Conterranea: la rete di agricoltori uniti per promuovere la filiera condivisa
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Asti - «Nandino, un nostro saggio amico contadino, ci ripete spesso che “bisogna tornare indietro per andare avanti” e da questa spinta silenziosa traiamo energia per i nostri piccoli atti rivoluzionari».
Conterranea nasce come gruppo di giovani aziende agricole del Monferrato, in provincia di Asti, unite dal desiderio di produrre cibo sano in modo sostenibile e di farlo rispettando il suolo, la biodiversità e i ritmi naturali della terra e dell’uomo. Il progetto nasce con una missione: creare una comunità più unita e solida sul territorio superando l’individualismo e mettendo in rete le proprie competenze.
Tra i fondatori ci sono Paolo Montrucchio con il suo progetto della Fattoria del Risveglio di cui vi abbiamo già parlato in un precedente articolo; Mirko Roagna, esperto di autoproduzione, come si può vedere nel suo blog Vivere al Naturale che si occuperà di orticoltura e trasformazione di verdure; Fabio Giovara, agricoltore e studente di agraria, che all’interno della sua azienda agricola già si sta occupando della coltivazione delle nocciole, di cereali e si occuperà della produzione di pasta secca; e infine Edoardo Oddone, che si sta specializzando nella coltivazione di cereali “antichi” (mais , grani teneri e duri) oltre all’attuale produzione di olio d’oliva.
Come raccontano sul sito di Conterranea, «Ci piace pensare che nelle nostre farine di grani antichi, nella pasta, nei legumi, nelle verdure del nostro orto, nella frutta, nell’olio di oliva, nei sughi naturali e nelle nocciole che produciamo, ci sia qualcosa del fare sapiente di chi prima di noi ha coltivato con amore questa terra, qualcosa che assomiglia alla parte più autentica del nostro territorio».
Quattro aziende che stanno portando avanti la loro rivoluzione perché convinte che coltivare la terra con amore sia un atto di responsabilità non solo individuale ma collettivo. Per questo, circa un anno fa, hanno iniziato a pensare a un contratto di rete, un vero e proprio modello che si sta dimostrando vincente nell’ambito agroalimentare proprio perché capace di favorire processi di cooperazione tra imprese agricole.
Come funziona un contratto di rete? Pensiamo alla filiera del grano: al momento della stipula del contratto vengono “condivisi” i terreni delle diverse aziende, dopodiché, sempre in modo condiviso, si utilizzano i singoli impianti per la trasformazione del grano. In questo modo, in base a quanto definito all’inizio del contratto, ognuno conferisce una quota di prodotto (sempre il grano) mentre il prodotto finito (ad esempio la pasta) viene ridistribuito tra i componenti della rete attraverso una divisione in maniera proporzionata rispetto al contributo fornito da ciascun partecipante. Il prodotto finito viene infine venduto con il marchio unico (in questo caso di Conterranea) e nell’etichetta sono indicati i singoli produttori con le rispettive fasi di lavorazione.
Il contratto di rete, come ci racconta Paolo, è molto efficace poiché permette di fare agricoltura sostituendo l’isolamento e l’individualismo con la cooperazione e il lavoro comunitario. Permette poi di essere maggiormente competitivi sul mercato unendo le proprie forze e facendo squadra. In questo modo i diversi partner possono condividere i prodotti agricoli e trasformati che, nel caso di Conterranea, saranno realizzati con materiali e fonti energetiche il più autoctone possibile, senza alcun utilizzo di sostanze chimiche per rispettare la Terra, arrivando a proporre un paniere di prodotti direttamente al consumatore. Certo, tutto questo è possibile se c’è fiducia tra le realtà coinvolte. E proprio questo è il caso di Paolo, Edoardo, Mirko e Fabio, per i quali la trasparenza e la bellezza delle relazioni vanno di pari passo con il rispetto dell’ambiente.
«Ogni rivoluzione ha bisogno di studio, così una parte dell’attività è dedicata all’informazione e alla formazione, in particolare sui temi dell’agricoltura organico rigenerativa, la coltivazione naturale dei grani antichi e un processo di trasformazione che ne conservi al meglio le proprietà nutritive sono infatti temi alla base di studi scientifici supportati da alcune Università italiane. Coltivare semi nuovi significa per noi informarsi e informare anche sui temi della salute, degli stili di vita sani, della tutela dell’ambiente, dell’autoproduzione, del benessere, della sostenibilità della produzione e delle relazioni. Impariamo insieme, aperti al mondo, e questo ci fa felici».
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