NonUnoMeno: “Creiamo occasioni di inserimento lavorativo e inclusione sociale”
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Savona - Mi trovo nel “budello” di Alassio, ovvero la via che costeggia il mare. Le porte dell’ascensore all’ultimo piano dell’edificio della biblioteca si aprono davanti a me. Con Paolo entro in una lunga stanza con un angolo lettura, allestita con divani e separata da librerie, e tanti tavolini di grandezze differenti invitano a prendere posto, ognuno il suo.
Da alcune piccole finestre posizionate lungo la lunga e stretta stanza si vede un unico colore: il blu. Una linea netta divide la tonalità più intensa del mare, da quello del cielo. Se non fossi certa dagli altri sensi di trovarmi sulla terra ferma, giurerei di essere all’interno di una grande imbarcazione in navigazione. Intorno a noi colori, oggetti in legno autoprodotti, frasi che invitano alla collaborazione e accettazione dell’altro: tutti gli elementi sembrano mixarsi per accogliere i forestieri che qui arrivano.
Ad aspettarci con un sorriso di benvenuto troviamo Andrea Varaldo e Cinzia Cerasa, rispettivamente coordinatore ed educatrice di NonUnoMeno: un progetto gestito dalla cooperativa Jobel, che si occupa di inserimento lavorativo di persone considerate fragili. Andrea e Cinzia, nonostante l’attività sia momentaneamente chiusa al pubblico per le restrizioni ministeriali, ci fanno assaporare l’aria che qui si respira. Ci presentano il loro lavoro – divenuto da tempo passione – con tale entusiasmo che è difficile rimanerne distaccati.
La nascita
«NonUnoMeno – ci racconta Andrea, coordinatore del progetto – è nato nel 2013 dalla sinergia con l’ANFFAS, il comune di Alassio, la coop. Jobel e l’istituto Alberghiero di Alassio. Ci occupiamo di ideare, creare e gestire attività di ristorazione e caffetteria, coinvolgendo ragazzi e ragazze che arrivano da progetti per rifugiati, carcerati o inserimenti lavorativi di giovani svantaggiati, con disabilità di diversa natura.
Il progetto si basa sul creare opportunità di inclusione attiva di persone con bisogni speciali, attraverso un modello sperimentale di creazione di imprese vincenti: ad oggi gestiamo un chiosco nel comune di Albenga e l’area verde circostante, un ristorante ad Alassio, uno a Finalborgo e tra pochi mesi ne apriremo uno anche ad Andora».
I progressi sono davanti a noi
In questi anni sono stati accompagnati e formati – attraverso il progetto NonUnoMeno – circa 120 persone: alcuni con problemi intellettivi o sociali lievi, altri al contrario con disabilità più importanti che non permettevano loro azioni semplici come impugnare un utensile, o comprendere istruzioni che venivano loro date. Cinzia ci racconta come con il passare del tempo alcuni di loro abbiano fatto balzi da gigante: inizialmente sembravano impossibilitati a fare azioni quotidiane, ma oggi sono in grado di cucinare torte buonissime in totale autonomia. E forse proprio per questo Cinzia descrive così il suo lavoro: «NonUnoMeno è stato il progetto più ricco, denso, impegnativo, faticoso che io abbia mai fatto nella mia vita lavorativa, ma è quello da cui io ho tratto più insegnamenti».
Oltre alle collaborazioni iniziali, ad oggi il progetto coopera anche con i Comuni del Comprensorio ed i Servizi di inserimento lavorativo disabili (SILD finalese e albenganese), e con il Centro di salute mentale di Albenga.
Un fine più alto
«La cosa bella delle attività di NonUnoMeno è che sono tutte collegate tra di loro: possiamo supportarci reciprocamente, apprendere, e scambiare esperienze e competenze. Vogliamo che queste ragazze e questi ragazzi imparino a camminare con le loro gambe», permettendo loro di raggiungere competenze e conoscenze utili per trovare un lavoro idoneo alle loro esigenze e possibilità, in modo che possano essere indipendenti e autonomi.
Andrea, che ha una formazione economica, ci spiega che il modello che stanno sperimentando è potenzialmente replicabile in diversi luoghi e settori: permette infatti sia uno sviluppo sociale, che uno economico.
Molte cooperative si occupano da tempo di inserimenti lavorativi, ma in pochi casi investono direttamente nella gestione di attività imprenditoriali, e ancor meno spesso tali attività sono redditizie, permettendo all’intero processo sociale ed economico di poter continuare ad esistere e svilupparsi.
Il parco Peter Pan di Albenga e la storia di Ilaria
Uno dei progetto gestiti da NonUnoMeno si trova in una delle vie principali di Albenga: la cooperativa infatti gestisce la pulizia quotidiana del parco Peter Pan e il chiosco al suo interno. Ed è proprio lì che con Paolo conosciamo Janine Schipper, la coordinatrice dell’attività di Albenga, e Ilaria Bonanni, inserita da circa un anno e mezzo nel progetto.
Ilaria ha un’energia esplosiva e coinvolgente: la conosciamo da appena cinque minuti e inizia a raccontarci la sua storia, è entusiasta di ciò che fa. Ci spiega che qualche anno fa, quando aveva 20 anni, le è stata diagnosticata la sindrome di Asperger. Sino ad allora ha sofferto molto: si sentiva sempre in difficoltà in famiglia e fuori, gli insegnanti le dicevano che non aveva voglia di imparare, i compagni la prendevano in giro. Nessuno la comprendeva e, sorridendo, ci confida che forse in fondo neanche lei si capiva bene. «Venendo a lavorare qui sono migliorata tantissimo: sto molto meglio. Grazie a questo posto ho scoperto che non sono da sola, che siamo in tanti ad essere “diversi”. Quando ho iniziato avevo paura di essere considerata strana, ma con il passare del tempo mi sono accorta di non essere solo io così e questo mi ha resa più sicura. Mi sono sentita accettata».
Sentire Ilaria parlare emoziona. Raramente mi è capitato di confrontarmi con una ragazza così. Ha mille talenti: disegna in maniera incredibile, canta molto bene, ha doti relazionali che raramente si trovano in una persona così giovane e non sa dire bugie. Possiede quella trasparenza che solo esseri puri che hanno sofferto riescono a mantenere e a mostrare senza vergogna. Tutto ciò mi sorprende senza comprenderne il motivo e mi trovo così dopo giorni dal nostro incontro a chiedermi perché: forse l’idea che attività sociali siano esclusivamente di aiuto a persone definite più svantaggiate, è antica quanto non veritiera.
Conoscere da vicino persone come Ilaria scuote. Permette di entrare in contatto con la parte più fragile di se stessi, guardarla e non averne paura. Ilaria insegna che dalla fragilità si può ricavare la propria forza. Chissà quanti talenti, quanti occhi che brillano e capacità inespresse ci sono là fuori, quante parole ed esperienze ancora non ascoltate, quanti sogni non pronunciati.
Prima di andarcene, Ilaria, ci chiede di lanciare un ultimo appello: «Voglio smontare il pregiudizio che i ragazzi disabili devono stare solo con i ragazzi disabili, non è vero! Siamo come tutti gli altri: abbiamo bisogno di interagire come tutti».
E allora forse proprio in questo momento in cui le interazioni sono limitate e vincolate, non dimentichiamocene: abbiamo tutti bisogno di relazioni, di interagire con il prossimo. Apriamoci alle diversità, alle relazioni, abbandonando paure e pregiudizi. Potremmo rimanere stupiti da ciò che ci aspetta!
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