Il Melograno: quando nasce un bambino nascono una mamma e un papà – Amore Che Cambia #9
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Nella nostra “tappa veneta” del viaggio nell’amore e nel sesso che cambia, abbiamo incontrato Isabella Sciarretta, presidente de Il Melograno – Centro Informazione Maternità e Nascita, un’associazione che oggi ha 16 sedi in Italia ed è nata esattamente quaranta anni fa, fondata da un gruppo di femministe decise a “riprendersi” la maternità. Un’associazione di mamme per le mamme il cui motto è: “Quando nasce un bambino, nasce una mamma e un papà” e in effetti è proprio così.
Il Melograno rappresenta un punto di riferimento per le donne che desiderano vivere la maternità e il parto da protagoniste, nel rispetto delle proprie scelte, della propria individualità, della propria cultura. Promuove una cultura della nascita rispettosa dei ritmi fisiologici del parto, dell’intimità, delle emozioni e dei bisogni affettivi della coppia e del bambino, secondo le indicazioni dell’OMS. Lavora per garantire la continuità dell’assistenza nell’intero periodo dalla gravidanza, al parto, al puerperio, ai primi anni di vita. Favorisce la socializzazione e la condivisione delle esperienze legate alla maternità.
Il Melograno porta inoltre avanti una serie di proposte come la demedicalizzazione del parto, un tema con cui oggi tutti gli operatori sanitari si confrontano, ma che in passato era al centro del dibattito. «Le donne che arrivavano a partorire con questo tipo di sensibilità dovevano affrontare molti ostacoli», ci spiega Isabella. Adesso loro sanno che anche negli ospedali il parto può essere un’esperienza di sé e del proprio corpo. Il Melograno, ormai, “va a braccetto” con tante realtà come quella dell’associazione culturale dei pediatri, che nel tempo ha detto che “la salute del bambino è portata della famiglia, non nostro. C’è stato un momento in cui la salute del bambino l’abbiamo presa in carico noi ed è stata una cavolata assoluta. Perché a noi sta la malattia del bambino, la salute del bambino va seguita dalla famiglia”.
Anche lo svezzamento non è una questione di ordine sanitario ma di costume, legato a una esperienza che il bambino può fare e fa all’interno della sua famiglia. Sostenere queste idee quarant’anni fa era difficile, adesso sono molto più diffuse e accettate. Il Melograno è diventato anche il formatore del mondo sanitario: «Con AIED – spiega Isabella – facciamo formazione negli ospedali. Anche in ambito scientifico il lavoro è diventato più facile».
Non solo attività per le mamme però. Il melograno, infatti, ha deciso di lanciare un progetto diretto “all’altra metà del cielo” chiamato Mani di papà, nato con l’intento di lavorare sulla paternità, facendosi domande sull’esperienza degli uomini che decidono di mettere al mondo dei figli. «Abbiamo organizzato convegni, incontri, mostre sul tema. È da tempo che nel gruppo veronese abbiamo deciso di lavorare su questo filone in maniera strutturata. L’occasione ci è stata data da un progetto di Regione Veneto per il volontariato, finanziato dal Ministero del Lavoro».
«All’interno del bando – prosegue Isabella – abbiamo presentato una parte dedicata al tema della paternità. Il progetto chiedeva che si facesse un lavoro sul tema della violenza. Grazie alla collaborazione costante con il Telefono Rosa, sappiamo che il tema della violenza in gravidanza è un tema che riguarda un gran numero di donne. L’11% delle donne, infatti, in gravidanza subisce violenza fisica o psicologica dal proprio compagno. Il tema della paternità apre dunque, come deriva, anche al tema della violenza e alla necessità di cominciare a parlarne. Per questo operatori e operatrici devono sapere che possono trovarsi di fronte a questa esperienza. È particolarmente difficile individuare la violenza psicologica. Questa spesso si nasconde dietro un uomo iper-accudente».
Per fortuna ci sono anche uomini disponibili, in grado di condividere il lavoro di cura dei piccoli nella prospettiva della paternità e non – come era una volta – in quella di semplice aiuto alla propria compagna. Questo è un cambiamento importante anche per noi. I lavori precedenti sulla paternità usano un linguaggio che rimandava al pensiero “condividiamo il lavoro di cura, ma perché siamo una coppia che funziona, in un’ottica di sostegno alla donna”. Adesso, invece, il pensiero è “lo faccio perché sono il padre di questo bambino”.
Ci ispiriamo a un programma europeo che si chiama Parent a cui anche l’Italia ha aderito attraverso il Consiglio Superiore della Sanità. Questo progetto si è sviluppato nei consultori anche con formazione e attivazioni di gruppi guidati da facilitatori uomini. Questa è una novità assoluta: così come negli anni ’70 questa condivisione era un’esperienza più diffusa tra le donne, che si attivavano peer-to-peer, cioè donne disponibili nel loro territorio a titolo volontario ad attivare gruppi; allo stesso modo oggi dobbiamo dare strumenti a uomini. Dobbiamo aver fiducia che questi recuperino la voglia di condividere, che almeno per le donne si sta perdendo.
Il sostegno essenziale per mamma e bambino |
Un’esperienza di questo tipo in Italia l’abbiamo solo nel “cerchio degli uomini” di Torino: «Ci vuole grande fiducia anche da parte di noi donne – spiega Isabella –, che spesso siamo le prime a dire che gli uomini non hanno tempo e sono troppo timidi. Sono stati organizzati i cerchi di padri e c’è stata una grande risposta da parte del pubblico: erano previste due edizioni, ne faremo almeno cinque. Li facciamo ogni due settimane, durano quattro incontri e ciclicamente ripartono. Sono gratuiti. I gruppi sono liberi, ma il facilitatore – che è un pedagogista – sa già quali argomenti trattare». Questo nel caso di gruppo i cui figli sono già nati. I padri in attesa invece sono accolti da un ginecologo che tende a dover fare gruppi più frontali. Il progetto è partito con la presentazione del libro “L’allattamento spiegato ai papà” di Alessandro Volta e Ciro Capuano.
Insomma, un po’ come quando si parla del ciclo mestruale – che abbiamo affrontato in un precedente articolo – anche in questo caso sembra che gli uomini stiano uscendo da ruoli che si erano congelati in secoli di patriarcato per poter tornare al centro della scena accanto a donne e figlie/i nella costruzione di un mondo più equilibrato e consapevole.
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