22 Apr 2021

SPrugolosa: le arance degli alberi cittadini diventano marmellata solidale!

Scritto da: Valentina D'Amora

A La Spezia le arance degli alberi in città si sono trasformate in una golosa marmellata, arricchendo le colazioni solidali preparate per persone indigenti e diventando “materiale didattico” utilizzato nei laboratori educativi rivolti ai ragazzi autistici. Un modo per non sprecare cibo buono e sano che, altrimenti, finirebbe in discarica.

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La Spezia - Naturale, a chilometri zero, innovativa e solidale. Sono le caratteristiche della SPrugolosa, la marmellata di arance amare spezzine. A produrla, però, non è un’azienda agricola dell’entroterra, ma l’associazione di orticoltura urbana di La Spezia, Orti di San Giorgio, che ha deciso di raccogliere (parte del) la frutta degli alberi cittadini per trasformarla in golosa confettura.

«Per tante persone si tratta di frutta non commestibile o tossica», spiega Massimo Guerra, il socio volontario che ha seguito tutta l’operazione. «Noi però abbiamo deciso di rompere il muro del pregiudizio, optando per valorizzarla».

COME NASCE L’IDEA

«Questa stagione è stata particolarmente abbondante e, passeggiando per le vie di La Spezia, non si poteva non notare quanto gli alberi fossero rigogliosi e ricchi. Così abbiamo semplicemente pensato a come non buttare in discarica tutta quell’enorme quantità di frutta».

L’idea è già stata sperimentata con successo in altre città d’Italia, ad esempio a Parma, grazie a un movimento di cittadini chiamato Fruttorti, e a Roma, dove con l’associazione Linaria si raccoglie ogni genere di frutti dell’urbe.

alberi arance spezia
Uno degli alberi di arance di Via Chiodo, a La Spezia

Innumerevoli scettici hanno espresso dubbi sulla “bontà” di queste arance urbane. «In tanti, durante questi mesi, ci hanno detto: “Sono alberi di città, i frutti saranno inquinati, all’interno ci saranno smog e piombo”, mentre di tutte queste sostanze non c’è nemmeno l’ombra. Prima ancora di portare la frutta in un laboratorio specializzato per farla analizzare, abbiamo approfondito la questione con il Comune di La Spezia, che è proprietario degli alberi, il quale ci ha confermato che gli alberelli non vengono trattati con antiparassitari o anticrittogamici».

Infatti, le analisi effettuate sulle arance raccolte (buccia compresa) hanno certificato la totale assenza di sostanze inquinanti. D’altronde, si tratta di una questione biologica: è vero che gli alberi sono filtri naturali per l’aria, grazie al processo della fotosintesi clorofilliana che assorbe anidride carbonica e produce ossigeno, ma i frutti non possono contenere “inquinamento”, perché le radici assorbono solo le sostanze di cui hanno bisogno. Perché allora non valorizzare questa frutta, sana oltre che bella a vedersi?

LO SVILUPPO DEL PROGETTO

«Abbiamo voluto dare il via all’edizione zero di questo progetto in un’area della città dove sappiamo esserci un traffico limitato, Via Chiodo, e sufficienti alberi. In questo modo siamo riusciti a raccogliere un buon quantitativo di frutta per la produzione dei mille vasetti di marmellate che ci eravamo prefissati».

Così, una mattina di febbraio, grazie alla collaborazione di una cinquantina di volontari, è avvenuta la raccolta di circa 450 kg di arance: di queste, una parte si è trasformata in marmellate, mentre circa 200 kg sono stati destinati ai laboratori di cucina delle associazioni che si occupano di ragazzi con disturbo dello spettro autistico.

marmellate sprugolosa

Dei mille barattoli realizzati all’interno di un laboratorio certificato a Riccò del Golfo, una parte è stata distribuita al Comune di La Spezia, che a sua volta ne ha consegnato un lotto a due associazioni che si occupano di ragazzi disabili e altri duecento vasetti sono stati donati all’associazione Colazioni col sorriso, che tutte le mattine prepara e distribuisce il primo pasto della giornata alle persone indigenti della città.

Il prossimo anno, oltre a riproporre questa marmellata di arance amare, che sta ricevendo moltissimi feedback positivi, tra i progetti futuri c’è l’idea di dare vita a degli alveari urbani nel parco del castello San Giorgio, dove l’associazione ha sede. E iniziare a produrre anche miele.

Ecco come un progetto sperimentale, che ha visto il coinvolgimento di svariate persone e realtà associative locali, tra cui le associazioni della Fondazione AUT AUT, è in grado di mettere in moto un’iniziativa virtuosa di valorizzazione del cibo, di educazione alimentare e di condivisione, replicabile ovunque: «L’idea piaciuta molto anche al comune di Lerici, che il prossimo anno lancerà questo progetto sul territorio comunale».

Perché non seguire l’esempio spezzino e proporlo in ogni città d’Italia, come accade anche a Montecarlo e a Siviglia?

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