Piazza Gasparotto, il degrado si combatte aiutando gli ultimi
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Padova, Veneto - Piazza Gasparotto è un ampio spazio urbano circondato da alti edifici di vetro e acciaio di proprietà privata. A parte qualche ufficio sono praticamente disabitati. Eppure la piazza si trova in un punto strategico del quartiere Stazione – a due passi dalla cappella degli Scrovegni e vicinissima al capolinea di buona parte dei mezzi pubblici cittadini – e nonostante il suo stato di semi abbandono è una casa per diverse comunità di senza fissa dimora che qui vengono a trovare riparo sotto i portici. È inoltre il cuore pulsante e la sede di molte realtà della società civile convinte che la cura del territorio sia un percorso lungo e difficile ma necessario.
Una di esse è l’associazione Piazza Gasparotto, nata nel luglio del 2020 come evoluzione del progetto Gasparotto LAB, promosso dal coworking Co+ nel 2014 e attivato grazie al bando Culturability della fondazione Unipolis. Fin dai primi passi, l’obiettivo dell’associazione è stato quello di promuovere e realizzare interventi di riqualificazione urbana in una delle piazze più difficili della città. Negli anni sono state molte le attività che hanno preso vita, come ad esempio la realizzazione dell’orto urbano Gasparorto – il primo orto fuori terra di Padova – e l’organizzazione di un festival di quartiere – Yucca Fest –, oltre a numerose iniziative culturali.
L’associazione Piazza Gasparotto crede fermamente nel valore del recupero sociale di questi spazi urbani: infatti, a seguito di una serie di riflessioni sulle criticità del quartiere e soprattutto su quali siano i metodi più efficaci per intervenire, ha attivato il progetto Ascolti di Comunità. Si tratta di una pratica itinerante che segue due binari: da un lato vi è l’esigenza sempre più sentita di creare una rete di collaborazione tra le realtà che operano su questa porzione di città; dall’altro c’è la necessità di rompere quel muro di diffidenza che separa le persone in base alla propria condizione sociale.
Il lavoro è infatti rivolto principalmente alla comunità di abitanti che vivono in condizioni di estrema esclusione sociale – persone senza dimora e che hanno dipendenze – e che vengono ritenuti da una buona parte dell’opinione pubblica come la causa principale del degrado dell’area. A questa prima fase di sperimentazione e ricerca, fondamentale per la creazione di rapporti di fiducia e riconoscimento reciproco, seguirà un momento di riflessione finalizzato a sviluppare pratiche e percorsi collettivi capaci di migliorare la vivibilità della zona per chiunque vi abiti e la frequenti.
«Questo è un quartiere complesso e siamo persuasi che problematiche complesse richiedano risposte complesse; quello che manca davvero è una visione d’insieme capace di unire una progettualità urbanistica, a oggi praticamente assente, con la soddisfazione di alcuni bisogni primari, come ad esempio l’ampliamento e il miglioramento dei servizi per persone che i trovano ai margini della società». Questa la visione dopo anni di attività e di pratiche dal basso portate avanti principalmente su base volontaria.
Una delle criticità più evidenti fra quelle emerse durante la pandemia di Covid 19 è stata l’aumento esponenziale dell’emarginazione e della separazione strutturale di chi vive il quartiere e non ha accesso a servizi primari come elettricità, acqua per lavarsi o un posto per dormire, poiché i ricoveri e le strutture preposte non sono sufficienti.
In un’ottica di ripensamento dell’idea stessa di quartiere – da intendersi come luogo di vita e aggregazione pubblica e aperta – le strategie da mettere in campo sono sicuramente molte e lo sviluppo di processi digitali che supportino le azioni pratiche sono strumenti interessanti soprattutto se pensati per agevolare le attività di prossimità.
La sfida è rafforzare la convinzione che, anche in tempi di pandemia, la socialità, lo scambio e la messa in discussione degli stereotipi dominanti siano la base per iniziare a costruire un pensiero collettivo capace di far emergere le grandi contraddizioni che attraversano il quartiere Stazione. Quest’area cittadina è ancora oggi priva di una identità propria ed è costellata di comunità diverse che faticano a incontrarsi – anche per la mancanza di spazi e luoghi aperti e pubblici – e a trovare soluzioni soluzioni comuni per risolvere i conflitti esistenti. È giunto il momento di creare gli strumenti affinché ciò avvenga.
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