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Nacque nella notte più lunga dell’anno. Era la dodicesima delle sorelle: una famiglia numerosa, quanto rumorosa. Quando venne alla luce i genitori, nel guardarla, non poterono che scegliere il nome Stella: la piccola appena nata, brillava di una luce mai vista. Fu lei a portare speranza all’interno del villaggio.
Era stato un anno pieno di tempeste, epidemie, disavventure e la sua venuta al mondo fu interpretata da tutti gli abitanti della piccola comunità come un presagio di cambiamento: come se la buona sorte potesse cambiare di punto in bianco, grazie alla nascita di questa creatura che si apprestava ad affacciarsi per la prima volta alla vita. Un miracolo.
«Sarà lei a trasformare il nostro destino», dissero in molti quella notte, brindando e cantando alla vita e al nuovo destino che li attendeva.
Le vie si riempirono così di luci, musica e grandi festoni. Tutti avevano voglia di partecipare a questa festa di nuova vita: lunghi banchetti furono improvvisati fuori da ogni casa. Adulti, bambini e anziani ubriachi di gioia improvvisarono cori e balletti lungo le vie.
Solo a tarda notte le luci si spensero, la musica si zittì e sul villaggio calò nuovamente il silenzio. Ma l’aria frizzante e la speranza continuarono a rimanere anche nei giorni, mesi e anni a venire. Tutti avevano per la piccola Stella grandi aspettative, ma lei crescendo non sembrava esserne né preoccupata, né tanto meno appesantita. Con il tempo che passava, la sua statura aumentava sempre più, e con lei anche la sua gioia: era talmente contagiosa che riusciva a trasformare anche le più cupe e brutte giornate di ogni abitante del villaggio. Come? Bastava incontrarla per strada, la si poteva ammirare saltellare qua e là, sempre sorridente e con parole gentili per chiunque incontrasse.
«Buona giornata, mi saluti molto la sua famiglia!».
Stella conosceva i nomi di ogni persona che viveva nel villaggio, di qualsiasi età, provenienza. Era benvoluta da tutti, umani e non: aveva dato un nome ad ogni gatto, cane, topolino e persino uccello che incontrava nelle sue passeggiate.
«Nessuno si dovrebbe mai sentire dimenticato». Era la piccola di una famiglia molto numerosa e, grazie a questo, aveva raggiunto l’autonomia molto presto. E così passava le sue giornate a girovagare per le vie, aiutando come poteva chi ne aveva bisogno, facendo compagnia alle persone più sole ed anziane, giocando con i bambini lasciati soli da genitori troppo impegnati, andando a fare piccole commissioni a chi era chiuso in casa perché malato. E quando non poteva aiutare da sola chi ne aveva necessità, chiedeva ad altri di farlo. A soli sei anni Stella era conosciuta già da tutti gli abitanti dell’intera valle. Via via si era sparsa la voce di questa creatura meravigliosa che seminava gioia e aiutava come poteva chi ne aveva più bisogno.
Ma presto il clima cambiò e grandi nubifragi colpirono la regione. Nuove epidemie che sembravano essere state solo ricordi tornarono con ancora più forza. Il villaggio, come quelli vicini e lontani, ricadde in gran confusione. Ogni abitante perse la speranza che la nascita di Stella e la serenità degli anni a seguire sembrava aver portato. Il cielo sembrava essere più grigio, sempre più cupo.
La paura girovagava indisturbata per le vie, senza che nessuno – grande e piccolo – avesse anticorpi per poterla respingere. E così giorno dopo giorno il timore di persone una volta amiche aumentò, sino a trasformarle in sconosciuti. Le musiche e i balli parevano essere solo lontanissimi ricordi di un altro mondo o di una vita passata. Il presente era talmente pesante da invadere tutti i pensieri più felici che nei mesi e anni precedenti avevano riempito i cuori delle persone. La gioia si era trasformata in tristezza, la speranza in sofferenza e la voglia di vivere in paura di morire.
Stella aveva continuato ad andare di casa in casa a dare conforto e aiuto a chi ne aveva bisogno, ma erano diventate talmente tante le persone in difficoltà, che non riusciva a star dietro alle richieste di aiuto, alle tante voci che sentiva di lamenti, sofferenza, aiuto. Inoltre molti avevano iniziato a temere che anche lei potesse portare di casa in casa malattie, e così molte porte prima aperte, ora erano chiuse e molti sorrisi pronti ad accoglierla si erano trasformati in espressioni scure, che trasudavano paura.
Presa dallo sconforto, avvilita dal non riuscire a risolvere la situazione che si era venuta a creare, in una notte lunga quanto le notti più lunghe dell’anno, decise che era necessario fare qualcosa che aiutasse non solo le singole persone, ma la speranza dell’intera comunità. E così sgattaiolò fuori di casa con tutto il necessario all’interno di una grande borsa.
Ci impiegò un’intera notte, aiutata solo dalla fievole luce di un vecchio lampione a bordo di una stradina secondaria. A fianco a lei si erano radunati per aiutarla ed assisterla tanti animali: una decina di gatti che si nascosero dietro un grande bidone e sui cornicioni delle case vicine, due cani neri che si avvicinarono, caprioli, volpi curiose, formiche affaccendate, un grillo canterino. Persino un paio di uccellini che avrebbero dovuto dormire già da diverse ore accorsero ad assistere l’amica umana. Terminata la grande impresa Stella tornò a casa, rimettendosi a letto, e nessuno seppe mai che era stata lei.
La mattina seguente tutti i cittadini si erano svegliati come ogni giorno da qualche tempo di pessimo umore, brontolando alcuni, e piangendo altri. Ma non appena aprirono le loro persiane e uscirono di casa, un sorriso accompagnato da un raggio di nuova luce li attraversò. Nuovi cartelli erano stati appesi per le vie del villaggio: erano tutti di colori vivi e accesi e riportavano a grandi caratteri, scritte come “GIOIA”, “AMORE”, “GRATITUDINE”, “FELICITÀ”, “CORAGGIO”. Tutti quanti uscirono dalle loro case, dimenticando la paura, la tristezza. Lo stupore fu tale che ci fu una grande ondata di risate, alle quali seguirono abbracci. Quelle parole sembravano avere un effetto sorprendente su di loro: sembravano poter uscire dalla carta ed entrare dentro ad ognuno dei cuori riscaldando, nutrendo, alleggerendo.
Non erano solo parole, erano speranze impresse, auguri, voglia di vita che prendeva forma. Ed erano molto più contagiose di qualsiasi altra cosa. Con il tempo sbiadirono, con la pioggia si cancellarono, ma non fu grave, perché quelle stesse parole erano state scritte da quel giorno in ognuna delle persone. Qualsiasi cosa fosse accaduta.
E così la vita tornò a scorrere nel villaggio, insieme alla luce ritrovata: questa volta non di Stella, ma dei cuori risvegliati dei suoi abitanti.
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