La comunità di Porto di Terra: vivere la montagna della Sicilia tra permacultura e transizione – Io faccio così #314
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Palermo - Quest’estate durante il rientro a Palermo dopo il nostro tour in Sicilia abbiamo fatto una sosta all’interno del parco naturale delle Madonie, nei pressi di Polizzi Generosa, ad accoglierci le ragazze e i ragazzi di Porto di Terra. Per cercare di conciliare il nostro arrivo e il ritorno di Laura, una delle ragazze fondatrici del progetto, concordiamo di incontrarci la sera.
Lungo il tragitto superiamo qualche difficoltà, questa volta però Orsa minore, il mezzo che ci ha accompagnati per la Sicilia, dopo la frizione non si fa fermare dai rami bassi degli alberi.
È buio, la difficoltà e il percorso in salita ci fanno fin da subito ben sperare. “Domani sarà uno spettacolo!”, esclama Selena, community manager di Italia Che Cambia, che ancora, dopo più di una settimana di viaggio insieme, mi rivolge parola.
Approdati a Porto di Terra, il cielo stellato e l’aria pulita invitano a creare un legame intenso con il luogo e, come per altre tappe, sogno di poterci stare più tempo del previsto. La calorosa accoglienza di Laura e una cena tardiva fanno il resto.
Prima di riposare per la notte Momo e Snoopy, i nostri compagni di viaggio a quattro zampe, (prima o poi andavano citati), perlustrano la zona, seguendo le raccomandazioni di Laura che ci racconta dei vicini non sempre cordiali, i cinghiali. Con il suono del ruscello come melodia di sottofondo ci addormentiamo.
La mattina seguente esploriamo i terreni circostanti e le aspettative non vengono deluse. Ci sono gli orti con le verdure di stagione, le erbe aromatiche, gli alberi da frutto. C’è una gebbia dove rinfrescarsi (e dove Momo è caduto), ci sono gli asini per le passeggiate di gruppo condotte da Elena e Laura.
Prima del pranzo iniziamo la nostra intervista con Laura Maniscalco e Elena D’anna che, insieme ad altri ragazzi, animano il progetto.
«Porto di terra è un sogno e una direzione», racconta Laura. È un progetto di comunità, un polo culturale e di formazione basato sui principi di sostenibilità, permacultura, ecologia e transizione, all’interno del Parco delle Madonie. Nasce da un gruppo di amici e di amiche che hanno deciso di vivere e lavorare in montagna, a contatto con la natura, a pochi passi da Polizzi Generosa. Da lì la registrazione come associazione gli ha permesso di avviare progetti legati all’ospitalità e commercializzare alcuni dei prodotti della terra.
«Abbiamo passato circa un anno a prenderci cura del posto – continua Laura – scoprendo gli spazi, rifacendo i tetti, proteggendo gli spazi dall’allevamento allo stato brado, conoscendo i vicini, cercando di chiedere loro aiuto, tentando di capire come nella pratica trasformare quel lavoro di progettazione fatto sul gruppo e applicarlo al gruppo che radica nell’ambiente, in un habitat e in un territorio in generale».
Come indica il nome dell’associazione, le persone nel corso del tempo sono cambiate, ma lo spirito è rimasto lo stesso. «Confluiscono e continuano a confluire persone con competenze e qualità molto diverse tra loro che sono accomunate da una visione comune», racconta Elena, giunta lì in corso d’opera.
«Quando si sperimenta un certo stile di vita, una connessione profonda tra gli esseri umani e gli altri abitanti dell’ambiente, gli animali, gli alberi, le piante, la montagna, l’acqua, è molto difficile tornare indietro», continua Elena.
Tra le varie attività proposte ci sono quelle legate alla progettazione europea con l’adesione, quindi, a reti nazionali e internazionali, tra cui i campi di volontariato, l’erasmus plus e altri progetti di cooperazione internazionale con l’obiettivo di creare occasioni di formazione e confronto.
La maggior parte del cibo viene autoprodotto, ma, oltre a quello, da due anni Laura ed Elisa, una delle fondatrici, si dedicano alla produzione di erbe medicinali officinali, coltivate e/o raccolte in montagna, con un’associazione di nome Nepeta.
Tra i prossimi passi ci sarà la costruzione di un processo di comunità di valle per rispondere in modo collettivo a necessità ed aspirazioni di tutte le persone che abitano la zona e che negli ultimi vent’anni hanno assistito ad un progressivo spopolamento.
«L’Italia che cambia è un riappropriarsi del proprio tempo, riorganizzare l’asset dei valori, delle cose importanti e interrogarsi su cosa ci fa stare bene e su cosa ci fa stare male, perché faccio determinate scelte piuttosto che altre, quanto tempo dedico a quello che amo e alle persone che amo», queste alcune delle domande e delle riflessioni di Elena che concludono perfettamente la nostra intervista.
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