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Vercelli - Pillole in Versi nasce come sogno in una sera d’inverno, con la pandemia in corso, e «oggi è un progetto che spera di fare del bene alla gente, farla sentire accolta, piena di bellezza, grazie alla cura della parola e della poesia». L’iniziativa parte da una intuizione di Maria Rosa Panté, docente responsabile dell’educazione civica nella scuola IIS Lancia di Borgosesia, in collaborazione con la commissione educazione civica dell’Istituto e i coordinatori di altre scuole locali.
L’idea alla base è molto semplice e proprio grazie alla sua semplicità è riuscita a coinvolgere grandi e piccoli, avvicinando le persone in un momento di grande distanza: «La parola è azione e può essere pugno che ferisce, ma soprattutto può essere carezza che cura. L’iniziativa ha quindi questo obiettivo: far capire ai ragazzi/e, dalle scuole elementari alle superiori, che ogni volta che usano una parola possono scegliere se fare una carezza o dare uno schiaffo».
E secondo Maria Rosa la poesia è la parola che cura per eccellenza. Così è riuscita a coinvolgere, grazie al supporto di dirigenti e docenti scolastici, più di trenta classi di ogni ordine e grado. A partire dalle lezioni di educazione civica, i ragazzi hanno scelto, raccolto o scritto dei versi di poesie, testi o canzoni che sono stati trascritti su dei foglietti, riportando il proprio nome ed età, oltre che il nome dell’autore dei versi. Successivamente i “messaggi” sono stati stampati e racchiusi all’interno di alcune scatole decorate con la scritta “prendi un verso”, che sono state collocate nei luoghi di cura del paese di Borgosesia.
Pillole in Versi è stato pensato per coinvolgere l’intera comunità: dalle farmacie ai centri medici, dalle librerie alla casa di riposo (RSA), dal centro di salute mentale a quello per l’Alzheimer. Insomma, tutti hanno collaborato come hanno potuto per dare vita a questa azione diffusa di cura reciproca. Così le scatole sono state messe a disposizione di chiunque avesse voglia di prendere – insieme a un farmaco, una ricetta oppure un libro – un biglietto donato da uno sconosciuto.
Ma non solo. Alcune scatole con la scritta “lascia un verso” sono state poi posizionate in vari spazi del paese, destinate a chi volesse contribuire e lasciare il proprio messaggio: i luoghi di cura, le librerie, l’ortofrutta, la panetteria. Luoghi ricchi di vita frequentati quotidianamente dai cittadini durante la giornata. Così anche un libraio, un fruttivendolo o un panettiere si sono magicamente trasformati in poeti per un giorno, pronti a ispirare, come in una reazione a catena, altre persone.
All’iniziativa hanno contribuito anche alcuni poeti con le loro produzioni già edite, mentre alcuni dei partecipanti, tra versi inventati e “presi in prestito”, hanno scelto di appuntare sul foglio il possibile destinatario del loro contributo: persone depresse, stanche o “malate” d’amore. Perché tutti abbiamo bisogno di un pensiero, di un conforto, e quando arriva nel momento in cui meno ce lo aspettiamo, è capace di diventare un vero dono.
Come ha raccontato Maria Rosa, «vogliamo far conoscere l’evento perché sarebbe bello che in molti altri luoghi si ripetesse l’esperimento; forse migliorerebbe davvero la salute di tutti/e e sarebbe attuabile grazie all’educazione civica, ormai obbligatoria nelle scuole di ogni ordine e grado».
Proprio così le “pillole in versi” vogliono dimostrare che la gentilezza è contagiosa e che un gesto, seppur piccolo, può strapparci un sorriso, farci emozionare o – perché no? – può addirittura cambiarci la giornata. In questo modo una semplice frase custodita in un piccolo foglio di carta può far sì che una persona ne coinvolga altre cinque, dieci, cento. Centinaia persone che diffondono con amore “atti poetici” trasformandoli in una vera cura dell’anima. E non importa a chi saranno destinati, perché il loro effetto è assicurato.
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