Crisi Covid-19, in Italia aumentano i casi di povertà di donne e giovani
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L’incidenza dei “nuovi poveri” in Italia è passata al 45% rispetto al 31% dello scorso anno e aumenta, in particolare, il peso della crisi su donne, giovani, famiglie con minori, nuclei di italiani (che ora risultano in maggioranza, 52% rispetto al 47,9 % dello scorso anno) e persone in età lavorativa: è questo, in sintesi, il risultato emerso dal rapporto 2020 di Caritas Italiana intitolata Gli anticorpi della solidarietà, che ha analizzato l’impatto economico e sociale della pandemia.
La ricerca offre un quadro degli effetti del Coronavirus sulla povertà, prendendo come riferimento i monitoraggi nazionali e le informazioni raccolte presso i centri di ascolto Caritas. Non solo: fa riferimento allo scenario socio-economico In Italia e in Europa in tempo di pandemia, all’impatto sociale del Covid-19 nell’esperienza delle Caritas diocesane e a un’analisi di quali politiche adottare per far fronte alle nuove povertà.
I dati dello studio, pubblicato il 17 ottobre scorso, potrebbero verosimilmente peggiorare – e non di poco – con l’emanazione dell’ultimo decreto firmato dal presidente Conte: sono note le limitazioni che alcune categorie di lavoratori avranno e che, in molti casi, stanno portando alla chiusura o alla sospensione delle attività commerciali (come ristoranti o pub).
L’ultimo rapporto della Caritas non è l’unico elaborato: l’organismo della Cei ha effettuato tre monitoraggi nazionali, uno ad aprile in pieno lockdown, il secondo a giugno, dopo la riapertura dei confini regionali, e il terzo a settembre dopo il periodo estivo. Un dato preoccupante dell’indagine riguarda tutto il il periodo maggio – settembre 2020, quando quasi una persona su due che si è rivolta alla Caritas lo ha fatto per la prima volta.
ASvis, in una nota, ha analizzato la situazione, periodo per periodo: tra marzo e maggio 2020, in piena emergenza, la rete Caritas ha registrato un forte incremento del numero di persone sostenute a livello diocesano e parrocchiale, con circa 450mila individui, di cui il 30% costituito da “nuovi poveri”, ossia soggetti che per la prima volta hanno sperimentato condizioni di disagio e di deprivazione economica tali da dover chiedere aiuto.
«Tra questi – viene spiegato – prevalgono i disoccupati, i lavoratori precari o irregolari, i lavoratori dipendenti in attesa della cassa integrazione ordinaria o in deroga. Relativamente alla tipologia di problematica emersa, Caritas segnala in primo luogo un forte incremento dei problemi di povertà economica (legati alla perdita del lavoro e alle fonti di reddito) e le difficoltà connesse al mantenimento dell’abitazione (affitto o mutuo). Tuttavia, compaiono anche fenomeni nuovi, come ad esempio le difficoltà di alcune famiglie rispetto alla didattica a distanza, manifestate nell’impossibilità di poter accedere alla strumentazione adeguata (tablet, pc, connessioni Wi-Fi)».
I mesi compresi tra giugno e agosto 2020, invece, sono stati quelli più positivi, con un calo degli assistiti e una media per diocesi che è scesa dai 2990 soggetti (del periodo marzo-maggio) a circa 1200; anche il numero medio dei nuovi ascolti negli sportelli dedicati sono scesi da 868 a 305 per diocesi.
Caritas, inoltre, ha fornito alcuni suggerimenti e possibili interventi per affrontare la nuova fase pandemica: «Mettere in relazione i dati sulla povertà con quelli sui percettori delle misure di contrasto; realizzare analisi di lungo periodo per monitorare come cambiano le condizioni di vita delle persone in povertà e se e come su di esse incidano le misure pubbliche; concepire le misure nazionali di contrasto alla povertà come in continuo aggiornamento per rispondere meglio alle trasformazioni in corso; intercettare le cause strutturali della povertà».
ASviS si è inoltre soffermata un un rapporto realizzato da ActionAid, ovvero La pandemia che affama l’Italia: Covid-19, povertà alimentare e diritto al cibo, che ha messo in luce come il lockdown abbia aumentato in modo esponenziale l’insicurezza alimentare per le famiglie. «L’Italia – si legge nello studio – attraversa la più grave crisi alimentare di sempre. L’emergenza che colpisce in particolare donne, bambini e coloro che già vivevano in condizioni di precarietà ha ricevuto assistenza tramite i buoni alimentari, la misura di emergenza varata dal governo e erogata dai comuni».
Secondo l’indagine, però, le misure del governo sotto forma di buoni spesa e distribuzione di generi alimentari e di prima necessità non sono state efficaci a causa di risorse insufficienti, modalità di accesso alla domanda non facilmente fruibili per tutti e tempi di erogazione spesso troppo lunghi.
Le soluzioni? Secondo Roberto Sensi, Policy advisor global inequality di ActionAid Italia, si può avere un cambio di rotta «garantendo l’accesso universale a bambine e bambini alle mense scolastiche e inserendo nella prossima Legge di Bilancio un fondo di solidarietà alimentare che disponga di nuove risorse addizionali e che tenga presente della crisi attuale. Il cibo deve tornare a rappresentare un’opportunità non solo di sostenibilità e salute, ma anche di equità per tutte le comunità del nostro Paese».
Articolo tratto da: Journal Cittadellarte
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