L’arte entra fra le mura del carcere per portare bellezza e speranza
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La Spezia - Cos’è l’arte? Trovare una definizione univoca non è semplice, perché ogni processo creativo ha origine da una primordiale intuizione che è il “pensare” l’opera stessa. Il sentire l’arte, il percepirla dentro di sé come essenza viva e necessaria all’esistenza implicano sempre uno slancio etico, estetico e spirituale. Il tutto è quindi estremamente soggettivo. Quando però questa apertura viene traslata all’interno di un luogo serrato per definizione, come il carcere, l’atto creativo, qualsiasi esso sia, racchiude intrinsecamente un fondamentale elemento universale: la liberazione. Era Schopenhauer a sostenere che “l’intuizione estetica è sempre una liberazione, sia pure temporanea. In quel momento ci è possibile raggiungere quella pace che sempre cerchiamo e che la volontà c’impedisce di raggiungere”.
Sottile, poetico, corale e frammentato, “Ciò che resta – appunti dalla polvere” è il mediometraggio che racconta il percorso teatrale realizzato da venticinque detenuti all’interno della casa circondariale di La Spezia tra il 2019 e il 2020. Avrebbero dovuto incontrare il pubblico “fuori”, in uno spettacolo teatrale alla fine del percorso la scorsa estate, ma la situazione sanitaria ha fermato tutto. Dal percorso creativo però è stato realizzato questo film, della durata di 35 minuti. Il progetto, che entra ora nel suo terzo anno di attività, è inserito nell’ambito di “Per Aspera ad Astra – Come riconfigurare il carcere attraverso la cultura e la bellezza” ed è un’esperienza nazionale capace di proporre una risposta vera a quanto viene definito dall’art. 27 – comma 3 della Costituzione, in merito alla funzione rieducativa della pena.
La costellazione di Fondazioni bancarie e di associazioni sul territorio legate dal progetto esprime non solo la grande importanza di un’attività risocializzante come quella teatrale, ma un anelito d’arte a cui è opportuno dare voce e che in Liguria è reso concreto grazie alla Fondazione Carispezia, in collaborazione con la casa circondariale spezzina.
«Con la passione dell’associazione Gli Scarti – afferma Andrea Corradino, presidente della Fondazione Carispezia – possiamo portare avanti questa esperienza nazionale anche sul nostro territorio. La cultura e la bellezza del teatro offrono ai detenuti un’occasione di riscatto personale e di formazione professionale e, allo stesso tempo, creano un dialogo tra “dentro” e “fuori”, che può aiutare a ridurre le distanze tra questi due mondi apparentemente separati e a scardinare pregiudizi e paure».
E i ragazzi coinvolti hanno tutti dimostrato entusiasmo e vivo interesse a frequentare il laboratorio teatrale, un sincero spiraglio di luce in questi mesi di chiusura, per loro ancora più totale. «Nell’epoca dei teatri chiusi e della pandemia – spiega Andrea Cerri, presidente de Gli Scarti – questo lavoro ha assunto, per noi che da anni ci impegniamo in progetti di “teatro di comunità” in contesti di marginalità sociale, significati ulteriori e ci ha condotto a nuove modalità di relazione e di lavoro, come quella di sperimentare il linguaggio cinematografico». Non resta allora che guardare il film, con in mente una riflessione: che cosa c’è di più lieve e sottile della polvere?
“Per Aspera ad Astra” è un progetto promosso da Acri (l’associazione delle Fondazioni di origine bancaria) e sostenuto da Fondazione Cariplo, Fondazione Carispezia, Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, Fondazione Compagnia di San Paolo, Fondazione Con il Sud, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Fondazione di Sardegna.
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