“Gli asini ci insegnano la calma e a vivere la vita ai ritmi della natura”
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Genova - Da dove arriva il desiderio di cambiare vita? Può essere il risultato di una crisi, di una insoddisfazione lavorativa o di un profondo bisogno di cambiamento. Ci sono innumerevoli modi per farlo, perché il rinnovamento si esprime attraverso slanci differenti: c’è chi opta per cercare un altro lavoro, chi per trasferirsi all’estero, c’è poi chi si mette in proprio e chi, invece, decide “semplicemente” di cambiare ambiente.
Questa è la storia di Giacomo e di sua moglie Luisella, che si sono trasferiti a Chiappari, in Valle Scrivia, trentotto anni fa. Risale però a oltre quarant’anni fa la decisione di cambiare vita. «L’idea di lasciare la città per venire in un posto come questo – racconta Giacomo Mantero – era inconsueta per l’epoca, parliamo degli anni ‘80. I nostri colleghi e amici di Genova ci prendevano per matti, ma noi eravamo decisi e così è stato. Ci abbiamo messo due anni per trovare una casa e ristrutturarla, però non potevamo scegliere strada migliore, qui stiamo bene».
Com’è stata la quotidianità in campagna da lavoratore? «Ho iniziato a lavorare nel ‘69, subito dopo la maturità. Siamo venuti a vivere qui nel 1983 e fino al 2004 ho lavorato come pendolare, facendo la tratta Busalla-Sestri Ponente, con un cambio. Va detto che all’epoca i treni erano più frequenti di adesso e il trasporto pubblico funzionava meglio quindi, tutto sommato, non cambiava molto in termini di tempi rispetto a prima. La mattina mi sedevo e leggevo il libro che avevo nello zaino e il tempo volava. Il vantaggio, rispetto a quando vivevo a Genova, era che il sabato e la domenica passavo il tempo sempre all’aria aperta, nell’orto o a fare passeggiate: un’altra vita».
Anche per questo, quando si è presentata l’occasione di andare in pre-pensionamento con un accordo di mobilità, Giacomo ha deciso di coglierla al volo: «Ho semplicemente fatto il conto di quanto ci avrei rimesso a continuare a lavorare, non di quello che ci avrei guadagnato economicamente, e il guadagno è enorme. Soffrivo di mal di testa, mal di stomaco e una serie di altri disturbi psicosomatici. Ora che sono quasi diciassette anni che sono a casa godo di buona salute».
Giacomo e Luisella, però, non sono soli: con loro ci sono Oreste, Umberto, Domenico e Pedro, i loro asini. Ma com’è vivere insieme a loro? Nell’immaginario collettivo, questo animale ha per secoli rappresentato un misto di inettitudine e testardaggine. L’epoca moderna sta invece restituendo dignità a questo animale. La sua proverbiale cocciutaggine, per esempio, è una forma di prudenza: il timore di incorrere in un pericolo lo porta a fermarsi a riflettere di fronte a ciò che non conosce. Spesso gli basta osservare il comportamento di un suo simile nella stessa situazione per “imparare la lezione” e mostrarsi accondiscendente.
Il temperamento asinino è sorprendentemente mansueto ed empatico, il che rende l’asino particolarmente adatto ad alcune attività riabilitative, tanto che gli è stata dedicata una branca specifica della pet-therapy, l’onoterapia. «I bambini si innamorano dell’asino perché è un animale straordinario. Nei dodici anni di attività, con l’associazione Paradase onlus [ora chiusa, ndr] abbiamo portato avanti diversi progetti educativi, tra cui “Ragliando s’impara”, con le scuole primarie della valle, proprio per abbattere i pregiudizi e prevenire il bullismo. Sono stati coinvolti circa 600 bambini che, dopo un incontro in classe in cui parlavo dell’asino e delle sue abitudini, sono arrivati qui nel recinto, a gruppi di 20/30 per volta, per accarezzarli, spazzolarli e osservarli nel loro ambiente. Una bella esperienza per loro e anche per me, che sono stato riempito di disegni!».
Oltre all’empatia, la caratteristica che salta di più agli occhi è la sua flemma, con quel passo lento ma sicuro, che lo rende un camminatore infaticabile. Passeggiare al fianco di un asino insegna a dosare le energie e garantisce una resistenza prolungata anche a un escursionista ancora acerbo. Le sue pause sono occasioni per soffermarsi ad apprezzare il paesaggio e i silenzi della natura: un patrimonio gratuito che, spesso, rischiamo di dimenticare. Il ritmo dell’asino è contagioso ed è una cura disintossicante dalle quotidiane corse contro il tempo.
E questa è solo una delle lezioni di vita che ci possono venire impartite da questo particolare insegnante. «Un altro aspetto su cui voglio lavorare è proprio quello di scardinare il pregiudizio sull’asino, che viene usato per apostrofare qualcuno o insultarlo. Nel nostro vocabolario ci sono innumerevoli termini per definire una persona in modo negativo, usiamoli! Anche perché ho con me asini da sedici anni e più li conosco, più riesco a vedere nitidamente tutte le loro doti: oltre a non essere giudicante, l’asino è domestico, ma, restando nel suo ambiente, riesce a mantenere il suo lato selvatico».
Cercare associazioni che si occupano di asini è un modo interessante per avvicinarsi a realtà rurali spesso a pochi chilometri dalle città, per guardarla da una nuova prospettiva: una riserva di pace più fruibile del previsto.
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