Basta con la scuola-fabbrica, i bambini vanno educati alla meraviglia
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Ci sono due tipi di intelligenza: una acquisita,
come lo scolaro memorizza fatti e concetti
dai libri e da quel che il maestro dice,
accumulando informazioni dalle scienze tradizionali,
come da quelle nuove.
Con questa intelligenza emergi nel mondo,
ti collochi davanti o dietro gli altri
in base alla tua competenza nel memorizzare l’informazione,
con questa intelligenza te ne vai a zonzo
per i campi della conoscenza segnando sempre più
cose sul tuo quaderno d’appunti.
C’è un altro tipo di quadernetto,
uno già completo e custodito dentro di te,
una sorgente che straripa dal suo alveo.
Una frescura al centro del petto.
Quest’altra intelligenza
non ingiallisce e non ristagna. È fluida,
e il suo movimento non è da fuori a dentro
attraverso le condutture di un sapere idraulico.
Questo sapere è una fonte che da dentro di te va verso l’esterno.
Rumi
Questa frescura al centro del petto l’abbiamo tutti, i mistici lo chiamano cuore o luogo tenero e soffice. L’abbiamo tutti, ma può essere lì per anni inascoltata o sommersa o soffocata e occorre un percorso per ritrovare questa fonte originaria, per riconoscerla, per non averne paura, per lasciarla sgorgare con coraggio. Da lì proviene la parola viva ed è forse la sala parto delle parole. In famiglia e a scuola noi impariamo a parlare attraverso il “bagno di lingua”.
Come sarebbe bello che i bambini potessero crescere in scuole in cui la consapevolezza alla fonte sia presente assieme a fine ascolto, delicata attenzione, sguardo regale e rispettoso, amore per l’imparare, empatia, calda fiducia, saggezza del cuore, gioia e umorismo, diritto all’errore… Ci sono tanti modi di imparare, qualcuno dice forse uno per ogni bambino/a. Ci siamo presi il compito, fin dai nostri albori come specie, di in-segnare (di lasciare un segno dentro) alla nostra discendenza, il come lo pratichiamo ha un grande impatto sul processo di crescita dell’uomo e dalla donna del domani. È una responsabilità, ossia un essere abili a rispondere alle domande del presente e a creare visioni per un futuro che abbia senso.
Matthew Fox, il teologo che ha riscoperto e fatto conoscere la spiritualità del creato, vive a scuola da quando aveva 5 anni (ora ne ha 80), prima come alunno, poi come insegnante e dirigente; dopo questa lunga esperienza dedica un intero libro, un inno a una scuola viva, creativa, gioiosa, a misura di bambino e quindi a misura d’Universo. Un’educazione consapevole si occupa di ciò che Tommaso d’Aquino chiamava “l’atto umano più nobile”, cioè la gioia. La gioia e l’educazione vanno a braccetto. Tommaso diceva che la possibilità di espansione dell’essere umano è grandiosa, sosteneva che l’essere umano è capax universi (capace dell’universo). Fox lancia un urlo pedagogico molto forte e appassionato in: Educare alla meraviglia. Reinventare la scuola, reinventare l’umano (ed. Meridiana, Molfetta, 2017). Egli sostiene che l’educazione è talmente essenziale per noi esseri umani che una maniera fondamentale per reinventare la specie in un momento cruciale come quello che stiamo vivendo è reinventare l’educazione.
Il significato etimologico di educare deriva dal verbo latino ex ducere, trarre/condurre fuori. Ossia portare alla luce le capacità, i talenti davvero unici di ciascuno/a: le nostre capacità di gioia e di meraviglia, di stupore e condivisione, il nostro amore per la vita, la giustizia e la compassione, la nostra autenticità e interezza, la nostra immensa capacità creativa e le tante qualità di vita che ci abitano potenzialmente. Un sistema educativo consapevole favorisce inoltre la nostra capacità di ascolto, di sostare e nutrirci di silenzio e contemplazione. “L’epoca moderna, che ci ha dato la civiltà industriale, ha praticamente ridotto l’educazione a una fabbrica di conoscenza piuttosto conservatrice”, scrive Fox e la conoscenza senza saggezza diventa pericolosa. La rivoluzione educativa per Fox può avvenire attraverso la risignificazione delle 10 C: cosmologia, contemplazione, creatività, caos, compassione, coraggio, coscienza critica, comunità, celebrazione, carattere.
Concludo con questo episodio. Il mio amico Mattia, quando aveva 7 anni, un giorno arrivò a casa da scuola stanco e con il mal di testa, sua mamma gli chiese se avesse male per aver usato molto la testa: “No mamma la testa a scuola non la usi proprio per niente, basta solo che ripeti alla maestra ciò che si vuole sentire dire”. Rimasi basita dalla chiarezza con cui aveva fotografato la situazione. Mattia lo conosco fin da piccolo, quando con le costruzioni faceva gli ascensori per salire sul Sole… con tanta creatività e voglia di conoscere, ricordo i suoi occhietti vispi e luminosi. Talvolta alcuni tipi di scuola tradizionale purtroppo demotivano e “demeravigliano” dei piccoli splendidi esseri. Da molti bambini arriva una chiara e urgente richiesta di essere adulti alla loro altezza.
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