientale?

La pandemia ha messo in luce una inaspettata fragilità dei grandi centri: improvvisamente ci siamo accorti che anche essere “piccoli” è un valore. Questo sicuramente ci dà una spinta per ripensare il modo di abitare e vivere i territori e probabilmente sta accelerando il ritorno in Appennino di molte persone. In questo contesto la sostenibilità ambientale è un elemento imprescindibile. Bisogna però evitare che il concetto di sostenibilità ambientale diventi solo un’etichetta, uno slogan per piacere di più. Essere sostenibili non significa solo evitare di utilizzare la plastica monouso, significa immaginarsi quali potranno essere i nostri impatti sia oggi che in futuro, cercando di limitarli. In territori delicati e naturali come quelli appenninici, questo è un esercizio complicato e necessario. Dal nostro punto di osservazione, che riflette quello che facciamo, ci sembra che si stiano aprendo delle opportunità interessanti. Un esempio: ci siamo riabituati a eventi più piccoli, dove l’obiettivo non è una fruizione “di massa”, ma godere di un’esperienza unica, su misura, rispettosa del luogo in cui l’evento si svolge. In una parola, più sostenibile.

Che riscontro vi aspettate da parte del pubblico?

Siamo consapevoli che il nostro è un progetto molto ambizioso e anche piuttosto complesso: scalare un’idea dal locale al nazionale è già un’impresa difficile di per sé. Se poi ci aggiungiamo la volontà di rendere Dante, in tutta la sua profondità e complessità, un progetto “social”, le difficoltà aumentano. Si tratta di una prima edizione, per cui cerchiamo di rimanere con i piedi per terra. Stiamo però ricevendo molte conferme di adesione e, soprattutto, una grande attenzione da parte dei media, segno che siamo sulla strada giusta.

Ci saranno altre iniziative simili in futuro?

Ci piacerebbe che “Il pane di Dante” diventasse un appuntamento annuale fisso, ad esempio per il Dantedì. Non è forse bello immaginare, per un giorno, tutta Italia intenta a fare la stessa cosa – impastare, condividere e celebrare il pane? Oltre al progetto su Dante, con Happennino siamo impegnati da anni ad organizzare eventi ed iniziative nei nostri luoghi di Appennino: siamo sempre lì, a cercare di “unire i puntini” del nostro territorio.

il pane di dante 5
Andrea, Vittoria e Francesco, fondatori di Happennino

Quali sono i volti che stanno dietro al progetto Happennino, quali obiettivi perseguono e perché hanno deciso di lanciare questa iniziativa? Potete raccontarvi brevemente?

Per tutti l’Appennino è una terra di frontiera, ai margini del turismo di massa e dei centri metropolitani. In questo contesto, il nostro progetto Happennino cerca di vedere oltre e di rendere protagonisti i nostri luoghi contaminandoli con esperienze, eventi e format contemporanei. L’Associazione è nata nel 2018 dall’idea di alcuni amici (siamo in tre: Vittoria, Francesco e Andrea) e dalla convinzione che anche nei piccoli paesi d’Appennino qualcosa di nuovo possa accadere, dal verbo inglese to happen, appunto. E dal 2018 organizziamo Happennino – Festival dell’Entroterra, il primo evento diffuso d’Appennino che coinvolge, ad oggi, i comuni marchigiani di Peglio, Sant’Angelo in Vado, Mercatello sul Metauro e Borgo Pace e tutto il territorio dell’Alto Metauro in provincia di Pesaro e Urbino. Anche con quest’ultima iniziativa “L’Appennino di Dante” abbiamo un solo grande obiettivo: continuare a “far accadere cose” nel nostro territorio.

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