4 Mag 2021

Icorpidicono: cosa pensa il tuo corpo del distanziamento sociale?

Scritto da: Ezio Maisto

Eugenio Di Donato è un ingegnere e scrittore che da qualche tempo gira per le strade di Milano chiedendo ai passanti di raccontare le sensazioni del proprio corpo dopo un anno di distanziamento. L’intento è quello di allestire una mostra urbana dedicata alla parte di disagio e sofferenza che stampa e TV hanno più trascurato in epoca di covid.  

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Milano, Lombardia - Una scatola, cartoncini, qualche penna, un paio di scarpe robuste, una giusta miscela di curiosità, poesia, indignazione. E naturalmente il suo corpo. Sono questi gli ingredienti usati da Eugenio Di Donato, ingegnere e scrittore milanese che da quasi tre mesi macina chilometri a piedi per le strade di Milano con lo scopo di raccogliere la voce dei corpi che, come il suo, reclamano di essere ascoltati. Perché, per dirla come piace a lui… icorpidicono! Ma partiamo dal principio.

Eugenio è una di quelle persone che durante la pandemia di covid ha cercato un modo per abbracciare gli altri invece di evitarli. In una piovosa mattina di inizio gennaio, nel bel mezzo di quella che i grandi media chiamano “seconda ondata” del contagio, decide di iniziare l’anno con un atto di generosità. Allora esce da casa prima di colazione con due copie del suo romanzo “Sangue e latte” pensando di regalarle alle prime persone che avrebbe incontrato per strada. Un gesto da pochi minuti, il tempo di far intiepidire il tè bollente appena preparato.

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Con sua somma sorpresa, invece, quel tè finirà per berlo freddo. Impiega infatti quasi due ore per aggiudicare quel regalo. “I passanti con cui tentavo di instaurare un contatto mi schivavano, scappavano”, racconta lui stesso sul suo blog. “Non mi aspettavo di dover fronteggiare un rifiuto, specie dopo aver raccontato il romanzo a centinaia di persone la scorsa estate nelle spiagge, nei bar, in montagna e nelle librerie”. Anche quando riesce a interessare qualcuno, costui finisce per rifiutare il libro per paura che possa essere infetto.

Da questo episodio nasce la riflessione che lo spinge, qualche settimana più tardi, a creare “icorpidicono”, un progetto che dà voce a chi non riesce più ad accettare quel distanziamento che viene descritto come sociale ma che in realtà è soprattutto fisico. Perché è più di un anno, ormai, che “il corpo è stato dismesso”, come dice Eugenio. Un anno in cui parole come “vicinanza” o “contatto” hanno assunto una connotazione ambigua, se non addirittura negativa. Nell’epoca dello smart working, dei webinar, della didattica a distanza, del cibo in delivery, delle visite virtuali a parenti e amici, delle assenza giustificate a nascite e funerali, del sexting forzato con il/la partner non convivente… cosa ne pensa il corpo?

E così, a partire da febbraio, Eugenio è sceso di nuovo in strada, stavolta armato dell’equipaggiamento di cui sopra, per restituire al proprio corpo e al corpo dell’altro il ruolo che in quest’ultimo anno gli è stato sottratto. Durante le sue lunghe passeggiate incontra studenti, pensionati, dirigenti d’azienda, commercianti, sportivi, giovani, anziani, stranieri, gente con e senza mascherina, seduta o in cammino, con le cuffie nelle orecchie o col cellulare in mano.

La domanda che rivolge a tutti è sempre la stessa: cosa ti dice il corpo? Alcuni lo schivano, per la fretta o la solita diffidenza; altri, pur mantenendosi a distanza, si fermano e ascoltano incuriositi. Chi decide di accettare il suo invito prende uno dei cartoncini, scrive – o disegna, o entrambe le cose – e imbuca il messaggio nella “scatola dei segreti del corpo”. Diversi si trattengono per una chiacchiera in più.

È il caso di Vania, vent’anni, al primo anno di medicina, che gli confessa di non aver mai visto né interagito con nessuno dei suoi compagni dei corsi che sta seguendo. E come potrebbe, visto che durante il corso il suo microfono è muto, lì dove si trova, sola, nella sua cameretta, davanti allo schermo? O il caso di Gionata, uno dei pochissimi che si è incuriosito spontaneamente quando – durante una pausa in cui Eugenio stava riorganizzando il materiale – si è avvicinato e prima gli ha chiesto cosa fosse con quella scatola piena di bigliettini, poi gli ha lasciato il primo messaggio firmato della collezione.

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Il mio corpo mi dice di abbracciare gli amici ma la mente me lo impedisce” si legge su un biglietto. “Il corpo rivela ciò che la tua mente nasconde”, recita un altro. “Dice che lontano da un altro corpo rischia di ammalarsi”, dichiara un terzo messaggio. “Respiriamo liberi” è invece la didascalia di un disegno di due corpi seduti uno accanto all’altro.

Nel frattempo i giorni passano e la scatola dei segreti del corpo ha superato i 700 messaggi raccolti. Ne contiene di ogni tipo: poetici, polemici, sarcastici, arrabbiati, sofferenti, divertenti, scarabocchiati. L’intento finale è quello di esporli allestendo una mostra urbana itinerante. Per questo motivo Eugenio ha aperto una campagna crowdfunding su Produzioni dal Basso aperta a chiunque voglia contribuire a far viaggiare i messaggi dei corpi che ha incontrato verso altri corpi ancora inascoltati.

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