Un sogno di comunità per riportare in vita il borgo rurale di Oscata
Seguici su:
Campania - «Non ha senso dire che dei paesi si deve occupare solo chi li vive da dentro. Non ha senso neppure pensare di guidarli da fuori, senza coinvolgere le persone del posto. In questo caso non avremmo un paese ma un outlet della ruralità. Per combattere lo spopolamento (…) bisogna arieggiare i paesi portando gente nuova, il paese deve essere un intreccio di indigeni e forestieri», ha scritto Franco Arminio, il noto poeta e paesologo di Bisaccia.
Ebbene, proprio a pochi chilometri da Bisaccia, comune della provincia di Avellino, c’è un gruppo di case vicine ai campi, la contrada di Oscata, dove da qualche tempo due forestieri con le radici nel borgo, Domenico Lapenna e suo fratello Sergio, si sono attivati per dare un impulso al ripopolamento, per provare a disegnare un futuro possibile e per mantenere Oscata in vita.
«Oscata è il luogo di nascita di mio padre, ed il luogo in cui ho passato le estati della mia infanzia – racconta Domenico – Negli anni ‘50 era ancora abitata da circa 700 persone, 300 famiglie numerose, com’era diffuso allora. Con l’urbanizzazione, con il passaggio dal mondo contadino a quello operaio avvenuto intorno agli anni ‘60 e ‘70 Oscata ha finito per spopolarsi lentamente. Attualmente, coloro che vi abitano sono poco meno di una trentina di persone, e anche i giovani con l’intenzione di restare sul territorio tendono a trasferirsi nelle zone limitrofe più popolate. Molti oggi parlano di spopolamento, mentre è meno comune parlare dell’abbandono, l’ultimo stadio di questo processo.
Qualche anno fa, con mio fratello, abbiamo iniziato a riflettere su come mantenere in vita questo luogo, su come ripopolarlo e rivitalizzarlo, per poi decidere nell’estate del 2019 di esortare le persone del posto, quelle che vi hanno ancora una seconda casa e quelle andate via, a riunirsi in un’assemblea pubblica. Ci siamo incontrati nella Chiesa, nella quale non si celebra più la messa e rimasta vuota da oltre vent’anni, usandola di nuovo come spazio di comunità, e lì abbiamo iniziato a parlare del passato di Oscata, di noi e del futuro che insieme avremmo potuto darle».
Da questi incontri, ad Oscata è sorta l’idea di far ricrescere l’interesse verso il borgo facendo leva sull’ospitalità di prossimità, valorizzando le feste ed i riti tradizionali, ristrutturando i luoghi di interesse comune come i vecchi forni di comunità, mettendo in piedi un orto sociale, favorendo la realizzazione di murales evocativi e organizzando cammini e percorsi nei sentieri e tratturi verso i paesi vicini, un tempo calpestati dal bestiame in transumanza. Indigeni e forestieri, come potrebbe dire Arminio, hanno ad oggi avviato varie iniziative, tutte mirate a invitare nuove persone perché Oscata rimanga in vita.
Ad oggi, nonostante l’interruzione delle attività dovuta alla pandemia, sono stati tracciati vari percorsi, organizzate camminate assieme agli abitanti di Oscata ed incontri ed è stato predisposto un terreno volto ad accogliere un orto di comunità. Per mettere in evidenza i saperi e le tradizioni del luogo sono state poi battezzate quattro iniziative pubbliche legate alle stagioni. La prima, da poco saltata a causa delle nuove restrizioni, sarebbe stata una festa dedicata al vino, alla cura delle viti, alla pigiatura ed ai prodotti derivati, mentre sono ancora in programma il falò di San Giuseppe a marzo, una festa incentrata sulle erbe aromatiche a maggio e una festa dedicata al granoturco a fine agosto. E a fornire la materia prima della festa – alimenti genuini e locali – sarà proprio l’orto di comunità gestito grazie alla cura dell’azienda agricola La Donzelletta assieme alla macelleria del borgo e ai due caseifici.
Un’altra iniziativa portata avanti dell’associazione Oscata InVita, l’associazione che ha dato un volto legale a questo sogno, è la ristampa del libro «Infanzia del borgo» di Michele Panno, nel quale l’autore oscatese fotografa quella che era la vita del paese, così diversa da oggi, solo ottant’anni fa. Il lavoro dei campi, i mestieri oggi perduti come lo scardalane o lo scialapopolo, quella dovuta e necessaria condivisione degli attrezzi come lo scannaturo, il prezioso coltellaccio ultilizzato una volta all’anno per l’uccisione dei maiali e quel forte senso di comunità che rendeva il luogo, al di là della miseria, ricco. «È su questa storia di comunità che stiamo coltivando la speranza di unire i nostri intenti per non far dimenticare Oscata, valorizzandola nelle sue caratteristiche ormai secolari», scrive Domenico Lapenna nelle prime pagine della ristampa del libro.
L’idea di Oscata InVita è infatti quella di valorizzare il luogo attraverso il libro e viceversa. Nel concreto questo si realizzerà nel prossimo mese con la ristampa e con la distribuzione gratuita del testo, in collaborazione con il Comune di Bisaccia, a tutti i cittadini di Oscata. Gli ospiti e i visitatori del borgo, potranno in questo modo prendere il libro in prestito da uno qualunque degli abitanti e leggerlo “da dentro”, immersi nei luoghi rievocati dalle parole di Panno o in altri punti indicati come suggestivi per una lettura travolgente.
Guardando al futuro più lontano ciò che sarà di Oscata resta ancora incerto. «È un processo in divenire e stiamo ancora capendo quali scalini percorrere. Sicuramente incentiveremo Comune e proprietari di case abbandonate o non utilizzate a valorizzare i beni pubblici e privati per adibirli a case vacanza, B&B, residenze d’artista o luoghi dove lavorare in smartworking. Al momento dobbiamo creare motivi di interesse legati al luogo in un percorso di comunità, in cui far emergere le capacità individuali di chi si è avvicinato al progetto.
Per noi è già un successo vedere, per esempio, Tonino, abitante locale, motivato a fare da Cicerone durante i cammini organizzati. Oppure è bello vedere Peppino, altro abitante locale, pieno di gioia nello spiegare come si cura una pianta del proprio orto. O ancora è ammirevole vedere Gerardina coniugare il proprio sapere, legato alla sua attività di imprenditrice agricola condotta fino a ieri fuori da Oscata, con le proprie origini oscatesi. O ancora è “miracoloso” osservare la tenacia di Roberta che da Napoli ha deciso di trasferirsi qui con la famiglia, cercando di cogliere delle opportunità proprio ad Oscata.
Potrei citare Patrizia, Grazia, Antonietta e Fiorenza che conservano nelle loro mani i segreti culinarie del luogo, un vero e proprio patrimonio di una comunità. Insomma il fermento va cavalcato cercando di tracciare un percorso collettivo grazie all’intraprendenza individuale da stimolare ed indirizzare all’interno di una visione», racconta Domenico, facendoci intuire che la fiamma della comunità è già viva.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento