21 Dic 2020

Il vaccino per “tornare come prima”

Scritto da: Libero Repubblico

Un vaccino salvifico, per tornare come prima. È questo il mantra ripetuto nelle ultime settimane dominate a livello mediatico dall'imminente avvio della campagna di vaccinazione contro il Covid-19. Ma è davvero possibile tornare alla situazione precedente alla pandemia? Queste e altre le riflessioni di Libero Repubblico in questa nuova puntata della sua rubrica.

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C’è un fantasma che si aggira ormai da un anno per il mondo intero, e si chiama Covid-19. È forse il più acerrimo nemico del sistema economico capitalista dai tempi della rivoluzione di ottobre, e da ormai alcuni mesi in ogni governo del pianeta, e in ogni consiglio di amministrazione che si rispetti, si prega giorno e notte perché il vaccino salvifico sia al più presto disponibile.

Riporto un articolo pubblicato ieri sul Corriere della Sera.

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La corsa all’immunità: sei paesi sono già partiti

La mappa mondiale di distribuzione dei vaccini anti Covid-19 inizia a essere costellata di bandierine che indicano gli Stati dove si stanno somministrando i candidati già approvati per l’utilizzo sulla popolazione.
Il vaccino a base mRna di Pfizer-BioNTech viene inoculato in Gran Bretagna, Usa e Canada. In dirittura di arrivo per il via libera da parte dell’ente regolatore statunitense anche il candidato di Moderna, affiliato Usa, sempre con tecnologia nuovissima mRna.
La Cina sta testando su volontari cinque vaccini nazionali (anche in altri paesi come Emirati Arabi Uniti e Bahrein): tra questi Sinopharm, Sinovac e CanSino.
La Russia utilizza due prodotti: lo Sputnik di Gamelkaia (con vettore adenovirus), già lanciato ad agosto, e l’EpicVacCorona di Vector Institute (con proteine ricombinate).
L’Ue ha stipulato contratti con Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson. Il 21 dicembre L’Ema (Agenzia europea per i medicinali) dovrebbe dare il via libera al candidato Pfizer. I ministri di otto paesi europei hanno concordato di partire tutti insieme: nei prossimi giorni verrà definito il numero di persone alle quali somministrare il vaccino nel giorno simbolico, il “Vaccine Day”, che potrebbe arrivare entro 24-72 ore dalla luce verde dell’Ema.

(La corsa all’immunità: sei paesi sono già partiti, articolo di Silvia Turin, Corriere della Sera, giovedì 17 dicembre 2020)

Questa è la situazione della gara cominciata a inizio 2020.

Il Corriere dimentica nella dettagliata lista i due vaccini che si stanno sviluppando a Cuba, Soberana I e Soberana II, già in fase avanzata e pronti per un via libera per la somministrazione entro marzo 2021, a cui se ne sono aggiunti altri due, lo spray nasale Mombisa e Abdala.

Dopo l’arrivo dei 52 medici cubani in Italia nella primavera scorsa, che hanno operato da marzo a maggio per aiutarci ad affrontare l’emergenza Covid, credo non sarebbe male tenere in maggiore considerazione il lavoro medico-sanitario dell’isola caraibica, che ancora oggi in questo ambito “mangia in testa” a quasi tutto il mondo. Tanto per fare degli esempi Cuba ha il più elevato numero di medici per abitante al mondo, secondo i dati dell’Oms, e nel 1981 ha creato il primo laboratorio di ricerca e produzione biotecnologica che oggi ha oltre ventimila dipendenti ed esporta in 48 paesi. Insomma a Cuba non sono proprio dei pivelli.

In Europa, e più in generale in Occidente, ci siamo invece precipitati a prenotare il vaccino del colosso statunitense Pfizer, dopo che il 12 novembre era stato annunciato il prossimo arrivo del vaccino sul mercato. Il giorno stesso dell’annuncio il Ceo di Pfizer, Albert Bourla, si è venduto azioni della stessa Pfizer, che nel frattempo erano andate alle stelle, per un valore di circa 5 milioni e mezzo di dollari. Una “piccola” azione speculativa, naturalmente permessa dalle regole vigenti. In fondo a queste cose non facciamo più nemmeno caso.
Vogliamo il vaccino, e basta.

Vogliamo semplicemente tornare come prima, alla vita di prima. C’è qualcosa di male? Poi c’è anche chi non vuole vaccinarsi, ma comunque vuole tornare come prima. Anche lui, anche lei.

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I processi di vaccinazione di massa cominceranno presto e ho creduto di dovermi porre delle domande. Innanzitutto sarà un vaccino affidabile? Precisamente quanto costerà il vaccino, o sarà gratuito? Quanti soldi e strutture pubbliche sono state utilizzate per crearlo? Mi fido della comunità scientifica, e di quei medici e scienziati che la rappresentano in pubblico? Voglio un dibattito informato sul tema della salute oppure penso che se ne debbano occupare i tecnici?

Domande che restano aperte, ma che nei tempi a venire dovranno trovare risposte. È una vera e propria crisi di identità e di civiltà quella che stiamo attraversando e il rischio vero in una situazione che si protrae di anno in anno, di peggio in peggio, è l’abitudine.

La paura che sento dentro di me è proprio quella di abituarmi al distanziamento sociale, alle restrizioni, ad un controllo diffuso della mia quotidianità per motivazioni di salute pubblica (e la salute pubblica, sappiamo bene, è un concetto che può avere accezioni anche molto ampie). Ho paura di una civiltà, che è anche la mia, che ha perso il controllo, ma che della volontà di controllo continua a farne lo scettro del principe.

Ma sono anche tempi, come si dice, di “resilienza”, di una positività di pensiero che riempie il cuore nei momenti più inaspettati. Perché stiamo navigando in un mondo in subbuglio, che vorrebbe tornare come prima, ma che fatalmente, non può più farlo. Un’ulteriore accelerazione di un cambiamento delle nostre vite è alle porte. Pensiamo bene a cosa intendiamo fare.

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