Seguici su:
Genova - Da inizio 2020 la pandemia ha messo commercianti e ristoratori di fronte a una delle sfide più difficili degli ultimi anni: gestire le criticità del momento, nel più breve tempo possibile, riuscendo anche a imbastire una nuova progettazione del futuro. Ho deciso di farmi raccontare da alcuni di loro quali strategie hanno messo in atto per affrontare questa nuova fase arancione in Liguria.
LA RESISTENZA, NONOSTANTE LA PAURA
«Noi, dopo l’adattamento durante il lockdown – mi spiega Gennaro Acampora, titolare del The Honey Bar – eravamo già prontissimi alle nuove misure: abbiamo semplicemente cambiato orario e valorizzato ulteriormente il nostro lato ortofrutticolo, infatti sono riprese le consegne a domicilio di verdure fresche. Purtroppo i ristoratori hanno pochissime “armi” da opporre a questa situazione così complessa, anche perché ho notato che una bella fetta di popolazione è psicologicamente terrorizzata e non esce di casa: un aspetto ulteriormente accentuato in questa città, dove già si tende a non dare confidenza agli altri. E se oggi sono sempre di più le persone che tendono all’isolamento, è possibile che, quando tutto finirà, molti esercizi commerciali chiuderanno, perché ormai il nostro tessuto economico ha sempre meno soldi da spendere, continuando a erodere i propri risparmi».
Che fare allora? Ai commercianti non resta che “leggere tra le righe” di quello che la legge consente di fare e guardare avanti. «Finché siamo stati in zona gialla – prosegue Acampora – ho rilevato una grande rivalutazione del pranzo, soprattutto domenicale, trasformatosi nella valvola di sfogo settimanale».
«Noi, per esempio, come quartiere di Sarzano, con circa trenta ristoranti ci siamo accordati su un menu con lo stesso tema per un paio di fine settimana di fila, a base di zucca un weekend e di tartufo l’altro, ed entrambi hanno funzionato molto bene: così abbiamo creato un evento “mascherato”, piacevole e di grande impatto sul quartiere». Gennaro, poi, consiglia ai colleghi di fare attenzione a bandi e fondi comunali e regionali: «Certo, bisogna andarseli a cercare, ma ci sono e tutti ne abbiamo diritto, anche se in molti non conoscono questo aspetto».
UNA MODULAZIONE FLESSIBILE E CAMALEONTICA
Anche i ragazzi di ASINI&BASILICO, piccola gastronomia di Sestri Ponente, stanno riuscendo a resistere, grazie all’innata flessibilità del negozio: «Fortunatamente la nostra impostazione è stata mirata, fin dall’apertura, al servizio di consegna a domicilio: il non doverci reinventare in fretta e furia è stato sicuramente un vantaggio per noi».
Durante il primo lockdown i ragazzi hanno modulato il lavoro in modo camaleontico, talvolta anche di settimana in settimana, proprio per andare incontro alle esigenze della clientela: «Orari di apertura differenti, fasce orarie di consegna elastiche, varietà e tipologia di menù in base alla richiesta di cibo cucinato. Cerchiamo naturalmente di dare un’impronta fissa per non disorientare i clienti, ma sappiamo adattarci all’andamento degli umori degli stessi che, abbiamo constatato, variano in modo molto repentino».
CHIUSURA IN ATTESA DI CERTEZZE
C’è anche chi decide di tenere chiuso, come il ristorante del centro storico OMBRE ROSSE: «Noi siamo una realtà pluridecennale e abbiamo deciso di restare chiusi, sospendendo asporto e consegne, perché riteniamo che non sia il take-away nostro lavoro. Nel frattempo, però, visto che tra poco è Natale, io e mia moglie abbiamo pensato a un pacchetto natalizio che prevede un buono cena, accompagnato da panettone artigianale o pastiera e un libro: un modo per invogliare le persone a fare dei regali che sono un modo indiretto di sostenere le attività del proprio quartiere».
Anche a marzo i titolari avevano cercato di resistere, lanciando una raccolta fondi che ha avuto un certo seguito: «S’è trattato di un buono acquisto di una cena/pranzo da spendere successivamente ed è lì che siamo accorti di quanta stima ci abbia dimostrato la nostra clientela più affezionata. Il successo di questa iniziativa ci ha dato tanta forza e mi ha colpito moltissimo che alcuni clienti abbiano aderito, senza poi voler incassare il buono. E si tratta di persone “normalissime”, come una coppia di studenti universitari, per esempio, che ci hanno mostrato così il proprio calore».
Diverse strategie, ma un unico obiettivo: non arrendersi.
Quel che è certo è che le saracinesche abbassate sono sempre un segnale di allarme che evidenzia la difficoltà del momento che stiamo attraversando, senza contare che questo ha evidenti ricadute sul tessuto sociale cittadino: la presenza costante di negozi e ristoranti aperti è fondamentale, non solo per dare vivacità ai quartieri, sia centrali che periferici, ma anche come importante presidio di ordine, di pulizia e di decoro, soprattutto nei vicoli del centro storico.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento