Cresce l’Albero della Tuscia, la comunità educante libertaria del Lamone
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Nella Tuscia Viterbese, Comune di Farnese, c’è un pezzo dell’Italia che cambia. Si chiama Albero della Tuscia ed è una scuola libertaria co-gestita da una ventina di bambini e ragazzi insieme ai loro educatori e genitori. Sorge in uno dei luoghi più solitari e remoti del Lazio, la Selva del Lamone, una riserva naturale di 2 mila ettari che custodisce un bosco aspro e selvaggio, a tratti impenetrabile, formatosi su una colata lavica risalente a un periodo compreso tra 150mila e 50mila anni fa.
Un posto davvero scenografico che richiama alla mente le foreste di Avatar, del Signore degli Anelli e di Guerre Stellari (ci hanno in effetti ambientato un film: la serie televisiva Netflix Luna Nera). Un ambiente naturale che ad Anna Cacciamani e Alessio Tacchetti, nel 2017, sembrò adatto per far nascere la loro scuola antiautoritaria, basata sui principi del pensiero anarchico e parte della Rete per l’Educazione Libertaria italiana (REL).
Tale progetto educativo (ne avevamo parlato qui quando era ancora in una fase embrionale) è una messa in gioco continua per tutti coloro che lo co-costruiscono ogni giorno. Richiede infatti un lavoro costante di destrutturazione dei tradizionali ruoli asimmetrici di insegnante-allievo e di genitore-figlio a favore di un approccio paritario e democratico tra adulti e minori. Richiede anche la capacità di accogliere e sostenere il peso di incertezze, vulnerabilità, disordine e imperfezione.
Prima di approdare in Tuscia, Anna e Alessio, entrambi quarantenni e genitori di quattro figli, avevano maturato alcuni anni di esperienza all’asilo nido (sempre ad approccio ambientale libertario) Nati Oggi di Roma, da loro fondato e gestito. «La scuola libertaria, a differenza di quelle, ad esempio, steineriano o montessoriano, non si basa su un metodo fisso ma viene creata giorno dopo giorno attraverso pratiche» racconta Anna. «È un percorso auto educante che vive nel qui ed ora e si nutre del presente. La radice sta nella relazione orizzontale: qui nessuno insegna, tutti apprendiamo. Se c’è un metodo, è quello del consenso, in cui bambini e ragazzi co-decidono insieme agli adulti sia le materie di insegnamento che i laboratori».
Al bambino e al ragazzo è data la facoltà di scegliere cosa fare, come e quando farlo e, persino, da chi essere educato; all’adulto è affidato il ruolo di accompagnatore, che non giudica, non valuta, non corregge, ma aiuta l’allievo a prendere consapevolezza dei propri processi di pensiero e ad auto correggersi qualora essi portino ad errori. «L’idea è che un adulto non possa e non debba imporre al bambino nessun tipo di scelta ma che minori e adulti possano camminare insieme» dice Alessio . «L’obiettivo di questo progetto educativo è che bambini e ragazzi diventino pienamente sé stessi, in modo da essere, un domani, adulti liberi, autonomi, consapevoli, determinati a vivere la propria vita, non quella che impone loro qualcun altro».
Gli allievi che frequentano l’Albero della Tuscia hanno dai 3 a 13 anni (la scuola accoglie fino al 14° anno di età) e provengono dai Comuni di Farnese, Montefiascone, Canino, Bolsena, Gradoli, Tuscania: un ampio territorio che Alessio ogni mattina percorre con il suo pulmino per portarli a scuola alle 9 e riportarli a casa dopo le 16. Alla scuola libertaria del Lamone si studiano italiano, storia, geografia, matematica e geometria, scienze e tecnologia, inglese e spagnolo e attualmente sono attivi diversi laboratori – scelti e organizzati dagli stessi bambini e ragazzi – di uncinetto, falegnameria, origami, costruzioni, manga giapponesi. Gli ospiti in età prescolare, circa la metà del gruppo, svolgono attività adatte alla loro fase di vita, incentrate sul gioco nel contatto con la natura e i suoi elementi.
Ma le materie più importanti, per tutti sono quelle che si imparano nei “cerchi” dove adulti e minori condividono emozioni, idee, bisogni e dove si prendono tutte le decisioni che riguardano la comunità. Qui si apprende ad ascoltare e ad accogliere l’altro, a comunicare e a gestire il conflitto, a costruire insieme, nella massima condivisione, i percorsi decisionali. «Dalla nostra scuola escono bambini e ragazzi che forse hanno un livello di istruzione meno standardizzato ma più conoscenza di sé e del mondo e maggiore capacità di gestire le relazioni interpersonali», afferma Anna. «Noi siamo una scuola giovane e non abbiamo ancora ex allievi ma le testimonianze di ex studenti di altre scuole libertarie, oggi professionisti affermati, sono tutte molto incoraggianti. La nostra motivazione e soddisfazione più grande è, intanto, vedere le trasformazioni positive che accadono nei nostri bambini e ragazzi».
Un altro luogo dove si fa scuola (di vita) è la cucina. Ogni giorno, dalle 12 alle 14, il pranzo comunitario è preparato, a turno, dagli studenti assieme a un educatore, così come è compito loro apparecchiare, sparecchiare e lavare i piatti. «La cura dell’alimentazione è una delle caratteristiche peculiari dell’Albero della Tuscia. Per la preparazione del pasto vengono impiegati prodotti provenienti da aziende agricole biologiche del territorio».
In questa scuola, anche i genitori sono parte attiva e, con i figli, si impegnano nelle “custodie”, ovvero nei compiti di cura, manutenzione e riordino degli spazi, approvvigionamento dei materiali come la legna per la stufa o la merenda di metà mattina e pomeriggio, preparata e portata a turno da alcune mamme. Il nuovo obiettivo è ora riparare la serra di 800 metri quadrati che insiste sulla proprietà per realizzarvi un orto comunitario i cui ortaggi e frutti potranno essere sia impiegati per i pasti sia venduti per autofinanziare le attività della scuola, creando così una piccola economia.
Una delle esperienze più significative nate negli scorsi mesi, è stata la costruzione di un villaggio nella selva dove bambini e ragazzi non solo hanno voluto costruire capanne, tende, giochi ma anche assegnare e rivestire cariche pubbliche, eleggendo un sindaco e un consiglio. Una scelta davvero significativa per una comunità anarchica!
Raccontata così questa innovativa esperienza didattica sembra un sogno. Sembra la scuola che tutti avremmo voluto avere in cui nessun insegnante, in un momento di rabbia, ci venga a dire: “Stai seduto al tuo posto!”. Ma, come dice il proverbio, non è tutto ora quel che luccica. Ci sono anche molte sfide, che Anna e Alessio non nascondono. In questo momento, ad esempio, c’è un problema legato agli spazi didattici: la scuola è cresciuta e, dagli otto iniziali, ora conta una ventina di allievi, di età molto diverse, e l’edificio messo a disposizione dal Comune non è più sufficiente. Quando il meteo non consente di fare attività didattica all’aperto, i tre gruppi in cui sono suddivisi gli studenti in base all’età (asilo, elementari e medie) si trovano a fare lezione nello stesso open-space. Sono allo studio diverse soluzioni tra cui la possibilità di addentrarsi un po’ più nella selva e occupare le ex case dei carbonai.
Ma ci sono anche le sfide propriamente legate al modello pedagogico scelto in cui libertà, diritti, dialogo, spontaneità, consenso, orizzontalità, pariteticità rischiano di rimanere orfani dei loro contrari, ugualmente necessari per il successo educativo, di responsabilità, doveri, disciplina, autorevolezza, efficacia, con effetti forse non del tutto prevedibili. Chi fosse attratto dalla realtà delle scuole libertarie, la può approfondire attraverso il documentario Figli della libertà (2017) di Lucio Basadonne e Anna Pollio.
Le foto che ritraggono attività della scuola, sono state scattate prima della pandemia da Covid-19.
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