Officine Recycle: una nuova vita per uomini e biciclette – Io faccio così #315
Seguici su:
Modena - «Ho fatto per anni il disegnatore meccanico, arrivavo a casa la sera sempre grigio e non avevo le energie per stare con mia figlia», racconta Marco. «Io facevo campionamenti ambientali vicino ai camini delle fabbriche, ma i risultati venivano sempre falsificati perché non rispettavano i limiti di legge», gli fa eco Erik. «E io non sapevo più dove sbattere la testa!», chiosa Cristian.
Tre storie di tre ragazzi normali. Ed era la normalità stessa che li soffocava, rendendo la loro vita una continua, vana, rincorsa verso la felicità. Due le cose che li accomunano: il coraggio di cambiare, lanciandosi senza rete di sicurezza verso un progetto lavorativo che disinnescasse il lento ticchettio di una vita destinata a ingrigirsi ogni giorno di più. E la passione per la bicicletta.
Quando entriamo nel capannone di Officine Recycle, Marco ci accoglie sorridendo, in ciabatte e calzoncini corti nonostante il gelo dell’autunno padano si faccia sentire dentro e fuori l’officina, carico di buste della spesa. «Gnocchi e fagioli stufati vanno bene per pranzo? Avete sete che vi apro una birretta?», sono le prime domande che ci rivolge.
Prima di farci raccontare la storia del progetto mangiamo, beviamo e conversiamo. Sembra una serata in compagnia degli amici di una vita. Si parla di cambiamento, di lavoro, di coraggio, di famiglia e, naturalmente, di bici. Mi rendo conto che dopo quattro chiacchiere davanti a una birra potrei già scrivere pagine e pagine sulla loro scelta, ma il lavoro è lavoro, così li facciamo accomodare su un divanetto, accendiamo la telecamera e iniziamo l’intervista.
«In Officine Recycle creiamo biciclette su misura», spiega Marco raccontando la genesi del progetto. «Il concetto che sta alla base è il riciclo di vecchie biciclette: vecchie telai che venivano trasformati in cargo-bike, ovvero biciclette da carico. Negli anni il progetto è cresciuto tanto e oggi realizziamo tutti i pezzi all’interno della nostra officina».
I telai realizzati vengono venduti direttamente, senza intermediari. Questa scelta penalizza i produttori dal punto di vista commerciale, ma è una scelta etica: «In questo modo – spiega Marco – l’acquirente finale ha l’opportunità di pagare per il vero valore della bicicletta, perché di mezzo non ci sono container che passano per Taiwan, intermediari e rivenditori».
Inevitabilmente il discorso tocca anche il tema della mobilità: «Una cargo-bike nasce dal bisogno di muoversi in città come se si guidasse un’automobile e per questo negli anni abbiamo sviluppato pianali, box in alluminio per le consegne, cassoni in legno con seggiolini e cinture per il trasporto di bambini. Quando sei fermo al semaforo con la tua auto e accanto a te sfreccia il tuo collega in bicicletta che arriva al lavoro prima di te, magari un pensierino lo fai!».
Dopo l’intervista il lavoro riprenderà e noi avremo l’occasione di assistere alle dinamiche della produzione, affascinati dalle scintille della saldatrice di Marco come bambini davanti a un gioco pirotecnico. Lui è il “mastro di bottega” che si occupa principalmente di assemblare i telai, mentre Erik e Cristian eseguono i lavori di pulitura e smerigliatura delle saldature, assemblaggio dei componenti meccanici, logistica e trasporto dei pezzi per ulteriori lavorazioni.
«Questo è un ambiente più familiare che lavorativo – racconta Cristian –, non come prima, quando il lavoro era una sofferenza per portare a casa la pagnotta. Qua è vivere, semplicemente vivere». «Il lavoro, il tempo libero e la vita si fondono insieme», gli fa eco Marco, che sottolinea la leggerezza del “fare ciò che ci piace”, una passione che rende piacevoli anche le notti passate al banco a fare gli straordinari per evadere una commessa.
Mi raccomando però, non commettete l’errore di pensare che sia stato tutto facile per i ragazzi di Officine Recycle. L’incertezza economica del salto da dipendente con contratto a tempo indeterminato a imprenditore – peraltro in un settore ancora giovane come quello della telaistica per cargo-bike – è stata per anni ed è tutt’ora un fantasma che aleggia fra le stanze dell’officina, con cui però Marco e gli altri ragazzi convivono serenamente. «Oggi lavoro più di prima – confessa –, ma faccio ciò che mi piace e poter gestire il mio tempo non ha prezzo. Se voglio, inizio a saldare la mattina presto così all’ora di pranzo ho finito e posso chiudere bottega e andare a prendere mia figlia per godermi un giro in bicicletta con lei, in assoluta libertà».
Mentre smontiamo l’attrezzatura e ci prepariamo a salutare i ragazzi, scorgo una strana bicicletta nel capanno attiguo all’officina. L’ha costruita Marco per partecipare a un raduno, è una specie di Frankenstein a due ruote: due telai saldati, il sellino e il manubrio a due metri d’altezza, una vasca di alluminio dietro la ruota anteriore, i tubolari dipinti di verde, giallo e rosso. Sorrido pensando che rispecchia perfettamente la filosofia delle Officine Recycle: tanti pezzi vecchi messi insieme per costruire qualcosa di nuovo, un mezzo all’apparenza instabile e precario, ma al tempo stesso colorato, allegro, scanzonato, libero e felice. E, pensate un po’, se pedalate vi può portare ovunque!
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento