Padre e figlio recuperano il vecchio mulino di famiglia e rilanciano arti antiche
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Biella - Spesso le storie più emozionanti sono proprio quelle che si nascondono tra antichi borghi e piccoli paesi, che qui conservano l’essenza più profonda del rapporto con la terra e con le proprie origini. A Magnano, un piccolo comune della provincia di Biella, sorge il Mulino Ottino, che da quasi cent’anni sopravvive sospeso tra passato e presente. Qui lavorano tutti i giorni con impegno e passione Pietro e suo figlio Ludovico, che hanno scelto di dedicare la loro vita alla valorizzazione della farina e dei grani antichi.
La pioniera è stata nonna Felicita Carrera Ottino che nel 1938 iniziò l’attività di mugnaia e che ora dà il nome al vecchio mulino. Grazie alla sua attività incessante, è passato di mano in mano, da padre a figlio, sfamando intere generazioni e dando un contributo fondamentale durante gli anni della resistenza partigiana, grazie al lavoro di panificazione che qui si svolgeva.
In quegli anni, poco lontano da qui, sorgeva la “Valle dei Mulini”, che ne contava circa sette od otto ma che, nelle stagioni di maggior secca, facevano molta fatica a lavorare. «Fu proprio mia nonna a decidere di dare vita, in paese, ad un mulino ad energia elettrica trifase, che a quei tempi era una tecnologia all’avanguardia». Ancora oggi Pietro e Ludovico utilizzano quella stessa tecnologia, decidendo di far sopravvivere il mulino così com’era attraverso un recupero conservativo che ne tiene vive tutte le caratteristiche».
Come mi viene raccontato, il mondo poi è cambiato. L’attività è stata ceduta al figlio Giovanni che accostava il lavoro al mulino a quello nei campi oltre che all’allevamento, per il sostentamento familiare. Pietro me le descrive come «piccoli lavori per “tirare avanti”» ma che testimoniano tutta la dedizione e la fatica della vita di campagna. Alla fine degli anni ottanta il mulino ha smesso di macinare, ma il ricordo dell’attività è rimasto vivo nella tradizione familiare, così Pietro lo ha fatto ripartire, prima da solo, ora in compagnia di suo figlio Ludovico, che dopo gli studi ha deciso di riprendere in mano l’attività di famiglia, divenendone titolare.
«Non avrei mai pensato che mio figlio, un giorno, sarebbe ritornato al mulino. Lui ha studiato filosofia e una volta terminata l’università ha girato il mondo per fare esperienza, lavorando come cuoco. Dopo diversi anni è tornato in Italia, decidendo così di dedicarsi a questa attività artigianale. E’ molto bello vederlo lavorare con passione».
Al mulino, grazie alla lenta macinazione a pietra si ottengono farine in cui il germe, cioè la parte nutritiva del chicco, non viene rimosso, garantendo un’ottima qualità del prodotto. Tra le diverse varietà si lavora la farina di mais integrale, con la quale padre e figlio producono la tipica polenta piemontese, ma anche farina di grano saraceno, di frumento, di segale, di riso, di farro e di castagne, oltre che grani antichi come il farro monococco, molto pregiato poichè cresceva già nell’antica civiltà della mesopotamia.
Ora Pietro e Ludovico hanno trasformato un vecchio edificio rurale in una piccola attività di accoglienza che ospita coloro che qui giungono per conoscere il territorio e fare visita al mulino della famiglia. «Noi accogliamo chiunque voglia venire a conoscere il nostro mulino, per dare un nome e un valore a un territorio splendido come quello biellese, dove si trova la serra morenica, la più bella d’Europa». Inoltre, qualche giorno all’anno organizzano le giornate del “mulino aperto”, per avvicinare le persone a questa antica arte.
Prima di salutarci, chiedo a Pietro come stiano affrontando questa particolare situazione di pandemia. «Soprattutto in questo momento difficile che ci stiamo trovando a vivere capiamo che è importante mantenere le relazioni con i produttori del territorio e promuovere, insieme, cibi locali, naturali e fatti con mani esperte.
Nelle piccole realtà, specialmente ora, è fondamentale incentivare la condivisione e il passaparola. Ci sono realtà come panettieri, artigiani, agricoltori che sono “nascosti” e poco conosciuti. Per questo motivo c’è da parte nostra la voglia di cercare sempre nuove collaborazioni e allo stesso modo vediamo che sono tanti i produttori che ci cercano».
E ciò ha un grande valore soprattutto nei territori più piccoli e lontano dai grandi centri, dove vivono e lavorano con impegno tante piccole realtà che insieme, in questo momento di pandemia, possono valorizzarsi e rafforzarsi reciprocamente. A tal proposito, come mi racconta Pietro, Mulino Ottino è parte di alcune reti locali come l’Associazione Italiana Amici dei Mulini Storici, l’associazione Agrimagnano, che si occupa di difesa del territorio e promozione dell’agricoltura locale e fa inoltre parte della rete Slow Food Travel Montagne Biellesi.
La famiglia Ottino distribuisce i suoi prodotti nei negozi e ristoranti della zona, oltre che attraverso la vendita online. «Le giornate al Mulino non sono fatte solo di grande passione e intenso lavoro ma anche di studio e ricerca di tecniche antiche: per noi è un modo di scrivere il presente affidandosi a conoscenze che hanno fatto la storia».
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