9 Giu 2021

Come imparare a comunicare ci può rendere liberi, sani e consapevoli

Scritto da: Emanuela Sabidussi

Comunicare in maniera più consapevole può avere come conseguenza relazioni più sane verso noi stessi e gli altri. Abbiamo rivolto qualche domanda a tal proposito a William Giangiordano, docente e fondatore dell'Università Popolare per l’Evoluzione Umana di Roma, che sostiene quanto la comunicazione sia centrale nella crescita, del singolo e della collettività.

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Imperia - Comunicazione. Mi sono trovata spesso a soffermarmi sul significato di questa parola, perché nonostante sia usata – e abusata –  sempre più in questi ultimi decenni, il suo senso più profondo spesso si perde nei meandri di mille concetti senza alcun significato reale. Cogliendo dunque l’occasione dell’evento formativo del 26 giugno organizzato dall’ass. D.C.A. di Imperia, ho rivolto qualche domanda a William Giangiordano, docente di comunicazione e fondatore di U.P.E. (Università Popolare per l’Evoluzione Umana) di Roma.

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COMUNICAZIONE UMANA INTERATTIVA

William Giangiordano ha iniziato diversi anni fa un percorso di ricerca e crescita personale che l’ha portato ad approfondire diversi temi, soprattutto la conoscenza con sé stesso. Da questi viaggi interiori sono nati diversi progetti sulla facilitazione di relazioni a sostegno di professionisti, aziende e gruppi. Da circa dieci anni è docente di Comunicazione Umana Interattiva, una disciplina che «sviluppa il potenziale umano e consente esperienze che stimolano l’espansione e l’evoluzione umana, rivolta a chiunque desideri accrescere la propria consapevolezza e il proprio benessere».

PERCHÉ LA COMUNICAZIONE

«La comunicazione è alla base di tutta l’esistenza umana e di tutto ciò che ci circonda: i piccioni, le formiche, le acque, le piante e gli uomini, nonostante le loro difficoltà. Tutto è in relazione ed è impossibile il contrario». William mi racconta di come tutti noi siamo dei microsensori grazie alla nostra pelle, il nostro derma, che trasforma le sensazioni ricevute dall’esterno verso l’interno e così le trasmette a ogni singola parte del nostro corpo. Agli stimoli corporei e sensoriali vengono associate emozioni vissute, le quali riemergono più o meno consapevolmente al sorgere delle stimolazioni esterne.

Come si impara dunque ad autoconoscersi, a comprendere i propri meccanismi verso il mondo e verso sé stessi? «L’essere umano – spiega William – oggi non ha competenze sull’unica cosa su cui dovrebbe averle: sé stesso. E non ci sono scuole specifiche che formino sull’autoconsapevolezza. La nostra idea è quella di creare un metodo per conoscere noi stessi, in quanto è l’unico sapere di cui abbiamo veramente bisogno, eppure è la più grande carenza della nostra vita». E così quando le persone si rendono disponibili a guardare nuove traiettorie dentro di sé, lontane da prospettive già conosciute, lontane da pregiudizi e proiezioni, hanno la possibilità di comprendere un nuovo mondo, fatto di nuovi punti di vista, nuove opportunità.

QUANDO LA RESPONSABILITÀ HA INIZIO

«Ci è stata “venduta” male la responsabilità, in quanto l’effetto che produce questa parola in ognuno di noi è tutt’altra cosa rispetto alla realtà. Responsabilità per me è essere liberi e padroni di qualcosa. Ed è così anche per la comunicazione e l’impegno, che sono cardini dell’essere umano e concetti mal compresi, come la stessa libertà.» Partendo proprio da quest’ultimo concetto William mi racconta di come chiedendo a venti persone cosa voglia dire per loro, ognuno avrà infatti un’idea diversa di cosa sia la libertà. Il significato di altri concetti però viene condiviso, soprattutto di quelli che risuonano in più ambiti umani ed è proprio da essi che nascono i mondi dei condizionamenti, dei falsi miti, di concetti mal compresi. «Noi non siamo colpevoli e nemmeno responsabili solo fino a quando non sappiamo. Solo da quel momento in poi iniziamo a esserlo.»

DALLA NON COMUNICAZIONE AL SORGERE DI  DISTURBI 

Grazie ad Elisa Amelia ho scoperto quanto le relazioni siano alla base di disturbi comportamentali, come quelli dell’alimentazione, ma non solo. Ascoltando William comprendo quanto siano ancor più estesi i possibili disturbi a cui noi tutti possiamo andare incontro in qualsiasi momento della nostra vita perseguendo atteggiamenti non sani: dai singoli disagi sino alle malattie. «Se non esprimo ciò che sento con mio padre e lui fa lo stesso con me, rimarremo due mondi sconosciuti, che continueranno a sviluppare rabbia, anaffettività, malattie. 

La mancanza di comunicazione o una comunicazione disfunzionale possono generare l’insorgenza di sintomi e problematiche sempre più gravi. Basti pensare che ad esempio il complesso di inferiorità si genera su pensieri che io ho sviluppato su me stesso, spesso senza sapere neanche quando si sono radicati in me. Se io riesco a essere in linea con il mio sentire profondo tutto è gestibile, altrimenti anche l’azione più semplice diventa un problema».

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LA COOPERAZIONE VINCE SULLA SOLITUDINE 

«Veniamo al mondo soli e con una convinzione che determinerà tutto il nostro agire, ce la portiamo dietro per tutta la vita – “me la devo cavare da solo” – e ciò ci porta ad apprendere per tentativi ed errori. Al contrario l’esperienza ci potrebbe insegnare in egual modo, senza sofferenza, mettendoci in relazione con altri e altro e consentendoci di imparare grazie a loro. Ciò richiede però umiltà, che non tutti e sempre siamo disposti a mettere in gioco. Ma questo passaggio ci permetterebbe di accrescere la fiducia, imparare a credere in noi stessi e accelerare così grandi cammini che ci consentirebbero di conoscerci prima». Possiamo dunque apprendere, dal pensiero di William, che la saggezza sia strettamente legata più all’umiltà che a una mera questione di età anagrafica, come si crede.

IL PENSIERO LIBERO

Attraverso il percorso proposto si ha la possibilità di avere un nuovo punto di vista attraverso riflessioni su singoli aspetti della propria vita che vengono condivisi e su cui si lavora singolarmente e collettivamente. «Durante il percorso proposto, la propria intelligenza emotiva, che è articolata, si mette in moto perché stimolata. Inizia così a creare una serie di collegamenti che, per via dei nostri risentimenti, pensieri, condizionamenti e convinzioni, sino a quel momento non ci siamo dati l’occasione di vedere. Ciò porta a un’autonomia di pensiero libero da tutto e tutti, compreso da noi stessi.

E sono convinto che un mondo che ragiona da sé è molto più difficile da gestire, perché si passa da essere automi a essere autonomi, perché produce un pensiero libero, non in reazione a qualcosa, ma disinibito, disinvolto, partecipe, distaccato, non coinvolto». E uno degli approdi della comunicazione, da questo punto di vista, è l’autonomia: ovvero il saper comunicare con se stessi e gli altri.

Sentendo parlare William mi viene in mente di quanto oggi, più che mai, avremmo necessità di un maggior numero di persone che sappiano ascoltare loro stesse e gli altri, che sappiano vivere nel presente senza farsi trascinare da notizie fuorvianti e stimoli inconsistenti. «Sì – mi conferma lui –, è un periodo di grande confusione, ma è anche una grande occasione per radicarsi al terreno, vivere nel presente e scoprire che tutto ciò che sta accadendo è una proiezione delle nostre paure e di persone che, purtroppo, se ne stanno approfittando».

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