Undici proposte per salvare i nuovi centri culturali a rischio chiusura
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I nuovi centri culturali sono un’infrastruttura culturale e sociale nevralgica per l’Italia: sono spazi di prossimità il cui ruolo fondamentale è ancora più evidente nella crisi pandemica del 2020.
«Già durante la prima fase del Covid, in molte parti d’Italia i nuovi centri culturali hanno costituito la centrale operativa per forme di solidarietà di base che si sono organizzate per portare una risposta ai gruppi sociali più colpiti», dice Bertram Niessen, presidente dell’agenzia culturale cheFare. «Non si tratta solo di solidarietà materiale, come punti logistici per la raccolta e la distribuzione dei beni necessari, ma anche di supporto e sviluppo di progetti sempre più indispensabili a fronte delle disuguaglianze accentuate dal Coronavirus».
Negli ultimi dieci anni i nuovi centri culturali sono proliferati e oggi sono nell’ordine delle migliaia. «Ma moltissimi di questi spazi rischiano di dover chiudere a causa del Coronavirus, disperdendo non solo le decine di milioni di euro di investimenti fatti finora dal pubblico e dai privati, ma anche i capitali sociali e culturali accumulati con fatica nel corso del tempo oltre alle migliaia di lavoratori coinvolti», continua Niessen.
È per questa ragione che l’agenzia culturale cheFare condivide e avanza 11 proposte, che sono il frutto di un percorso svolto negli anni, come laGuida realizzata con il supporto della Fondazione Compagnia di San Paolo., che sono il frutto di un percorso svolto negli anni, come laGuida realizzata con il supporto della Fondazione Compagnia di San Paolo.
1 – Costruire misure di sostegno sia in ottica di sopravvivenza che di consolidamento, come contributi per l’affitto o l’acquisto di spazi; contributi per l’acquisto di macchinari; detassazioni o riduzioni parziali delle tassazioni; agevolazioni per la stabilizzazione del personale.
2 – Favorire la nascita di percorsi di accompagnamento e formazione per i nuovi centri culturali e per le organizzazioni che operano al loro interno, mirati alla costruzione di nuove competenze tra territori diversi in Italia e all’estero.
3 – Investire sulla qualità della produzione artistica e culturale attraverso progetti specifici di produzione e circuitazione di opere e percorsi di finanziamento della direzione artistica e della curatela.
4 – Incentivare la visibilità mediatica ed editoriale della realtà dei nuovi centri culturali.
5 – Favorire la nascita di reti di secondo livello e il consolidamento di quelle esistenti, coinvolgendo parallelamente istituzioni come fondazioni, centri studi, università in percorsi di emersione, studio ed advocacy.
6 – Attivare percorsi di sistematizzazione della grande mole di ricerche condotte finora in modo frammentario, in modo da produrre quadri esaustivi sia degli elementi quantitativi che degli impatti di medio e lungo periodo che possono avere sui territori.
7 – Dedicare un’attenzione particolare alle forme di apprendimento nella pubblica amministrazione che i nuovi centri culturali attivano sui territori, alla loro emersione e al consolidamento di questi saperi.
8 – Trovare forme di integrazione tra le politiche locali e regionali esistenti, nell’ottica della costruzione di politiche nazionali di sistema.
9 – Considerare i nuovi centri culturali come parte integrante degli ecosistemi culturali dei territori, facilitando e sostenendo percorsi di integrazione e valorizzazione con le infrastrutture culturali pubbliche e private tradizionalmente intese come musei, biblioteche, archivi ecc.
10 – Identificare misure specifiche che sostengano forme di partecipazione sui territori, articolando rapporti tra nuovi centri culturali, pubbliche amministrazioni, organizzazioni emergenti e istituzioni tradizionali.
11 – Approfondire e ampliare vocabolari teorici e operativi comuni, in grado di restituire la complessità dell’esistente. Le categorie oggi utilizzate – nuovi centri culturali, centri culturali indipendenti, centri di aggregazione civica, case del quartiere, community hub, creative labs, etc – si riferiscono a tipologie di luoghi variegati che riguardano processi, forme di attivazione di contaminazione, impatti e strutture di finanziamento auspicabili anche molto diverse.
laGuida è realizzata con il supporto della Fondazione Compagnia di San Paolo che, traendo spunto dall’Agenda 2030, nell’ambito del proprio impegno nel favorire un nuovo spirito di condivisione con cui ripensare gli spazi culturali e civici, ha trovato in cheFare un partner strategico indispensabile e in laGuida uno strumento utile che si aggiunge per completare l’analisi e la pianificazione di un lavoro a lungo termine sui presidi culturali e civici del territorio del Nord Ovest. L’iniziativa ha inoltre il sostegno della Fondazione Unipolis.
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