Ortinsieme: “Recuperiamo e coltiviamo terreni creando socialità e cultura”
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Imperia - Nelle città sono sempre più numerosi i progetti di orti condivisi: parti di terreno messe a disposizione dai proprietari dove, tra una via cittadina e l’altra, vengono coltivati ortaggi di vario genere, suddivisi poi tra chi ci lavora. Mi è stato segnalato uno di questi progetti a Ventimiglia, la porta occidentale ligure tra Italia e Francia. Si chiama Ortinsieme e da più di dieci anni si occupa di agricoltura e socialità, unendo l’attività agricola condivisa con attività divulgative e culturali rivolte alla comunità. Ho intervistato Daniela Biamonti, presidente dell’associazione, per approfondire la loro storia e le loro attività.
L’INCONTRO DA CUI TUTTO EBBE INIZIO
Ortinsieme nasce nel 2010 da un incontro organizzato dall’ecovillaggio Torri superiore (di cui vi abbiamo parlato qui), in cui venivano trattati temi legati alla visione della Transizione, della Permacultura e della Decrescita Felice. L’evento fu di stimolo di riflessioni per tutti i partecipanti, i quali subito dopo hanno iniziato a interrogarsi su quali azioni potevano attuare a livello collettivo e locale per dare seguito a tutte le nuove informazioni acquisite. Fu a quel punto che alcuni di loro pensarono di unire le forze e le conoscenze, per creare un progetto agricolo che li rendesse più autosufficienti possibile.
Debora Roncari, tra le partecipanti, decise di mettere a disposizione le serre di sua proprietà ormai dismesse da una decina di anni e di proporre al gruppo appena formatosi di ripulire il podere, per poi coltivare insieme in maniera naturale. «Era in stato di abbandono – mi racconta Daniela – e le serre erano invase di rovi. Così abbiamo ripulito tutto e iniziato a coltivare. Alcuni di noi avevano già un orto domestico, coltivato però secondo un metodo tradizionale. Abbiamo unito le loro conoscenze a quelle acquisite grazie al supporto di una serie di esperti di agricoltura naturale che abbiamo convolto man mano. Oggi, insieme alle serre, coltiviamo anche i terreni limitrofi e abbiamo creato un bancale e una spirale con il metodo di agricoltura sinergica».
DA GRUPPO AD ASSOCIAZIONE
L’anno successivo il gruppo si costituisce in un’associazione e, pur continuando con le attività agricole, inizia a guardare “oltre il proprio orto”, organizzando eventi attraverso cui conoscere altre persone interessate al progetto e coinvolgendo esperti in diversi ambiti per approfondire insieme a loro tematiche di vario genere: ambiente, cambiamenti climatici, inquinamento, efficientamento energetico. «Dopo poco abbiamo anche creato un gruppo di acquisto solidale, che è cresciuto nel tempo. Oggi coinvolge circa 50 famiglie, con cui ordiniamo il 90% dei prodotti di cui necessitiamo. Sono tutti biologici e, per quanto, possibile a km0».
Oltre al gruppo di acquisto sono diversi i progetti portati avanti dai volontari dell’associazione: negli anni hanno attivato un servizio di accoglienza di persone migranti, i quali coordinati da Caritas hanno aiutato a coltivare imparando parallelamente la lingua. Anche gli istituti scolastici sono stati coinvolti, organizzando visite alle serre in occasione delle quali venivano poi svolte lezioni con le insegnanti di riferimento, apprendendo dalla natura circostante.
L’ORGANIZZAZIONE DEGLI ORTI
I partecipanti agli orti collettivi hanno una struttura organizzata ma fluida, che cambia e si adatta a seconda delle esigenze del momento. «Andiamo negli orti due o tre volte a settimana in gruppi e lavoriamo insieme a seconda di cosa c’è da fare. Ciascuno di noi è più specializzato in alcune attività. Sin dall’inizio abbiamo deciso che tutto lo spazio disponibile sarebbe dovuto essere coltivato insieme, non volevamo assegnare a ognuno il suo lotto. In questo modo possiamo ottimizzare le energie e unire le competenze di ciascuno».
Ma non tutti i soci possono esserci sempre, quindi la partecipazione alle attività varia in base al tempo a disposizione che ognuno ha. Il raccolto si divide in base a chi è presente e a chi ha lavorato nelle settimane, mesi precedenti a quella semina. I prodotti ortofrutticoli sono molto variegati e da qualche anno si sono aggiunti anche alcuni alberi da frutta piantati dagli ortisti come peschi, ciliegi, cachi, albicocchi.
IL COVID E IL FUTURO
La presidente di Ortinsieme mi racconta anche come questa attività abbia aiutato tantissimo i partecipanti a sentirsi meno soli, a conoscere persone con gli stessi interessi e a sostenersi in momenti più difficili. Tra questi ultimi il periodo del primo lockdown è stato tra i più complessi: «In quelle settimane avevamo le galline, che speriamo di riprendere presto, e così ogni giorno a turno almeno una persona doveva essere qua. Per noi è stata una vera ancora di salvezza. Credo che progetti di questo tipo – in momenti più semplici, ma soprattutto in quelli più difficili da affrontare – facciano bene al corpo e allo spirito».
Ortinsieme, più unito che mai, guarda al futuro: due nuovi progetti si stanno affacciando. Il primo, “Il bene per il bene”, è legato a fasce socialmente ed economicamente disagiate, mentre il secondo riguarda attività in natura per famiglie con bambini da 0 a 6 anni. Insomma, il loro futuro prevede un “insieme” sempre più ampio e variegato!
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