Valdibella: il “chilometro etico” per combattere l’agricoltura industriale
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Palermo - Negli anni ’90 la Sicilia era ancora un territorio vergine per chi parlava di biologico, di agricoltura sostenibile, di filiera corta. Vergine e fertile. Tant’è che il percorso avviato da Massimiliano Solano – giovane laureato che aveva dato vita a una piccola rete produttiva invitando amici e colleghi agricoltori a convertirsi al bio – ebbe subito un riscontro positivo.
Erano quelli i primi vagiti di ciò che nel 1998 si sarebbe trasformato in Valdibella, una cooperativa agricola che ancora oggi è un punto di riferimento per chi – produttore o acquirente finale – è alla ricerca di alternative al circuito della grande distribuzione, dei supermercati e di un mercato “drogato” da politiche agricole studiate su misura per le multinazionali dell’agro-industria.
La scintilla che ha generato l’esplosione fu accesa dall’istituto salesiano di Camporeale, che gestiva una comunità di minori in affido. «Il direttore di allora – ricorda Massimiliano – ci propose di partecipare chiedendoci di aiutarli nella gestione dei ragazzi, attuando un metodo educativo diverso da quello tradizionale, con l’obiettivo di creare una sinergia con una realtà produttiva che da un lato accompagnasse gli ospiti della comunità in un percorso riabilitativo attraverso il lavoro nei campi e dall’altro portasse un beneficio a favore del territorio».
Nacque così Valdibella, realtà agricola biologica fra le prime in Sicilia e con una spiccata vocazione per il sociale. Vocazione che mantiene ancora oggi, tastando di continuo il polso del territorio e di chi lo vive, creando occasioni di lavoro per disoccupati e persone in difficoltà «senza alcun tipo di programmazione particolare: ci guardiamo intorno, vediamo di cosa c’è bisogno e ci attiviamo», specifica Massimiliano.
Con il passare del tempo, le attività e le intuizioni iniziali si sono affinate e sviluppate anche attraverso numerosi contatti e Valdibella ha modulato una sua idea, portando avanti il concetto di un’agricoltura libera dai condizionamenti come politiche agricole, filiere della grande distribuzione, attività bancaria e così via.« Quello che cerchiamo di fare è svincolarci da questi sistemi favorendo delle filiere tutte nostre. L’agricoltura è un’attività che utilizza parte delle risorse dell’ambiente per produrre cibo e interessa due soggetti, chi mangia i prodotti e chi li coltiva. Noi vogliamo creare filiere in cui esistano solo questi due soggetti».
Il punto di riferimento rimane il rapporto diretto fra produttore e acquirente finale, che deve essere anche lui protagonista del processo, se necessario acquistando al di fuori del prezzo di mercato, che non può più essere stabilito da entità astratte ed estranee al processo produttivo, ma deve essere deciso da chi sta ogni giorno nel campo e conosce il reale valore di ciò che produce. Per raggiungere questo obiettivo sono due gli aspetti centrali: «Il rapporto diretto e l’autonomia rispetto a logiche esterne – fra cui la PAC –, sono questi i due filoni su cui lavoriamo».
Ed ecco che si arriva a un concetto chiave che Massimiliano definisce “chilometro etico”, giocando un po’ con il più noto slogan “chilometro zero”. Ci facciamo spiegare perché: «Stiamo sviluppando una rete con alcune realtà in giro per l’Italia. Con ciascuna di esse avviamo una collaborazione che “unisce” i rispettivi territori e i loro prodotti. Ad esempio, in Piemonte abbiamo creato una sinergia con Agricoltori Consapevoli, una cooperativa locale con cui abbiamo condiviso i panieri di prodotti in modo che i loro clienti possano acquistare anche ciò che produciamo noi e viceversa. Lo stesso stiamo facendo anche in altri territori, come l’Emilia, dove collaboriamo con Retebio. Siamo molto attivi anche nel mondo dei gruppi d’acquisto solidali, di cui non siamo solo fornitori, ma ai quali offriamo supporto anche con consigli e indicazioni organizzative».
L’obiettivo di questa rete di sinergie è istituire un’alternativa concreta e praticabile alla Grande Distribuzione: «Molte realtà offrono prodotti a chilometro zero – spiega Massimiliano –, ma per forza di cose non possono garantire una gamma di prodotti molto ampia e quindi l’acquirente finale è indotto ad andare al supermercato. Noi vogliamo creare delle reti con altre realtà per unire le forze e ridurre al minimo la necessità di ricorrere alla GDO». Naturalmente tutti i nodi di questa rete sono costituiti da piccoli produttori di prossimità etici e consapevoli.
In questa direzione va anche il progetto di Timilìa, un grano antico recuperato con grande passione e abnegazione da Valdibella con l’intento di creare una filiera interamente interna che copra tutto il percorso dal campo alla tavola. «La nuova legge sulle sementi ha sbloccato una situazione davvero difficile; oggi abbiamo la possibilità di inaugurare una filiera che sottragga dalle logiche commerciali. Valdibella è “agricoltore custode” riconosciuto dal ministero, produce il seme e lo conserva in purezza. Da Timilìa nascono poi prodotti lavorati come farine, grissini, pasta, couscous e tanto altro».
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