GasparOrto, l’orto urbano che sfida cemento e degrado
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Padova, Veneto - Serve coltivare la città per salvare la campagna! Con questo spirito è nata e si è articolata negli anni la storia del GasparOrto, il primo orto urbano e fuori terra di Padova. Formatosi nel 2015 sulla scia del progetto di rigenerazione urbana The Next Stop, è basato sull’idea che arte e cultura, nelle loro forme più diverse, possano essere strumenti efficaci di rinnovamento, soprattutto di un luogo di attraversamento e di passaggio come quello adiacente alla stazione, spesso trascurato e sottovalutato.
A partire da quel progetto è stata realizzata la prima versione dell’orto, pensato e costruito con una struttura mobile, mutevole e modulare. Questo vuol dire che tutte le persone che hanno attraversato piazza GasparOtto in anni diversi e in stagioni diverse, di volta in volta hanno si sono imbattute in orti diversi. Il GasparOrto infatti è un organismo vivente, si muove – per così dire – nel quadrato della piazza, è il suo polmone fiero e gentile che sfida il grigio cemento che lo circonda.
Qual è la sua missione principale? Rendere visibile la cura come atto collettivo, proprio in quel luogo urbano dipinto come degradato e pericoloso. Simbolicamente il GasparOrto semina una narrazione diversa che, lungi dal negare le criticità del quartiere Stazione, racconta con la pratica un modello di integrazione che passa dalla terra e dall’azione collettiva. Tutte le persone che negli anni hanno partecipato a questo progetto hanno lasciato, scambiato e condiviso un pezzo della propria storia, della propria esperienza e della propria competenza.
La scelta di piazza Gasparotto non è stata casuale; proprio quel luogo infatti, più di altri in città, aveva bisogno di uno slancio di comunità: «Ciò che è ormai chiaro – spiega Rossella, volontaria di GasparOrto – è che vanno trattate anche le tematiche più complesse e non ha nessun senso continuare a spostare i problemi pensando che questo sia sufficiente per eliminarli.
L’orto è sempre stato aperto a chiunque desiderasse partecipare e anche se c’è un gruppo più solido di una decina di persone, molte delle quali residenti in quartiere, in realtà è una struttura molto elastica, che a seconda dei periodi e delle attività ha ospitato grandi numeri di persone diverse per età, provenienza e condizione sociale. Tutte loro, una volta messe le mani nella terra, si sono trovate alla stessa altezza e nella stessa condizione e da questo gesto così antico sono emerse mano a mano le storie degli altri. Inoltre il GasparOrto è di fatto un palcoscenico naturale che ha ospitato moltissime iniziative e ha reso possibile intrecciare percorsi con le altre realtà della piazza e non solo.
A luglio 2020 Libera di Padova ha scelto di realizzare il suo campo estivo presso piazza GasparOrto (ovviamente anche questa non è stata una scelta casuale): «In questo modo – racconta Rossella – abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con moltissimi ragazzi delle superiori, che magari in piazza non erano mai finiti neanche per caso. Con loro, insiem a con moltissime cittadine e cittadini che hanno partecipato a quelle giornate, abbiamo riprogettato il GasparOrto: è stato un momento di grande condivisione in cui si è ripensato il rapporto tra l’orto e la città e, dopo la prima fase della pandemia, è stata come una boccata di ossigeno e un’iniezione di coraggio».
Promuovere azioni di cura e di partecipazione sul territorio è un’occasione per individuare percorsi che possano portare un benessere collettivo: «Fare l’orto significa mettersi al centro di un luogo complesso, con tematiche molto vaste e difficili, ma proprio per questo ci è sembrato importante seminare».
«Per noi aderire e contribuire alla nascita dell’associazione di piazza GasparOrto è stato un passaggio determinante che ci ha permesso di consolidare un percorso di anni», conclude Rossella. «Abbiamo sempre cercato di aprirci al quartiere nel suo complesso, a tutti i livelli, verso tutte le tipologie di persone; per questo l’orto è stato ed è ancora oggi un modo per parlare un linguaggio universale, che permette di sviluppare collettivamente e singolarmente una consapevolezza diversa».
Grazie a GasparOrto è stato possibile unire la sostenibilità ambientale e la sostenibilità sociale, partendo dal presupposto che la cura parte da un bisogno condiviso e dalla necessità di sentirsi parte di una comunità di persone con le quali costruire modelli diversi di socialità e praticare diversi modi di vivere la città.
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