Costruire sostenibile: l’esperienza dell'”agriarchigiano” di La Spezia
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La Spezia - Federico Bernabo è un architetto spezzino specializzato in bioedilizia: si occupa di ristrutturazioni, di nuove edificazioni private e di progettazione di biopiscine. La sua specializzazione deriva dalla forte coscienza ecologica sviluppata durante l’infanzia. «Pur essendo nato in città ho avuto modo di frequentare spesso il campo degli zii o del nonno e passavo intere estati in montagna, quella poco turistica, a contatto, oltre che con la natura, anche con chi viveva di pastorizia o di altre attività agricole».
E siccome la biofilia è innata, ma va coltivata e stimolata, Federico proprio in quel periodo metabolizza il rispetto verso la terra e interiorizza che anche noi siamo parte dell’intero ciclo della natura: «Un’estate ricordo di aver assistito al lavoro di recupero di una parte di tetto in legno di una piccola stalla, un ricovero storico con una struttura che si vede tuttora in alcune zone dell’alta Garfagnana. Conservava ancora la copertura di segale, coltivata in zona, ed era uno strato molto spesso. Era lo stesso custode del gregge di pecore a sovrapporre e fissare sapientemente gli strati di quel cereale con le proprie mani. Forse è stato proprio quell’episodio a fissarmi dentro l’arte del saper fare con le proprie mani e con i materiali che si hanno a disposizione, come la pietra, il legno, la paglia, la terra».
I MATERIALI
Legno, sughero, paglia, canapa sono i materiali più utilizzati in bioedilizia. Federico mi racconta che durante gli studi di architettura, aveva un po’ dimenticato questo aspetto, così portante nell’ambito della progettazione sostenibile, ma si riappropria di questo sentire durante un corso di permacultura. «Ho riscoperto l’uso della paglia nella costruzione delle case e, soprattutto, ho conosciuto molte persone che condividono idee e mettono in pratica quotidianamente ciò in cui credono, un atto politico. La paglia è uno dei materiali che preferisco perché risponde perfettamente a come, secondo me, dovrebbe essere intesa una progettazione sostenibile: è un materiale a basso costo, perché in realtà è uno scarto della produzione cerealicola e a fine ciclo di vita torna a essere humus per il terreno. Dal campo al campo».
IL LAVORO FUORI DALLO STUDIO
Una degli aspetti più interessanti di questo lavoro, per Federico, è proprio uscire dall’ufficio e prendere parte alle lavorazioni: «Per me il lavoro fuori dallo studio è fondamentale per riappropriarmi del gesto del costruire, del saper fare. Costruire anche la mia casa è stata un’esperienza fortissima». Mi rivela, poi, che una cosa che trova particolare e bellissima, come professionista, è che questo tipo di materiali non si trovano “su catalogo”, ma si scelgono direttamente sul campo. «Della paglia, per esempio, devi conoscerne le caratteristiche, in modo da progettare con criterio per ottimizzare le lavorazioni e per la buona riuscita del progetto».
LA RISPOSTA DEL TERRITORIO
«Negli anni ho avuto modo di essere chiamato a operare da committenti consapevoli che ricercano esattamente questi aspetti di sostenibilità, lontani da mode o da operazioni di mercato». Una committenza preparata, che sa di cosa si parla e condivide le scelte e le proposte di Federico.
Gli chiedo allora quali sono i nuovi progetti in cantiere: «Nel 2021 realizzeremo un piccolo centro sportivo nella prima periferia della Spezia, che sto proponendo proprio in legno e paglia: sarà un centro tendente all’autosufficienza energetica, ma siamo ancora al progetto preliminare».
Resto affascinata dalle parole di Federico, che mi ha raccontato di un lavoro che sa rispettare le regole dell’architettura, ma anche quelle dettate dalla sua personale sensibilità. Una professione che lega mente, cuore e mani.
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