Seguici su:
Si chiama Alessandro Ricci e da ormai vent’anni denuncia l’inquinamento cittadino raccogliendo lo smog e dipingendovi. L’idea nasce negli anni universitari, più precisamente durante un campionamento dell’areosol fiorentino fatto in vista della tesi in scienze naturali. «Mi è venuto il desiderio di rendere visibile ciò che ogni giorno ci circonda, ciò che respiriamo. Volevo mostrare che lo smog era talmente tanto da potervi dipingere», ci ha raccontato.
È in questo modo che prende il via la sua azione di protesta sotto forma di “Smog Art”. Armato di cotone idrofilo imbevuto nell’acqua, Alessandro inizia a raccogliere le polveri depositate negli angoli della sua città, Firenze, sui monumenti, sulle statue, ma anche sulle pareti e sulle tapparelle. Poi, una volta a casa, mette su tela lo smog cittadino facendo uso di uno stecchino di legno. Prendono forma così paesaggi urbani e industriali, tubi di scappamento e volute di fumo, labirintiche stradine di città velate dalle nubi di smog – il ritratto di una mondo sempre più cementificato, trafficato, sopraffatto dalle fabbriche e dai centri commerciali.
Via via, Alessandro prende confidenza con le polveri cittadine e impara quali sono i punti giusti in cui trovare le giuste nuance di neri e grigi per i suoi dipinti. «Ci sono delle zone che mi danno il grigio, altre che mi danno un nero intenso. Dipende dal traffico, sì, ma anche dallo spazio che corre fra un edificio ed un altro. Se una strada, oltre ad essere trafficata, è anche stretta, ne ricavo dei neri più scuri».
Da quando ha iniziato, ci ha raccontato, qualche miglioramento c’è stato. «Hanno chiuso qualche strada a Firenze. A piazza del Duomo fino al 2009 ci passavano gli autobus e le macchine, mentre adesso è tutta pedonale. Sostanzialmente però hanno solo spostato il traffico da una parte, riproponendolo da un’altra».
E se oggi è più comune parlare e sentir parlare di lotta ai cambiamenti climatici, di tutela della salute e di ecologia, le grandi opere e la cementificazione non sembrano ancora destinate ad arrestarsi. È il caso, per esempio, del progetto di ampliamento dell’aeroporto di Firenze, soggetto fra l’altro del suo ultimo dipinto.
«Ho disegnato sullo sfondo di Palazzo Vecchio una Firenze circondata dal traffico, con tante automobili e con gli aerei che passano sopra alla città rilasciando i loro veleni. È un quadro contro un’opera gigantesca, inutile e inquinante, che andrebbe a distruggere il Parco della Piana, un’area umida nella quale nidificano un sacco di uccelli – aironi, fenicotteri, mestoloni, spatole e martin pescatori. Hai mai visto un martin pescatore?», mi domanda verso la fine dell’intervista. Ammetto che non so bene com’è fatto un martin pescatore.
«Guardatelo almeno su internet. Vedrai che uccellino, ha anche i riflessi azzurri, è di una bellezza incredibile», mi raccomanda prima di proseguire la sua riflessione. «Ne stiamo distruggendo tanta di bellezza. Ogni anno, con l’inquinamento e il cambiamento climatico che ne consegue, spariscono animali meravigliosi e piante preziose. Siamo noi la causa di tutto questo, con le nostre combustioni da tutte le parti, l’anidride carbonica che va nell’atmosfera e pian piano porta tutto a riscaldarsi. Ora poi anche il permafrost si sta un po’ sciogliendo, emettendo grandi quantità di metano, gas serra ancor peggiore dell’anidride carbonica. Dovremmo prendere dei provvedimenti, consumare di meno, fare a meno delle cose inutili, che sono così tante».
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento