22 Giu 2021

Fondazione Demarchi: “L’economia sia un volano per giovani e territorio”

Scritto da: Redazione

Abbracciare un concetto più ampio del termine "economia" al fine di sostenere, raccontare, mettere in rete i progetti – in particolare quelli portati avanti dai giovani – di valorizzazione del territorio. È questo il proposito della Fondazione Franco Demarchi, che ha affrontato questi temi in una serie di incontri dal Festival dell'Economia di Trento, con un focus particolare sullo sviluppo delle aree montane. Elisabetta Chiesa dell'Agenzia di Stampa Giovanile ha intervistato il presidente Federico Samaden.

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Trento, Trentino Alto Adige - Raccontare le realtà del territorio è un modo per sostenerle, dando loro voce e facendole dialogare per costruire un tessuto coeso. È questo il principio a cui si ispira la Fondazione Demarchi, che offre servizi volti all’innovazione sociale per cittadini/e, professionisti/e, privato sociale, istituzioni e organizzazioni, svolgendo anche formazione e ricerca. In occasione del Festival dell’Economia 2021, la Fondazione ha proposto la terza edizione di “Re-Play”, ospitando in Piazza Santa Maria Maggiore a Trento molte realtà sociali del territorio, per raccontarne il valore e l’importanza anche nella sfera economica.

Alla presentazione del programma è intervenuto Federico Samaden, presidente della Fondazione Demarchi, che abbiamo intervistato. Samaden, di formazione economica, nel 1989 ha fondato assieme a Vincenzo Muccioli la sede trentina della comunità di recupero di San Patrignano, che ha gestito fino al 2007. Dal 2008 al 2012 è stato membro della consulta degli esperti del dipartimento delle politiche antidroga presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dal 2009 è dirigente dell’Istituto di Formazione Professionale Alberghiera della provincia autonoma di Trento.

fondazione franco demarchi federico samaden
Federico Samaden

Per quale motivo la Fondazione Demarchi propone da tre anni questo spazio che ospita le associazioni del territorio proprio durante il Festival dell’Economia?

Perché all’interno del concetto di economia c’è una parte che ha a che fare con gli esseri umani e non con i soldi. Si pensa che l’economia principalmente siano denari, in realtà l’economia è capitale umano, sviluppo dei luoghi, quindi sviluppo delle persone. A noi sta a cuore questa parte, che si chiama welfare, sviluppo e in tanti altri modi. Per questo motivo da tre anni presidiamo questo argomento e questo territorio in piazza, che è un luogo simbolico.

Perché quest’anno avete scelto il tema della montagna?

Il tema della montagna è stato scelto perché ci siamo sempre più concentrati sulle dimensioni più ristrette, non per abbandonare una visione più ampia, ma perché nel piccolo trovi tanti significati, tante possibili vie di sviluppo, profondità di relazioni. Abbiamo una serie di progetti, come il co-living, che sono tarati su queste dimensioni. I territori di montagna, in Trentino e non solo, hanno caratteristiche molto adatte a questa intenzione. Sono luoghi dove coesistono ancora valori familiari, di partecipazione e di condivisione, magari non brillano per le loro capacità comunicative, però sono straordinariamente profondi dal punto di vista delle relazioni fra le persone e quindi vanno valorizzati.

fondazione franco demarchi 1

A proposito del rapporto tra montagna e giovani e rispetto alla sua esperienza di dirigente scolastico e di educatore, quali sono secondo lei le difficoltà che un giovane incontra in un ambiente di montagna?

Secondo me un giovane non incontra difficoltà per il fatto che si trova in un ambiente di montagna. La maggiore difficoltà che i giovani incontrano dal mio punto di vista è l’occupazione da parte degli adulti di tutti gli spazi, a prescindere che ci si trovi al mare o in montagna. È una cattiva abitudine del mondo dei grandi, che è collegata a un profondo bisogno di affermare sé stessi. Faccio un esempio per farmi capire: mio padre e mio nonno non hanno mai fatto le cose per loro stessi, per dare da mangiare al proprio ego; l’hanno fatto invece per lasciare qualcosa ai propri figli, a chi veniva dopo. Questo meccanismo si è interrotto e l’uomo adulto ha cominciato sempre più a vivere per cercare di soddisfare sé stesso e questo ha portato a delle disfunzioni del sistema.

Ci sono persone che a 60 o 70 anni ancora occupano posizioni predominanti e non vogliono lasciarle, facendo leva sulla loro esperienza. Già prima di andare in pensione bisogna coinvolgere i giovani se si vuole veramente rendere grazie a ciò che essi hanno diritto di avere, senza limitarsi a fare convegni per loro. Credo che su questa strada si possano costruire dei bei modelli.

Ci sono progetti in corso e nel futuro della Fondazione dedicati ai giovani?

Altroché! Se potessi, farei abitare giorno e notte i giovani in Fondazione. Per esempio abbiamo chiamato l’Istituto d’Arte per rendere un po’ più bello l’edificio, che possiede alcuni spazi angusti. Una quinta classe ci farà dei bozzetti e delle proposte durante il corso dell’anno. Abbiamo poi inserito in Fondazione Demarchi da quest’anno, su mandato del decisore politico, la parte educativa, ovvero tutto il rapporto con il mondo delle scuole. Uno dei progetti che abbiamo studiato e che vogliamo mettere in campo è una proposta come la vostra (di Agenzia di Stampa Giovanile, ndr) – con l’idea, anzi, di potenziare la vostra proposta – per narrare i territori da un punto di vista molto particolare, che attualmente non è contemplato. Ogni luogo ha le sue peculiarità, un’anima profonda: come fa quest’anima a essere trasferita da una generazione all’altra attraverso i processi educativi?

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Non riguarda tanto le scuole, gli educatori e i servizi sociali. È una questione di territorio, di persone, di come circola la responsabilità educativa all’interno di esso. Mi piacerebbe far narrare un Trentino di cui fino a oggi non ho mai sentito parlare e che è potentissimo. Prima raccontavo a qualcuno di voi l’esperienza di mio figlio, che dagli 11 ai 17 anni ha fatto l’allievo Vigile del Fuoco a Pergine ed è stata la più straordinaria esperienza educativa che io abbia mai incontrato.

Qual è l’insegnamento da trarre da questa esperienza?

Un’essenzialità di processi educanti, una condivisione, una forza anche simbolica nelle azioni e una capacità di sintesi di molti significati, che io consiglierei come metodo a tutti. Questo è solo un piccolo esempio, ma ci sono le Proloco e altre iniziative che non sono catalogate nel repertorio dei soggetti educatori secondo principi istituzionali, eppure rappresentano la potenza del territorio. Quindi, credo che questi aspetti meritino di essere raccontati, ma non da me, deve essere raccontata da voi giovani.

Qui l’articolo originale.

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