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«Non ci credo! L’ha fatto ancora!» tuonò Tor tra l’arrabbiato e il divertito.
«Cosa succede?» chiese curiosa Margie, la folletta al suo fianco.
«Di nuovo fiori a dicembre! Cosa avrà mai in testa?».
Margie si portò la mano al viso cercando di coprire una risata che non riuscì a trattenere.
Entrambi sapevano chi c’era dietro a quella magia di un prato ricoperto di fiori di tanti colori che avevano davanti. Non era la prima volta che la folletta Svetly, presa da un impeto di allegria incontrollabile, faceva nascere fiori, nonostante il freddo e la neve. E in effetti era proprio lì, tutta presa dalla creazione di nuovi fiori che, impauriti dalla temperatura, non ne volevano sapere di sbocciare. Nessuno aveva idea di come ci riuscisse. L’unica spiegazione possibile ipotizzata dagli amici folletti era che l’allegria di Svetly non fosse composta della stessa sostanza di cui era fatta quella degli altri essere elementali. E prova ne era che ogni qual volta Svetly ridesse tutto ciò che aveva intorno prendeva colori e sfumature più accese.
Nel frattempo nel mondo degli umani Noemi si era appena alzata e stava cercando la forza di raggiungere la sveglia con la sua mano.
«Nooooo, ancora un attimo»
Ma la sveglia non aveva mai ricevuto in dono la capacità di attendere e quindi, passati due minuti, tornò a risuonare a un volume che sembrò ancora più alto.
«Drin Drin Drin!»
Appena Noemi si alzò, si ricordò che una lunga giornata la stava attendendo e sentì la voglia di tornare nel suo caldo e accogliente letto. Ma riuscì a resistere e fece bene, perché ad attenderla fuori dalla porta della sua camera c’era Penny, la cagnolina che viveva con lei. Dopo una veloce colazione si vestì e uscì, seguita dall’amica a quattro zampe, per fare una passeggiata.
Anche Svetly era in giro e presa dalla sua voglia di rendere il mondo più variopinto stava cercando di colorare un piccolo abete di un rosso acceso.
«Non ti vergognare, piacerai tantissimo!» cercava di convincerlo
«Non si è mai visto un albero rosso in pieno inverno dalle nostre parti. Mi prenderanno tutti in giro»
«Ma per nulla. Sarai la star del momento!» lo dissuadeva lei
«Ok, ti lascio un po’ di tempo per pensarci, torno più tardi così mi dirai cosa hai deciso!»
E nell’attesa andò nel suo luogo preferito, che aveva soprannominato il “Mio Posto Magico”: una cascata avvolta da un bosco fitto rendeva quell’angolino unico e protetto da sguardi poco attenti sia dal mondo degli esseri elementali in cui lei viveva, che da quello degli umani: due universi sovrapposti creati per potersi sfiorare, ma mai toccare.
«Penny, Penny. Dove sei finita?». Dopo pochi minuti dalla loro uscita, nel frattempo, Noemi aveva perso la sua cagnolina e la stava cercando in ogni stradina, sentiero, abitazione, vicino a casa.
«Mi senti? Penny, vieni da me!»
E nell’esplorare luoghi nuovi in cui mai avrebbe pensato di addentrarsi, Noemi si trovò davanti a un piccolo sentiero che andava stringendosi, a causa di grandi alberi sempre più fitti, che portavano a una piccola cascata creata da un fiumicello, che saltellando di roccia in roccia portava l’acqua vero il fondo valle.
«Sei qui Penny?» chiese stanca e scoraggiata Noemi. E vedendo un grande masso ai piedi della cascata, vi si sedette sopra per ammirare quel luogo e cercare consolazione.
Arrivata al suo Posto Magico Svetly si accovacciò su una grande roccia a fianco del corso d’acqua per specchiarcisi dentro e fu lì che sporgendosi in avanti la vide.
Era accanto a lei, o meglio era fuori di lei, tutta intorno. Era donna umana dai lunghi capelli castani raccolti in una treccia. Inizialmente si spaventò, iniziando a tremare dalla paura, ma appena comprese che non correva pericoli tornò in sé e si mise in ascolto. Il corpo di Svetly e quello della umana si trovavano sovrapposti, così tanto vicini da potersi percepire, ma troppo lontani per potersi toccare e capire. Per un breve ma infinito istante Svetly e Noemi si trovarono insieme, in tempo e spazio sospesi, come se nulla prima e dopo fosse mai esistito.
L’una dentro all’altra si dimenticarono chi fossero e le loro anime danzarono leggere sull’acqua. Un strana e inedita prima pace si diffuse dentro di loro: entrambe avevano passato una vita pensando di essere sole, sicure che niente e nessuno avrebbe mai potuto acquietare quella strana sensazione di incompletezza che si portavano dentro. E invece d’un tratto… era scomparsa senza lasciare traccia, come se non fosse mai esistita. E sparendo aveva guarito anche tutte le ferite del loro passato, i desideri mancati, le aspettative crollate e i ricordi di chi aveva fatto loro del male.
Fu un istante, ma le loro vite non furono più le stesse. Come avrebbero potuto? Avevano appena scoperto insieme l’amore, quell’essenza che quando è pura, liberata da preconcetti e paure, rende l’impossibile possibile.
Una leccata in faccia fece rinvenire Noemi. Si trovava a fianco della cascata e Penny le stava mostrando la sua immensa gioia per averla ritrovata.
«Eccoti! Ma dove sei stata?» le chiese Noemi alzandosi in piedi e, seguita dalla cagnolina, uscì dal bosco e si avviò verso casa. I pensieri continuarono a tornare a quel luogo per le successive ore, giorni, mesi. Cosa era accaduto? Aveva sognato? Avrebbe potuto giurare di non aver mai provato qualcosa di simile prima e di non averlo mai provato neanche successivamente. Con il tempo i ricordi iniziarono a confondersi. Aveva ceduto ai dubbi della sua mente, che non riuscendo a trovare una spiegazione logica l’avevano convinta che si fosse trattato di un bellissimo e magico sogno. E così non tornò mai più in quel luogo. Forse per insicurezza, forse per paura.
«Eccoti! Eri finita qui» esclamò Tor facendo il suo ingresso in cima alla cascata del Luogo Magico, vedendo Svetly lì seduta.
La folletta riaprì gli occhi, interrompendo anche lei quel Momento.
«Ah ciao! Sei tu?» chiese confusa
«Ho interrotto qualcosa?» chiese Tor
«No, no. Non… »
«Cosa succede mia cara? Sembri confusa» le chiese con la gentilezza e la serenità che lo contraddistingueva.
Svetly ci pensò un attimo, poi chiese «Tu credi nell’amore?»
«Non credo si possa credere o meno nell’amore. Credo che si possa aver già provato o no cosa sia. Quindi sì, so che cos’è; è passato molto tempo, ma ricordo bene cosa avevo provato»
«…» Svetly non parlò. Passò diverso tempo a concentrarsi nel far riaffiorare quella strana sensazione provata, quel mix di gioia profonda e fiducia totale verso la vita. Tor se ne andò, i giorni passarono. I mesi si diedero il cambio. Ma un pensiero continuò a inseguire Svetly. Attese il suo ritorno, la cercò, sperò di dimenticare. Ma nulla. Era ancora lì.
E così un giorno decise. Decise che valeva la pena andare a cercare quell’amore. Qualunque forma avesse avuto. E così partì, questa volta non per luoghi da colorare, ma verso una nuova forma di vita, mai provata prima. Lasciò il mondo degli elementali per nascere a nuova vita nel mondo degli umani.
Passarono gli anni, non molti, forse due, forse tre. La vita di Noemi era sempre più bella e felice, ma qualcosa mancava. Si trovava fuori dal cancello di casa, in compagnia di suo marito, che cercava di mettere il guinzaglio a una Penny più euforica che mai, apparentemente senza motivo. D’un tratto, come per magia, alzando lo sguardo la vide.
Era poco meno alta di un metro, occhi grandi e profondi castani e pelle scura quanto le montagne. Aveva i capelli spettinati con una lunga frangia e un sorriso grande quanto il mare. Era la bambina più bella che il mondo degli umani avesse mai visto. Penny corse a darle il benvenuto.
Noemi confusa non riuscì a muoversi per diversi attimi. La mente non comprendeva come potesse succedere: il corpo elettrizzato, l’anima per la seconda volta era immersa in una danza di gioia. Era Amore quello che provava, ne era certa, composto della stessa sostanza di quello conosciuto per altri umani a lei vicini, ma di una forma unica e preziosa. Svetly e Noemi non si conoscevano ancora, ma le loro anime si erano già sfiorate, legandosi per sempre: un’amore di sicuro destinato a sopravvivere a tutto, al confine tra due mondi che finalmente, per la prima volta, potevano toccarsi.
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