Mediazione tra pari: ecco la scuola dove i bambini fanno pace senza adulti
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Palermo - Nelle scuole le controversie tra i bambini e i ragazzi vengono spesso risolte con l’intervento esterno di un adulto che decreta chi ha ragione, chi torto e chi dovrà chiedere scusa, anche se molto spesso dati i conflitti pregressi, i piccoli torneranno ben preso a litigare. In un istituto comprensivo – che include scuola d’infanzia, primaria e secondaria di primo grado – con due plessi, uno nel quartiere Noce e l’altro alla Zisa di Palermo, si sperimenta la nuova tecnica, risultata vincente, della mediazione fra pari: a mediare tra i due litiganti è un coetaneo.
Tutto nasce grazie a un progetto Erasmus a cui la scuola palermitana ha partecipato insieme a tanti altri istituti di altri paesi, fra cui la Turchia, che già da sette anni sperimenta questa metodologia innovativa. «Qui in Italia la modalità per affrontare i conflitti tra studenti – spiega la professoressa Marilena Salemi, vice preside – è legata all’intervento di un adulto, che commina una sanzione e decreta chi è la vittima e chi il colpevole. Al contrario, tra pari si prova a ragionare insieme e a superare il contrasto e gli attriti preesistenti, ma seguendo delle regole ben precise che devono essere messe in campo da ogni parte coinvolta».
La professoressa Salemi, insieme ad altri colleghi della scuola Antonio Ugo di Palermo, ha visitato la scuola turca formandosi sulla “mediazione tra pari”. Al ritorno in Sicilia, il primo passo è stato selezionare degli studenti mediante dei test oggettivi, poiché i mediatori devono avere delle caratteristiche specifiche: la capacità di ascoltare, pacatezza e la propensione a essere neutrali. Questa modalità di gestire i conflitti parte infatti dalla consapevolezza che nessuno ha ragione, ma una parte di ragione o di torto ce l’hanno tutti i contendenti; dopo che essi hanno preso coscienza delle cause del conflitto quindi, devono trovare delle soluzioni insieme, sempre grazie alla conduzione del loro compagno mediatore.
Devono essere i ragazzi in conflitto a chiedere che avvenga la mediazione. Per mettere in pratica quella che ormai è una modalità consolidata – e anche apprezzata dai ragazzi della scuola – si è dedicato uno spazio neutro, un’aula della mediazione dipinta di blu. È stato anche acquistato un tavolo apposito a forma di triangolo alla base del quale siede il mediatore in modo che le due parti in causa si possano guardare in faccia. Alle pareti ci sono le regole da seguire: non urlare, non insultare, non infierire, non interrompere, non dire parolacce. Se e quando si arriverà alla risoluzione del conflitto si compilerà un patto, una specie di contratto dove si dice che la mediazione è andata a buon fine, ed entrambe le parti in causa firmeranno per sancire la pace.
«I ragazzi chiedono spesso questa modalità di risoluzione dei conflitti», conclude la professoressa Salemi. «Sono circa trenta i mediatori; siccome è già un paio d’anni che abbiamo adottato questa prassi, diversi mediatori che prima frequentavano la scuola primaria adesso sono nella secondaria. Non appena la scuola tornerà ad avere un assetto di normalità, in presenza, formeremo nuovi mediatori nella scuola primaria. Siamo convinti che la mediazione sia una forma di civiltà. Sviluppare nei ragazzi questa metodologia ha un forte impatto anche nella loro vita sociale: quando i ragazzi si trovano a vivere i conflitti con un bagaglio di questo tipo rafforzano il loro autocontrollo. La motivazione nella crescita dello studente è fondamentale».
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