Lunghissimi, ispiratissimi giorni pre-operatori. BB e l’ospedale
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“Questo sappiamo. Che tutte le cose sono legate come il sangue che unisce una famiglia… Tutto ciò che accade alla Terra, accade ai figli e alle figlie della Terra. l’uomo non tesse la trama della vita ; in essa egli è soltanto un filo. Qualsiasi cosa fa alla trama, l’uomo lo fa a se stesso”. (Ted Perry, ispirandosi al capo indiani Seattle)
Questo leggi, BB, mentre si avvicina sempre più la data dell’intervento risolutivo di questo lungo anno vissuto tra operazioni e ospedali. Si avvicina la data, ma tu continui a tessere la tua rete e a leggere proprio sulla salvezza che è “La rete della vita1”. Leggi e tessi. Tessi e rifletti. Rifletti e ringrazi tutti i fili della rete della tua vita che hanno reso, quest’anno, ma soprattutto questi giorni precedenti l’intervento, giorni affrontabili. Possibili. Superabili. È la forza di questa rete che, avendoti già salvato più di una volta, continua a darti il carburante necessario per non mollare mai. Come arrendersi, infatti, di fronte un simile ostacolo, quando si ha tanta fortuna? Come buttarsi giù o perdersi d’animo avendo un così solito appiglio? No, BB non si arrenderebbe mai serbando in sé la forza di tanto amore.
Perchè l’altruismo è alla base dell’evoluzione |
Il capitolo di questa nuova puntata della tua storia, BB, ha inizio alle primi luci dell’alba, due giorni prima dell’operazione in cui ti cuciranno in testa un opercolo cranico costruito in materiale biocompatibile, con una stampante 3D. In questa grigia mattina ti dovevi recare in ospedale per le analisi e gli esami necessari al ricovero. Così, almeno, era previsto. Senza prendere il solito caffè dolce del risveglio, caricata la macchina con zaini, valigia, pc e cibarie, eri pronta a partire. Quasi dovesse imbarcarti per uno dei tuoi lunghi viaggi in giro per il mondo. invece, stavolta, la destinazione la conoscevi bene, e non era così piacevole. “Papà è sempre stato convinto che ce l’avresti fatta a superare tutto questo …”.
”Grazie papà, sono così fiera di noi”. Questo, prima di uscire di casa, lo scambio di battute avuto la roccia presente ad ognuno dei passi compiuti da te, BB, in questo lungo anno di rinascita e di tessitura. Tuo padre : un filo importantissimo della tua rete. “Sono in questa grande sala d’attesa colma di gente a braccetto dei parenti e della paura”. Scrivi sul tuo diario che ormai porti sempre in tasca e dove trascrivi le impressioni e le frasi che t’investono, all’improvviso, quasi come assalita da forze brute. “M’è partito er mostro”, ironizzi per avvisare chi ti è intorno e ti vede smettere qualsiasi attività, per scrivere.
“M’è partito er mostro, anche qui in ospedale.” Scrivi ancora: “E non posso non dargli peso, non riesco a non vedere che tutto ciò che mi accade, dentro e fuori, spesso si tramuta in ispirazioni per parole e frasi, appuntate velocemente e scritte ancora più voracemente. Non posso non accorgermi che lo scrivere, anzi il de-scrivere ogni cosa sia un’incredibile valvola di sfogo, una reazione positiva a tutti gli eventi bui di quest’ultimo anno. O forse a ogni momento buio anche della precedente vita. È un intermediario, un mediatore tra i sistemi simpatico e parasimpatico che lottano dentro me. E quante volte, questo mostro ispirato di parole mi ha salvato da un naufragio certo, traghettandomi in un mondo migliore della realtà!”.
È un mostro che ti ha aiutato a vincere l’immediato periodo dopo le dimissioni, nell’estate 2020, permettendoti di scrivere proprio sulla rivista da te tanto amata, Italia che Cambia. Ma è un mostro che ti ha soccorso quando vivevi a Parigi e trascorrevi ore e ore a camminare, sola, per le rues affollate della città, i vicoli bui della Ville Lumière, accompagnata soltanto dal suono dei tuoi passi e da fiumi di parole, gonfi come la Senna che scorreva al tuo lato. Di decine e centinaia di “mostri” letterari è costellata la tua vita, BB ; potresti raccontarla a suon di storie che iniziano proprio con un mostro creativo. Ne verrebbe fuori un libro ”La sindrome dei cominciamenti”… ma questa è un’altra storia …
Torniamo alla sala d’attesa e alla gente, come te a braccetto dei propri cari e della paura. “Queste due cose ci accomunano tutti: siamo tutti in attesa del nostro turno, appesi alla corda della speranza, ma soprattutto speranzosi che la corda non si trasformi in cappio. La fila è talmente lunga che comincia fuori dall’edificio. Tuttavia, la mia attesa dura pochissimo perché un’inserviente mi fa passare davanti a tutti. ‘Lei è speciale’, dice dopo aver chiesto a mio padre se fossi maggiorenne. Non biasimo che il mio aspetto e il casco che indosso, infondano pietà negli altri. Al contrario, adesso è perfino conveniente essere privilegiata per il mio handicap, ma spero in futuro che non sia più così. ‘Venga qui, signora, compili i moduli e si accomodi subito’, fa eco all’inserviente un’infermiera. Un po’, però, fa male tutto ciò. Perché anche se è conveniente, fare pena per il mio aspetto è stato molte volte utile quest’anno, ma altrettanto doloroso”.
Non spaventarti, BB! Prima incutevi rispetto e paura per la tua rigidità e perfezione maniacale, ora invece per la tua debolezza e l’aspetto che indossi … ma non temere, non c’è tempo per soppesare il passato più o meno recente, ci sono troppi esami ed analisi cliniche da fare. E poi ci sono sempre quelle due voci antagoniste che urlano e ti scuotono BB: le grida del sistema simpatico che ti paralizza di paura stimolando reazioni di attacco o fuga, stringendoti stomaco e gola, e facendoti tremare le gambe. E, di rimpetto, il docile sistema parasimpatico, antagonista buono, che ti abbraccia forte e ti sussurra dolcemente “Andrà tutto bene, BB, vedrai. Andrà tutto bene!”.
Sei stata visitata, punta con l’ago delle analisi del sangue, attaccata con adesivi e pinzette al macchinario dell’elettrocardiogramma, tamponata nella gola con un lungo e fastidioso cotton fioc. Dovresti, allora, essere pronta per il ricovero. Ma l’ospedale, benché uno dei migliori di Roma, è pur sempre parte del complesso ingranaggio della burocrazia all’italiana, dove non tutte le cose vanno “come da protocollo” e dove è facile che per un piccolo errore, o per una svista, s’intoppi l’intero ingranaggio. Secondo le procedure della pre-ospedalizzazione, infatti, eri pronta ad essere ricoverata. Ma la svista di aver effettuato solo il tampone rapido, piuttosto che il molecolare non ti permette di entrare nel reparto di neurochirurgia, tua prossima dimora per i giorni che verranno. Sei un potenziale veicolo di contagio e senza il responso negativo del tampone molecolare non puoi accedere al ricovero. “Torni giù e si faccia il tampone molecolare. Poi torni a casa e ritorni in serata perché i risultati non saranno pronti prima di sei ore.” Così ti ordina la caposala. E allora torni giù, salti di nuovo la fila, rifai la trafila per il tampone, riporti le valige, il pc e la borsa in macchina e torni a casa. Anche il cane sembra stranito nel rivederti.
No, BB non è tutto finito. Deve ancora cominciare. Passa veloce la giornata e l’ospedale è sempre lo stesso di poche ore prima. Riprendi le valige, il pc e la borsa dalla macchina e ti avvii al reparto. Ma è ancora presto. Passa un’ora. Due. Tre. Alla quarta ti affacci per richiedere, l’ennesima volta, se il responso è arrivato, se puoi ricoverarti. “Ancora niente, signora, ci dispiace. Vista l’ora forse è meglio che torni a casa e venga qui domani mattina. Almeno dorme tranquilla.” Dormire tranquilla, come se fosse anche solo possibile dormire con tutto questo stress… e di nuovo, per la quarta volta in un solo giorno, prendi le valige, il pc, la borsa e ritorni a casa. Ormai neanche la tua cagnolina ci fa più caso. La mattina dopo sei di nuovo al reparto, stavolta per non uscirci più, almeno fino all’operazione prevista per la mattina successiva.
Continua…
1 – Fritjof Capra, La rete della vita, Bur Rizzoli, Milano 2018 ;
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