Una officina sociale che insegna il “saper fare” e restituisce dignità ai migranti
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Campania - Riccardo Dalisi è un architetto, designer e “Compasso d’oro alla carriera” napoletano che qualche tempo fa ha deciso di utilizzare la creatività e il suo sapere per creare inclusione, per dare voce e locazione ai migranti, per assicurare loro un futuro e non solo sussistenza. Con questo desiderio, crea l’Officina Sociale Avventure di Latta, progetto che mira alla realizzazione di laboratori creativi per traslarli in occupazione lavorativa.
Per dare corpo all’idea, si appoggia all’associazione Samb&Diop, impegnata sul fronte dell’inclusione di uomini e donne principalmente di origine africana. In questo modo le due realtà iniziano a collaborare, trovano una sede in via Tribunali 188 all’interno della chiesa di Santa Maria del Rifugio e formano dieci migranti africani, alcuni dei quali rifugiati politici.
È il 2015 quando, per la prima volta a Napoli, l’arte funge da terapia e da ponte comunicativo tra culture diverse. Ne abbiamo parlato con Marco Cecere – 34 anni, imprenditore sociale e direttore artistico dell’Associazione – e con Fabrizia D’Alise, 28 anni, studentessa di ingegneria edile e responsabile social-media marketing dell’associazione.
Entrambi, pieni di passione, ci raccontano di come l’Associazione Samb&Diop sia stata voluta fortemente da Padre Zanotelli in seguito alla prima ondata migratoria del 2010/2011. Egli ci teneva che i migranti imparassero l’italiano e per questo creò dei corsi di lingua ai quali si affiancarono nel 2013 i primi laboratori di artigianato, falegnameria, sartoria e lavorazione dei metalli.
Poi, nel 2015, tramite l’Officina Sociale Avventure di Latta quei laboratori si trasformarono da semplice percorso didattico a opportunità lavorativa. Le creazioni venivano vendute e il ricavato diviso in due parti: una utilizzata come stipendio per i migranti e un’altra reinvestita per l’acquisto di macchinari.
Ecco che il semplice laboratorio diventa un laboratorio di produzione. I metalli vengono impiegati per creare gioielli, lampade, accessori di design, installazioni e sculture attraverso le antiche tecniche di lavorazione dei lattonieri e degli orefici napoletani.
Ogni creazione è il frutto di storie, di racconti, di speranze. Il processo produttivo in questa ottica acquisisce maggior importanza del prodotto finito; la priorità dell’associazione infatti è far sì che attraverso la manipolazione e la creatività le due culture possano unirsi rispettando e nutrendosi delle rispettive differenze.
I migranti vengono a conoscenza del progetto tramite il passaparola e molti di loro abbracciano l’associazione inizialmente per i corsi di italiano. Oggi stanno lavorando attivamente in sei, provenienti da varie parti dell’Africa. Molti di loro fanno fatica a raccontarsi – le ferite fanno ancora male – mentre altri trovano forza e coraggio nel parlare di loro stessi, nel raccontare le speranze che nascono dal desiderio di trovare una vita migliore.
Raccontano del loro tragitto in barca, parlano di morte mantenendo forza e volontà salda per rinascere. L’Officina Sociale Avventura di Latta dà loro questa possibilità puntando sulle loro capacità, cucendo l’autostima che deriva da non sentirsi più un “disperato”, ma una risorsa. La dignità del lavoro li aiuta a ricollocarsi nel mondo e in una nuova identità.
L’Officina, ora ferma causa Covid, vanta riconoscimenti e svariate collaborazioni: ha partecipato a mostre quali la “Porto Biennale Design 2019” e “ Stoccolma Design Week 2018”, collabora con “Gay Odin” e “E.Marinella”. Le loro creazioni sono belle, ma di quel bello che si racconta, di quel bello che sa di vita, di quel bello che nutre.
Marco e Fabrizia concludono dicendoci che il loro obiettivo e il loro scopo sono quelli di proporre una sorta di “terza sponda” dell’economia dove arte, sociale e un nuovo sistema produttivo collaborino per creare nuove opportunità e per l’abbattimento di tante inutili barriere. Hanno uno shop online, perciò se volete fare un regalo, loro vi aspettano!
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