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Biljana considera l’autoproduzione un gesto politico. Realizzare prodotti da sé, senza comprarli, significa rifiutare un modello di consumo sbagliato e dannoso per persone e ambiente. Ma questa buona pratica si sposa perfettamente anche con la condivisione e con il dono. Tutto ciò è racchiuso nella saponetta sospesa, un’idea semplice ma di grande impatto che ha preso corpo durante il periodo del lockdown: autoprodurre saponette e lasciarle a disposizione della cittadinanza in prossimità delle fontanelle di acqua pubblica.
Come ti è venuta l’idea della saponetta sospesa?
Durante l’isolamento ho pensato a un’idea da lanciare per agire contro la paura, promuovere la vita comunitaria, il dono, lo scambio, l’autoproduzione…. Siccome ho vissuto anche la guerra mi è molto chiara l’importanza dell’agire dal basso e del mutuo aiuto. Da subito l’idea della saponetta sospesa ha avuto una buona accoglienza e ho ricevuto varie richieste, da parte di amici e conoscenti, di mettere le saponette anche sulle fontanelle vicino a casa loro. Così ho pensato di iniziare a coinvolgere le persone del quartiere spingendole a partecipare. Subito dopo il lockdown, anche altri quartieri sono stati coinvolti. Sono stata contattata dalle persone di Pigneto, piazza Vittorio, Parioli… Ho accolto l’entusiasmo di molte persone, commosse perché hanno trovato e riconosciuto qualche mia saponetta in giro per Roma.
Raccontaci come autoproduci le saponette che distribuisci.
I miei saponi autoprodotti sono frutto di una lunga sperimentazione e di un accurato studio. Come base uso oli, meglio se locali. Per sciogliere gli alcali, spesso a posto dell’acqua uso gel di aloe, vari succhi di frutta e verdura, latti vegetali. I saponi sono senza coloranti e profumi di sintesi, l’ unico profumo può derivare dagli oli essenziali. Precedentemente ho prodotto alcune saponette con la cordoncina. Vedendole una vicina di casa, Michèle Forgues, propose di appenderle alle fontanelle. Così abbiamo lasciato le prime tre saponette, promuovendo l’iniziativa sui social.
La saponetta ha un valore in quanto prodotto del tuo lavoro, ma è anche un esempio concreto di come ridurre lo spreco di materiali, in particolare la plastica, delle confezioni dei saponi liquidi. È importante questo messaggio?
Il sapone per me è molto importante. Mi piace dire che è il prodotto che mi ha cambiato la vita . È una delle prime cose che ho iniziato ad autoprodurre e non mi sono più fermata; da allora è andato tutto crescendo. Ho iniziato a informarmi, ho fatto vari studi di erboristeria, apicoltura, permacultura… e a produrre sempre più cose. Direi che la grande fortuna è stata anche crescere in una grande comunità con i nonne/i, bisnonni, prozie/i che erano del tutto autosufficienti, andavano due volte all’anno in città, per comprare il sale! Autoproduzione significa anche ritrovare i saperi che sono intrinsechi in noi, riappropriarsi della vita e del tempo, ritrovare l’autostima, conoscere le persone con gli stessi interessi, creare la comunità, ricercare le materie prime, conoscere i produttori, appassionarsi, studiare. Io praticamente non frequento più i supermercati, non ne ho bisogno. Forse mi capita di andarci una volta al mese!
Oltre che per diffondere la cultura dell’autoproduzione, questo gesto serve anche a spingere la gente ad agire in prima persona per cambiare le cose a partire dal quartiere in cui vive?
L’ idea della saponetta nasce come un gesto politico. Oltre a lanciare l’idea di autoproduzione, volevo coinvolgere la gentee intorno all’idea del dono. È stato interessante sentire le persone discutere del gesto nei giorni successivi, sentirle parlare delle saponette che avevano trovato. A Centocelle – il quartiere dove vivo, est di Roma – in tanti hanno reagito positivamente, hanno colto e capito il gesto. Molti hanno pensato che le saponette fossero per le persone senza fissa dimora, è stato interessante anche sentire le diverse interpretazioni del mio gesto.
Hai ricevuto delle critiche riguardanti i rischi sanitari del tuo gesto in periodo di covid?
Direi che l’iniziativa è stata colta positivamente da gran parte delle persone. Ma ho ricevuto anche alcune critiche: è stato molto interessante scoprire quante persone considerino la saponetta un oggetto “sporco”! Ormai siamo troppo abituati ai saponi dentro i barattoli di plastica. Ho fatto tesoro delle critiche e ho introdotto la saponetta singola, ho ideato delle collane fatte con i piccoli pezzi e ritagli delle varie saponette, che si possono staccare e usare singolarmente.
Hai in programma altre iniziative simili a quella della “saponetta sospesa”?
In questo momento mi sto occupando di divulgare varie pratiche di autoproduzione di saponi, cosmetici, prodotti erboristici e cibi fermentati. Una serie di corsi sta partendo a Calcata, sono ospite della Grotta Dei Germogli. Sto programmando e pensando alla prossima iniziativa, sempre iniziando dal quartiere dove vivo. Siccome da un po’ sto raccogliendo e scambiando i semi antichi, potrebbe essere proprio qualcosa legato ai semi e alla produzione di cibo sano.
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