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La maggioranza della popolazione afferma di amare la natura e gli animali, anche se spesso lascia che essi siano tranquillamente violentati e uccisi nei modi più terribili. In tal modo la grande forza del movimento animalista/ecologista resta allo stato potenziale, non riesce a manifestarsi in un fronte unico a causa dell’eterogeneità dei suoi stessi componenti, con grave danno per gli animali e non solo.
La filosofia e la pratica vegetariana/vegan/animalista/ecologista è la vera grande innovazione culturale degli ultimi secoli. E di questo spesso non sono pienamente consapevoli nemmeno coloro che ne fanno parte. Questa corrente esistenziale è variegata e complessa perché le motivazioni di ogni attivista sono diverse a seconda del percorso o degli interessi personali, perdendo di vista quale dovrebbe essere lo scopo finale: la tutela della Natura nel suo complesso.
La difficoltà a trovare un fronte omogeneo sta nello schierarsi a una delle tante problematiche legate al Movimento. La natura trasversale dell’arcipelago animalista/ecologista rende difficoltoso, se non impossibile, affrontare le sfide della cultura antropocentrica che si manifesta nel sistema culturale, economico, politico e religioso attualmente in vigore. Nei programmi operativi non è giustificabile che un’associazione non operi in sinergia o non cerchi di coinvolgere anche le altre; non è giustificabile il soggettivismo di alcuni componenti e spesso rappresentanti di associazioni che per motivazioni personali, alquanto futili, rinunciano a coinvolgere e collaborare con chi ha una visione diversa sull’operato, dimenticando che l’obiettivo comune è sempre quello del bene di animali, umani e tutti gli esseri viventi sul Pianeta.
C’è chi è ecologista, vegetariano o vegano per motivi etici o salutistici, chi per motivi ambientali o economici; allo stesso modo c’è chi ritiene prioritario interessarsi di allevamenti intensivi e mattazione, chi di vivisezione, chi di caccia, chi di pesca, chi di pellicce e così via. E succede che ogni associazione a volte minimizza l’operato delle altre associazioni al punto da disinteressarsi dell’azione dei compagni di viaggio con cui si percorre la stessa strada. C’è chi per qualche diverbio caratteriale chiude i contatti con un’associazione perché non ha ben capito l’importanza della missione e che la Causa viene prima di ogni divergenza personale. Troppi personaggi si lasciano condizionare dall’appartenenza ad una determinata corrente culturale, politica, religiosa o di “bandiera” perdendo di vista la Causa.
È la diversità che consente la vita. Diversi apparati (ognuno diverso dall’altro per forma e funzione) formano un corpo e anche se il cuore è più importante della cistifellea, senza questa si vive male e si vive poco. La mancanza di una visione unitaria indebolisce il fronte operativo. L’individualismo, figlio della cultura antropocentrica, finisce sempre coll’avere il sopravvento sull’ideale. La nostra causa ha bisogno di chi sappia operare sinergicamente per il bene di ogni essere vivente, di chi sappia anteporre al proprio ego il bene comune.
Le grandi associazioni animaliste/ecologiste hanno il dovere di favorire l’incontro e la collaborazione tra i vari movimenti, magari mediante convegni in cui potersi confrontare per spianare le eventuali divergenze, che spesso sono solo dialettiche non di sostanza.
Abbiamo una grande missione davanti a noi che non può essere indebolita da discutibili personalismi. La rivoluzione animalista/ecologista è destinata a cambiare il pensiero e la coscienza dell’uomo e quindi la storia. Di questo dobbiamo essere pienamente consapevoli. La messa in pratica di tale rivoluzione è lo strumento che non solo salva gli animali ma è in grado di rendere migliore l’animo umano e mantenere la vita sulla Terra. Senza questa consapevolezza e questa azione la nostra “buona intenzione” si riduce a un debole sentimentalismo incapace di cambiare gli eventi.
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