Arriva al Gaslini di Genova la lavanderia per le famiglie dei piccoli pazienti
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Genova - «Mia figlia Agata – racconta Alessandra Tegaldo – è mancata per un neuroblastoma all’età di tre anni e mezzo, dopo due anni di cure. Poco dopo questo tragico momento, una mia cara amica ha pensato di organizzare una camminata sui monti di Arenzano con altri amici e conoscenti: così è nata la prima edizione, estemporanea e improvvisata, dell’Attatrail, nel 2015, a cui hanno partecipato ben 500 persone». Profondamente colpiti dalla calorosa vicinanza e dalla partecipazione di tutte queste famiglie, Alessandra e suo marito hanno iniziato subito devoluto tutte le donazioni raccolte in quella giornata per la ricerca per il neuroblastoma. Per sostenere, in qualche modo, le cure dei piccoli malati come Agata.
Dal 2015, questa manifestazione solidale viene ripetuta ogni anno e raduna più di mille persone in ogni edizione: «Dopo tre anni abbiamo deciso di costituirci formalmente come associazione, Tutti per Atta: oggi conta 45 soci, tutti cari amici, che partecipano attivamente all’organizzazione della camminata annuale».
LE CASE DI ATTA E IL PROGETTO LAVANDERIA
Lo scorso anno l’azienda arenzanese Ecoeridania, che dona una percentuale delle quattordicesime dei suoi dipendenti, ha chiesto ad Alessandra di presentare un progetto alla commissione aziendale: «Siccome il nostro intento è quello di donare momenti di serenità, abbiamo pensato di mettere a disposizione tre appartamenti ad Arenzano per consentire ai bambini di vivere un momento spensierato al mare insieme alla propria famiglia». Ed è così che s’è realizzato “Le case di Atta”, con il patrocinio del Comune di Arenzano, proprio grazie al prezioso sostegno del Gruppo EcoEridania che ha approvato il progetto, donando 40.000 euro.
Queste case sono un aiuto concreto alle famiglie dei piccoli pazienti dei reparti di oncologia, ematologia e nefrologia del Gaslini, lontani centinaia di chilometri da casa, provenienti soprattutto dal sud Italia ma da tanti paesi del mondo, che tra una terapia e l’altra devono rimanere vicino all’ospedale. «Tanti bambini restano lì, insieme ai genitori e a fratelli e sorelle, ospitati all’interno di residenze speciali, spesso in un’unica stanza per tutta la famiglia. Per questo abbiamo subito pensato a loro».
Il progetto “Lavami al Gaslini”, invece, è molto più di una semplice lavanderia: «Quando i bambini sono ricoverati, spesso hanno bisogno di molti ricambi e tanti genitori, lo sappiamo bene, lavano i vestitini nel lavandino del bagno e stendono nelle docce, un ulteriore disagio in un momento già molto difficile».
Mettere a disposizione delle famiglie un locale lavanderia, attrezzato con lavello, lavatrice, asciugatrice e carrelli è già di per sè una buona idea. A renderlo uno spazio luminoso e piacevole, oltre che utile, hanno contribuito le illustrazioni di MILLO, noto street artist che, a partire da metà ottobre, ha trasformato la lavanderia in uno spazio bellissimo. Per ora viene usato dai volontari di ABEO, che raccolgono i panni da lavare nei reparti di ematologia e trapianto e riconsegnano i capi puliti e stirati ai genitori. «A breve metteremo a disposizione delle poltrone e una libreria con libri e riviste in consultazione, per creare uno spazio di relax dedicato a mamme e papà che, con la scusa di una lavatrice, possono staccare la mente per un’oretta e ritagliarsi un pochino di tempo per sé e per rispondere ai messaggi di amici e parenti».
Alessandra ricorda che all’interno dell’ospedale c’è un altro spazio di socializzazione, che è la cucina per i genitori: un luogo dove preparare i pasti, ma, soprattutto, per incontrarsi e farsi forza a vicenda. Per questo è nato questo ulteriore luogo di incontro: un modo indiretto per sostenere chi sta combattendo con tutte le sue forze, insieme al proprio figlio.
Tanti progetti in atto e un impegno che richiede passione e anche fatica: «Non possiamo che essere grati ai soci dell’associazione, tutti carissimi amici, che ci hanno sostenuto da subito e ci accompagnano sempre, dedicando buona parte del loro tempo libero a questa avventura: sono loro che ci permettono di vivere».
E prima di salutare Alessandra, resto colpita dalla profonda forza di questa famiglia, che, nonostante il dolore, s’è subito prodigata per gli altri: «Noi ci siamo passati: se questo nostro impegno permette ad altre famiglie di stare un po’ meglio, noi lo facciamo col cuore».
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