Dall’efficienza energetica ai materiali naturali – Io rifaccio casa così #2
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Se si ha una sensibilità al problema ecologico, quando si ristruttura casa il primo pensiero va alla produzione di energia. Ci si interroga su quale possa essere il miglior modo di produrre l’energia elettrica che consumiamo e – se si è particolarmente consapevoli del tema – quale sia la miglior fonte di riscaldamento. I più sensibili, poi, si interrogano su come fare a consumare meno energia. Entrano quindi nel mondo del risparmio energetico e dell’efficienza energetica. A questo punto, ci si confronta con i “cappotti termici”, gli infissi con doppio o triplo vetro, i ponti termici, i punti di rugiada, la ventilazione forzata e così via.
Premesso che il processo mentale dovrebbe essere quello inverso – prima intervengo sugli sprechi, isolo una casa, diminuisco i consumi e poi mi chiedo come produrre l’energia residua necessaria per riscaldarla e illuminarla –, è importante sottolineare che tutti questi interventi di efficienza energetica e risparmio possono essere realizzati in tanti modi diversi, alcuni molto ma molto più sostenibili di altri (per il pianeta e per la propria salute).
E qui torniamo alla nostra mitica casetta tra i monti liguri. Sì, quella che io e mia moglie “abbiamo rifatto così”. Nella prima puntata di questa serie, vi ho raccontato come tutto ha avuto inizio. Oggi vi voglio raccontare come siamo passati da un semplice “facciamo un cappotto” ad un isolamento esterno in canapa, interno in terra, con infissi in legno, vernici e materiali naturali ecc. Innanzitutto una nota di colore. Correva il lontano 2008 quando intervistai per la prima volta Maurizio Pallante. All’epoca non conoscevo il mondo della bioedilizia, e quando Pallante – introducendomi alla decrescita felice – mi spiegò che anziché accendere sempre il riscaldamento o interrogarsi su che energia utilizzare, la cosa più semplice era mettere un bel cappotto, il mio entusiasmo vacillò. “Va bene un maglione di lana più pesante – pensai – ma addirittura stare con il cappotto in casa…”.
Non sto scherzando. Credetti davvero che Pallante mi stesse invitando a stare in casa con il giaccone. Solo riascoltando la registrazione dell’intervista compresi che si riferiva all’isolamento termico. Vi racconto questo episodio per sottolineare come spesso gli addetti ai lavori diano per scontato una marea di cose (e non mi riferisco certo a Pallante, che è ottimo divulgatore, ma ai tecnici e agli appassionati di bioedilizia). Se decidete di ristrutturare casa, quindi, non abbiate paura di chiedere, chiedere, chiedere.
Ma torniamo alla casa tra i monti. Io ed Emanuela avevamo trovato, dopo mille peripezie, un architetto affidabile (il già citato nello scorso articolo Silverio Edel). Silverio ci aveva aiutato a ridisegnare la casa, rendendo gli spazi il più possibile vicini ai nostri sogni. Eravamo, inoltre, molto interessati a ridurre gli sprechi e i consumi e per questo contattammo ènostra e il mitico Tommaso Gamaleri. Quando Tommaso venne a casa nostra, gli chiedemmo informazioni sul cappotto in paglia. Ci sembrava bella l’idea di usare materiali naturali e poi pensavamo che costasse meno.
Tommaso e la sua collega Lucia Macario – entrambi ingegneri – ci fecero una serie di comparazione tecniche in cui confrontavano le prestazioni dei diversi materiali e ci presentarono Fausto Cerboni, di Terrapaglia. Fausto venne a trovarci e dopo un po’ di riflessioni, rivoluzionò il nostro mondo. “Ma quale polistirene, ma quale lana di vetro, ma quale infissi in pvc, ma quali vernici sintetiche. Via tutto!”. In effetti, riflettendo, divenne presto evidente che realizzare un cappotto in materiali naturali garantiva tutta una serie di proprietà che non erano intrinseche alla maggior parte dei materiali sintetici, ma soprattutto… era infinitamente meno impattante sull’ambiente e sulla salute.
Già, anche sulla salute. Perché se in pochi si interrogano sull’impatto che i materiali di un’abitazione hanno sul pianeta, quasi nessuno – mentre utilizza vernici industriali, imbottisce la casa di polistirolo, pvc e colle di vario tipo – si chiede che cosa respirerà negli anni a venire. Cosa respireranno i nostri figli mentre dormono? Cosa respireremo noi? Ed ecco che, passo dopo passo, abbiamo deciso di fare il cappotto esterno in canapa (non in paglia ma in canapa per una serie di questioni legate al tasso di umidità), un rivestimento interno di terra (che fa da regolatore naturale del vapore acqueo interno), degli infissi in legno grezzo non verniciato (che abbiamo poi protetto io ed Emanuela con olio di lino e limonene) e così via. Ogni dettaglio è stato ripensato in un’ottica di sostenibilità ambientale e umana.
Mentre scrivo questo articolo, il cantiere è finito da pochi mesi e la casa è totalmente priva di odori legati alle pareti, alle vernici, alle finestre, ai pavimenti. Respiro l’odore della terra, del legno, dell’acqua, della paglia. Me ne nutro ogni giorno e ogni notte.
E i costi? E i tempi? Approfondiremo nei prossimi articoli il dettaglio dei lavori che abbiamo realizzato, ma posso anticiparvi che i costi non sono affatto bassi. I materiali naturali non sono al momento più economici di quelli “industriali”. Se va bene si spende la stessa cifra, ma molto probabilmente spenderete qualcosa in più.
Come detto, però, in questo momento gran parte se non tutto l’investimento sarà sostenuto dallo Stato (approfondiremo anche questo aspetto in una prossima puntata). I tempi, invece, variano. Se c’è una cosa che ho imparato in un anno di cantiere è che i materiali naturali sono imprevedibili e imprevedibili sono i loro tempi di lavorazione. Ma la salute nostra e quella del Pianeta, forse, meritano i tempi che la Natura ci propone. E poi, si sa, “una casa è per sempre”. Se la fai bene, per davvero.
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