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Un timido sole sorse dalla montagna ad est, un vento leggero soffiava e l’aria primaverile iniziava a farsi strada sul finire dell’inverno. Lucy aprì gli occhi: era passato tanto tempo da quando l’inverno era iniziato e così insieme alle sue amiche aveva preso posto anche lei nel Grande Glomere, l’enorme sfera dalle mille forme mutanti che si adattava e cambiava, a seconda della temperatura, in una continua e lenta danza.
Lucy aveva passato diverso tempo al centro, facendosi scaldare dai corpi delle altre api in un lungo abbraccio di gruppo, e aveva a sua volta aiutato a scaldare le amiche spostandosi poi più all’esterno. Questa danza continuava da millenni e veniva insegnata dalle api più grandi a quelle più piccole come lei, un po’ per sopravvivere all’inverno è un po’ per non dimenticarsi che erano l’una parte dell’altra e insieme un organismo unico e leggero che ringraziava la vita danzando anche nei momenti più difficili.
«Ben ritrovate amiche mie!», annunciò Belle, l’ape regina mettendosi al centro dell’alveare, affinché tutte la potessero vedere. «Buon nuovo inizio! Dopo questo inverno così lungo e freddo oggi le più forti di noi andranno in una prima esplorazione là fuori. Tutte le altre, invece, si occuperanno di sistemare qui dentro. Dopo tutti questi mesi c’è parecchia confusione». Obbedirono tutte, prendendo il loro posto e svolgendo il loro compito. Anche Lucy apparentemente si diede da fare ed essendo tra le più piccole rimase all’interno a sistemare l’alveare. Ma aveva una gran voglia di uscire, vedere come era cambiato il mondo intorno a casa dall’ultima volta che gli aveva fatto visita, fremeva dalla voglia di sapere se erano già sbocciate le margherite nel prato accanto, se i castagni avevano già gettato le prime foglioline, o se le amiche coccinelle si erano già svegliate dal letargo.
«Mmmm, quanto vorrei essere lì fuori» disse sbuffando all’amica Anne accanto a lei.
«Eh? Ma perché mai?» Le rispose sbadigliando lei.
Lucy non aspettava altro: «Beh, per scoprire cosa è cambiato, rivedere tutti quei colori, sentire le mille sfumature dei profumi…». Avrebbe potuto continuare l’elenco per altri minuti, forse ore, ma venne interrotta da uno sbadiglio più rumoroso degli altri, che proveniva dall’amica vicina.
«Aha! Che fatica! Io invece stavo tanto bene prima. Da oggi di nuovo lavorare, lavorare, lavorare, cose da fare, portare, invece sino a poco fa tutto era così morbido, lento..» ma non finì la frase: un po’ perché era troppo pigra e affaticata per farlo e un po’ perché alcune delle api andate in esplorazione erano già di ritorno.
«Aiuto!» Entrò tossendo la prima. Erano uscite fiere e tornate con l’aria di chi sopravvive a qualcosa di molto brutto e inaspettato.
«Emergenza, emergenza! Non si può respirare là fuori!» disse una di loro riprendendo fiato dalla fatica.
«Cosa succede?» chiese con tono preoccupato la regina Belle, facendosi largo tra le altre api.
«C’è una grande nuvola che avvolge tutto qui fuori. L’odore è terribile ed è ovunque mia regina, impossibile respirare».
«Confermo – proseguì un’altra ape –, due di noi non riuscendo a prendere fiato hanno perso l’equilibrio e sono cadute a terra».
«Sì! Troppo pericoloso mia regina. Non possiamo mettere in pericolo altre di noi. Dovremo attendere che la grande nuvola se ne vada».
La regina con aria di rassicurazione annuì, poi aggiunse: «Seguitemi, così mi racconterete tutti i dettagli. Nel frattempo voi continuate con i vostri compiti! E che nessuna esca dall’alveare! Prima dobbiamo capire cosa sta succedendo».
Tutte senza dire una parola, ma preoccupate di quanto appena sentito, tornarono ai loro compiti. Tutte tranne Lucy, che aveva sì ripreso a ripulire la parte assegnatole, ma non riuscì a trattenersi dal commentare con l’amica ad alta voce. Anche se quest’ultima, come spesso accadeva, si limitava ad annuire sbadigliando.
«Non possiamo stare ferme qui e aspettare che passi. Chissà quanto tempo ci vorrà…».
«Già, già…», mosse il capo l’amica con aria assente, anche se in realtà stava pensando ad altro.
«No Anne, dico davvero! Ascoltami! Lì fuori, da qualche parte c’è chi ha causato tutto ciò. Noi lo troveremo E gli daremo una bella lezione!».
«Certo, certo», disse distratta la vicina, poi accortasi che tirava aria di guai trasalì: «Cosa? No, no, no cara mia! Noi staremo qua e aspetteremo che qualcuno risolva tutto e solo allora usciremo da qui. Anzi, quasi quasi torno a dormire».
«Non ci penso neanche a stare qui ferma. Io vado. Tu fai quello che vuoi… ».
E senza esitazioni Lucy volò verso l’uscita dell’alveare. Anne si guardò le spalle, poi le volò dietro sbuffando. Aveva sì paura di qualsiasi cosa, ma più di tutto aveva paura di rimanere sola senza la sua unica, e forse proprio per questo, migliore amica.
Stando ben attente a non farsi vedere, fuggirono così fuori e in un batter d’occhio si ritrovarono avvolte da una gigantesca nuvola grigia e, proprio come avevano descritto le inquiline, si trattava di qualcosa di spaventoso, e di mai visto prima. L’aria era irrespirabile, la nuvola avvolgeva nella sua morsa stretta tutto ciò che incontrava, rendendo impossibile orientarsi, e distinguere un albero da un palo della luce.
«Da questa parte, Seguimi!», stava urlando a gran voce Lucy all’amica. Aveva scorto la fine del grigiore ed era decisa ad uscirne. Fu lungo e a tratti sembrò impossibile, ma le due amiche si trovarono fuori dalla grande nuvola grigia a rivedere la luce del sole e i colori. Sfinite si appoggiarono su un ramo ancora spoglio per riprendere forza e capire cosa stava succedendo.
«È pazzesco! Sembra un mostro inghiottitore di colori», disse Anne, guardando spaventata il tremendo spettacolo davanti ai suoi occhi. «Già! Ma non capisco da dove provenga». Lucy, invece, non provava paura, o almeno non la mostrava. Tutte le sue energie erano concentrate sul trovare l’origine di quella mostruosa nuvola che inghiottiva tutto ciò che si trovava davanti.
«Che cos’è quella cosa lì in fondo?» chiese poco dopo Anne, indicando con un’antenna un grande uccello, dalle cui ali usciva del liquido che cadeva a sua volta nei campi sottostanti. Lucy sgranò gli occhi. Non aveva mai visto un animale volante così. Era grande quanto dieci falchi, trenta merli e forse milioni di api. Era nero e bianco, con due grandi ali. Lucy ed Anne rimasero a bocca aperta a guardare, cercando di capire da dove arrivasse quell’essere così grande e spaventoso.
«Ok, moriremo tutte. Non c’è speranza. Ti ho voluto bene amica, ma siamo spacciate. Non possiamo fermare quel mostro-uccello». Lucy per la prima volta da tanto tempo era senza parole. Si addormentarono lì, su quel ramo, distrutte dalla fatica e sconfitte dal triste destino che attendeva loro due e tutte le amiche rimaste nell’alveare, che ancora non conoscevano la fine che le aspettava.
«Buongiorno!! Ben svegliata!!», disse pimpante e felice Lucy l’indomani, prima del sorgere del sole. Lei e Anne avevano dormito abbracciate sullo stesso ramo su cui avevano trovato riparo il giorno prima. «No, non si tratta di un mostro… è che quando io mangio in realtà tu… » Anne stava blaterando parole senza senso nel sonno. Lucy allora ripeté il suo buongiorno, questa volta urlando: «Buongiorno Anne!! Ben svegliata! Spero tu abbia dormito bene!» Anne aprì un occhio, poi l’altro. Ma si svegliò davvero pochi istanti dopo, quando Lucy esclamò tutta allegra: «Oggi è un gran gioioso giorno!».
«Certo! Il giorno della nostra fine! Cosa ci sarà di gioioso in tutto ciò?».
«No, della sua di fine!» disse indicando il grande mostro-uccello che si trovava ancora lì, in fondo al campo, questa volta però poggiato a terra.
Lucy aveva in mente un piano ben preciso e senza prendere fiato lo raccontò tutto all’amica, che per una prima volta era davvero in ascolto delle parole di Lucy!
Presero il volo e tornarono a tutta velocità nel loro alveare per raccontare quanto scoperto e soprattutto l’astuto piano che Lucy aveva pensato per uscire da quel guaio. Poche ore dopo il grande uccello si rialzò in volo, per continuare il suo lavoro di distruzione di tutto ciò che trovava sotto di lui. Appena sentirono il rumoroso frastuono che si avvicinava, dall’alveare di Lucy e da quelli vicini, chiamati in loro soccorso, uscì una folla di api pronte a cacciare l’indesiderato produttore di nuvole grigie. Volarono insieme, trattenendo il respiro, formando un grande, immenso, nero uccello.
Era ancora più grande di quanto lo fosse il nemico. Insieme, unite, una vicina all’altra, le api volarono in direzione dell’origine dei loro guai. Il grande uccello bianco e nero si fermò, smise di lanciare il suo liquido, forse confuso, forse spaventato, si girò, cambiando la sua direzione di marcia, e accelerando volò via, da dove era arrivato, senza tornare mai più. Le api esultanti si abbracciarono. Insieme erano riuscite a vincere il mostro-uccello e a danzare di nuovo, ancora una volta insieme, l’una con l’altra, a formare un unico grande essere. La vita per loro e le altre creature vicine, poteva finalmente riprendere.
La primavera ora stava davvero arrivando.
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